Aglio & Fiori
^^^𓆩LA STORIA CONTIENE:^^^
^^^Splatter. ^^^
^^^Scene di sesso. ^^^
^^^Linguaggio volgare.^^^
^^^Comportamenti e atti abusivi. ^^^
...☽CAPITOLO 1. DALIA☾...
Gigliola non possedeva amici, ne aveva solo una e il suo nome era Dalia.
Dalia per lei non era una migliore amica, né tanto meno una figura materna.
Gigliola considerava quella strampalata ragazza estroversa come parte di sé, come una gemella le cui membra non si erano mai divise dalle sue.
L'amore che aveva per lei poteva far collassare il cielo e le sue stelle, poteva far ribaltare monti e asciugare oceani. Erano unite da un legame abissale, l'occhio di una vigilava l'altra e non esisteva montagna così alta che avrebbe potuto mettersi tra di loro.
Si coccolavano sotto il chiarore di un lampione la cui luce lampeggiava lungo un ponte, sole sotto la veglia della luna e gli occhi delle stelle.
Si facevano il solletico a vicenda, ridacchiavano scodinzolando le punte dei loro nasi e si raccontavano a vicenda la propria giornata.
«Il signor Markley mi ha pagata anche se non abbiamo fatto nulla, è di buon cuore quell'uomo, te l'ho detto» disse Dalia.
«Secondo me ha solo bisogno di qualcuno con cui parlare, non è il sesso quello di cui ha davvero bisogno» rispose Gigliola, meno esperta nel mestiere, come si vuol dire, eccelleva di più nella teoria che nella pratica.
«Non sono una dottoressa, ma posso dire che il sesso è la cura per ogni malattia» ribatté imitando la voce di un vecchio saggio maestro, strappando all'amica un tenero sorriso.
«Allora sbrigati e vai a curare i pazienti malati di cancro» disse.
Era notte fonda, non si aggirava anima viva e le loro voci sembravano le uniche sulla terra. La loro presenza illuminava la via, rendeva quel ponte vivo.
Avrebbero preso un taxi oppure si sarebbero appisolate in un ostello dove passare la notte, dopotutto erano giovani e colme di vigoria.
Ma giunse silenziosa e lenta, una lunga auto scura.
Vide le ragazze e le raggiunse, accostò alla loro destra e calò giù il finestrino rivelando a loro il suo viso chiaro e privo di sonno.
«Siete ancora disponibili?» domandò giulivo.
Dalia, i cui occhi attenti avevano visto l'affascinante carrozza scura che il giovane uomo possedeva, si tese verso di lui e con animo nobile e gentile, cantò a voce limpida che sia lei che la compagna fossero più che disponibili.
Il giovane uomo, estasiato dalla bella voce della ragazza e dalla sua bellezza, la guardò e poi dedicò una lesta occhiata anche a quella dietro.
Dalla postura incerta e il viso d'angnello, capì subito che fosse la più timida delle due.
«Quanto per ciascuna?» chiese.
«Cinquecento a testa» rispose lei, sapendo che il denaro non fosse di certo un problema, riuscì a riconoscere il costosissimo profumo che l'uomo indossava e non le sfuggì ovviamente l'orecchino d'argento che portava sui lobi di entrambe le orecchie.
Era il riflesso del benessere, frizzante e pulito, figlio di papà.
La ragazza non se lo fece nemmeno dire, aprì lo sportello anteriore e salì a bordo dell'auto.
Gigliola fece lo stesso, anche se stanca, decise di accompagnare l'amica.
Potè subito notare che lo specchietto fosse assente, ma pensò che fosse rotto, e che il ragazzo lo avesse messo da qualche parte per poterlo fare riparare.
Il viaggio ebbe inizio, il tragitto a detta di Gigliola sarebbe dovuto essere abbastanza corto, ma quando si addentrarono in periferia questo pensiero l'abbandonò. Le luci della città si fecero piccole, così come le abitazioni e le segnaletiche.
Erse il profumo di concime, Gigliola cercò di curiosare fuori dalla finestra ma il buio inghiottiva tutti i campi e le cascine.
«Siete giovani, quanti anni avete?» chiese l'uomo, la cui voce non si era fatta sentire dall'inizio del viaggio. Fu proprio un sollievo per Dalia, stava cominciando ad annoiarsi.
«Io ventitré, mentre la mia amica ne ha compiuti diciannove la settimana scorsa» disse.
«Chiedo per curiosità, a che gruppo sanguigno appartenete?» chiese ancora.
«Che ne so, non mi porto dietro le mie carte mediche» rispose Dalia, ma per nulla turbata da quella insolita domanda. Gigliola al contrario, la trovò assai ambigua, ma lasciò scorrere, ne aveva incontrati molti di clienti bizzarri, e ognuno di loro con le proprie fantasie e interessi.
«Vivi davvero molto lontano» disse Dalia, ma l'uomo le assicurò che mancava davvero poco alla destinazione.
Giunsero presto in un cantiere abbandonato, le due ragazze si aspettavano di veder sorgere una grande e grossa villa da qualche angolo del vasto campo, ma nulla di simile sembrava essere presente in quel luogo dimenticato.
«Scendi» ordinò.
Dalia e Gigliola fecero per scendere dal mezzo quando però la più giovane venne fermata.
«Tu dopo»
dichiarò l'uomo guardandola.
Gigliola e Dalia non erano abituate a lavorare da sole, accadeva raramente, ciononostante non fecero proteste ed esaudirono la richiesta del cliente.
«Hai paura di andare di traverso con due grandi bocconcini come noi?» scherzò Dalia.
«Mi piace godermi un pasto alla volta» rispose l'uomo.
In fine entrambi si addentrarono nell'oscurità verso il cantiere, l'uomo sembrava conoscere bene il posto, avanzava deciso e senza timore di cadere. Dalia al contrario, si aiutò con la torcia del telefono e si tenne stretta al braccio del cliente.
Nell'attesa, Gigliola prese a gingillare con il ciondolo della sua adorata e cara nonna, mancata solamente pochi mesi fa.
Ne sentiva molto la mancanza, e guardare quel ciondolo la faceva sentire accanto a lei.
Baciò l'oggetto tondo e dedicò una breve preghiera alla donna, dopodiché lo aprì e restò a guardare con malinconia l'immagine della vecchia.
Bella fuori e giovane dentro, sembrava un fiore che rifiutava di appassire.
«So che ciò che faccio non ti rende fiera, nonna cara. Però è l'unico modo che ho per sopravvivere» disse.
Era fuggita di casa dopo una disputa con il padre, da quel giorno, si promise che gli avrebbe dimostrato che sarebbe riuscita a cavarsela. Ma la vita si era fatta molto più ardua di quanto credeva e il mestiere più antico al mondo sembrava l'unica maniera per farcela.
Grazie al cielo però, aveva Dalia al suo fianco.
Era grande, la vita sembrava non avere potere su di lei, anzi, era Dalia stessa a domarla. Non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno, affrontava tutto con grinta e sorriso.
Con lei al suo fianco, Gigliola non aveva nulla di cui tenere.
Assolutamente nulla.
«Giglio! Gigliola scappa! Scappa!»
Irruppe improvvisa la voce esasperata della compagna.
«Esci dall'auto!» strillava.
Emerse dall'oscurità come un morto resuscitato, l'aspetto di prima sembrava averla abbandonata nel cantiere.
Le sue calze nere pendevano strappate, il suo viso bagnato di trucco spiccava dalla sua carnagione lattea. Era priva del top e addosso indossava solamente gli slip, si tolse all'ultimo le scarpe per poter correre più veloce verso il veicolo.
«Dalia? Dalia che succede?» domandò Gigliola, confusa e incerta su quel che fare.
Stava accadendo tutto troppo in fretta e non riusciva a processare quanto stava avvenendo attorno a lei.
Alle spalle della compagna comparvero scure figure, ne riuscì a contare quattro ma non poté vedere i loro volti.
«Sono dei vampiri, cazzo! Devi scendere, dobbiamo andarcene! Sbrigati Gigliola!»
Quando udì quella parola, Gigliola fremette tutta e ogni capello le si raddrizzò.
Il sangue si fece freddo e il cuore schizzò via dal petto, venne quasi colta dal terrore e presto avrebbe perso conoscenza. Ma Dalia aprì la portiera dell'auto e riuscì a trascinarla fuori reggendola per il polso.
Gigliola non era lesta a correre, aveva le gambe corte ed esili e la paura le limitò ogni movimento, dopo un breve pezzo di terreno, la ragazza cedette e cadde dietro la compagna.
«Dalia! Dalia non lasciarmi qui per favore! Aiuto!» urlò spaventata, si era già rassegnata e aspettò solo che uno dei vampiri la prendesse.
Ma Dalia non l'avrebbe mai abbandonata.
Tornò indietro per aiutare l'amica, ma quando le tese il braccio, il suo intero corpo collassò pesantemente a terra come se l'anima l'avesse improvvisamente abbandonata.
E così era.
Era stata raggiunta da un proiettile, sparato dall'arma che il giovane uomo con gli orecchini d'argento impugnava.
Gigliola non aveva ancora compreso quello che era successo, non aveva capito di aver appena perso metà di sé.
I quattro giovani uomini la raggiunsero, non si erano neppure sforzati di correre, non era necessario che sprecassero fiato, sapevano che le avrebbero prese.
Il giovane uomo si avvicinò al corpo di Dalia e la guardò quasi con dispiacere.
«Peccato, era anche carina» disse fumando dalle narici nuvole chiare di tabacco.
Gigliola restò inerme a fissare il corpo della compagna riversato a terra, lì immobile in mezzo i fili d'erba. Evocò il suo nome, convinta che le avrebbe risposto di lì a breve.
Ma Dalia non le rispose, non alzò nemmeno lo sguardo verso di lei per dimostrarle che l'aveva sentita.
Il giovane uomo tese l'arma e la puntò verso la ragazza, dopodiché sparò ben sei colpi dritti alla sua testa per assicurarsi che fosse definitivamente morta.
Fu allora che Gigliola capì. Capì finalmente in quale situazione si trovava e comprese che Dalia era appena morta davanti ai suoi occhi.
«Resti solo tu, piccola» ridacchiò chinandosi verso di lei.
Gigliola non lo badò, restò a guardare la testa sanguinante della compagna e assalita da un tremendo dolore, scacciò uno straziante urlo che le costò le corde vocali e tutta l'aria nel petto.
Fece il nome della compagna ma questa non rispose, cercò di scuoterla per farla tornare ma fu tutto inutile, e se ne rese conto solo quando la vide camminare lontana verso il vasto campo.
Avanzava di spalle, spedita come se già a conoscenza della sua nuova destinazione. Gigliola restò a guardarla e tentò di raggiungerla, ma quando si alzò sulle gambe, il giovane uomo la colpì con violenza sulla nuca con il calcio della pistola stordendola sul colpo.
Confusa e indebolita, la ragazza restò con il viso schiacciato a terra e benché sola, spaesata e senza più alcun angelo a vegliare su di lei, cadde in balìa dei quattro bevitori di sangue.
Trassero da quel suo esile corpo minuto tutto quanto il piacere, il suo carattere remissivo e poco reagente fu molto gradito, aveva l'aria di chi si era già rassegnata al proprio fato, ma la verità era che Gigliola era semplicemente troppo affranta per poter lottare.
Aveva perso una metà di sé molto importante, come avrebbe potuto combattere dopo averla persa?
Non provò alcun dolore perché quello peggiore lo aveva già passato, la violenza non le fece nulla, non le procurò nessun effetto.
Quando il tutto cessò, dopo che ognuno di loro si sentì realizzato e sufficientemente appagato, la ragazza tentò la fuga ma venne subito fermata e scaraventata a terra da colui che le aveva condotte in quel campo.
Gigliola lo aveva guardato bene, per tutto il tempo aveva cercato di serbare a mente ogni suo tratto facciale, in tal modo se mai fosse riuscita a fuggire, lo avrebbe riconosciuto.
Gli altri invece si erano preoccupati di coprire il volto, chi con un misero paio di occhiali da sole e chi con dei passamontagna.
«A te l'onore, io vado a fumare» disse porgendo con orgoglio l'arma all'amico vicino, questo prese l'oggetto tra le mani come un flagello passato da padre a figlio e lo resse con sicurezza e onore.
Sembrava quasi un rito di passaggio, il tutto si sarebbe concluso con la morte della giovane.
Gli altri due presenti restarono a vedere, uno di loro dichiarò che avrebbe desiderato avere rapporti con il cadavere della giovane.
«Che schifo» rispose l'amico affianco.
«L'ho visto fare in un film, e poi sarà ancora fresco»
«Zitti» ordinò freddamente il giovane con l'arma in mano.
La teneva puntata dritta verso Gigliola, pronto e sicuro di voler porre fine alla sua vita.
«Vi prego, non voglio morire...» singhiozzò disperata la ragazza, ponendo in avanti le mani affinché potessero vedere che era indifesa e di certo non una minaccia.
«Ti prego...»
A ogni battito di ciglia e cuore, sentiva la propria ora farsi vicina.
Presto avrebbe saputo dove fosse andata Dalia, e anche se bruciava dalla curiosità di saperlo, non era del tutto pronta.
«Voglio vivere, vi prego. Lasciatemi vivere, non dirò niente a nessuno ve lo giuro»
Ma le sue preghiere non raggiunse nessuno dei loro cuori, al contrario, alimentò la loro bramosia.
Gigliola a quel punto si rassegnò, comprese che pregare non l'avrebbe salvata.
Accolse così al petto il proiettile e cadde a terra sotto gli occhi dei tre giovani ragazzi, ognuno di loro fieramente contento.
Per il ragazzo che aveva premuto il grilletto quel solo colpo era sufficiente, l'aveva colpita al petto, nessuno poteva sottrarsi da un colpo così fatale.
Dunque abbassò l'arma, sospirò, e se ne andò. Lasciandosi dietro i corpi di due giovani compagne, Gigliola e Dalia.
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