𓆩XVIII𓆪

Il pranzo si concluse con un prelibato dessert, muffins alle amarene e fegato di lepre.

Ma non c'era più spazio nello stomaco stretto del giovane Walter, che non la testa cinta di pensieri, si allontanò fino al cospetto il laghetto dei cigni a fissare il riflesso del cielo e dei suoi indumenti sullo specchio d'acqua.

Fu allora che giunse anche suo cugino, Roulette, con in mano un calice di melograno.

«Come procede la vita, Aglio?» Chiese leccando con la lingua il baffo rosso della schiuma del succo.

«Tutto bene, solo un po' pensieroso al momento» rispose Walter guardando suo cugino, un ragazzo il cui aspetto lasciava stupiti. Aveva quello sguardo che pareva avere vita propria, celesti come né il mare né come l'acqua. Un celeste divino, quasi surreale.

«Chi è il tuo nuovo compare?» Chiese assai curioso, poiché stuzzicato dall'aspetto incantevole della nuova presenza.

«Un amico» rispose pronto, ma il cuore suo lo pizzicò per rimprovero, poiché sapeva che in fondo non era solo un amico.

Sotto nessuna legge, gli amici si baciavano, e perlopiù non si tenevano in ostaggio. Ma le sue labbra tradirono i suoi veri pensieri, pensieri che scorrevano perduti sul corpo nudo e magro di Giglio.

«L'ho fatto venire perché mi sentivo male a lasciarlo solo in casa» disse.

«È da un po' che non usciamo insieme, stai meglio senza di me?» chiese Davis.

La sua gelosia era carnale, era come una sua seconda personalità, la sua ombra. Ma Walter non il tempo, era riuscivo a tenere testa a questa entità invasiva.

«Qualche volta ti penso» rispose sinceramente.

«Che idilliaco» sogghignò Davis, dopodiché sorseggiò dal bicchiere e schioccò con delizia la lingua.

Guardavano come con maestà ed eleganza i due cigni nel laghetto spiegassero le ali, erano entrambe creature di Vittorio, anche se non se ne prendeva cura a tempo pieno, le nutriva di molto amore e ammirazione.

«Kahil è morto» confessò Davis.

«Com'è successo?» chiese Walter abbastanza scioccato. Davis era il secondo membro della compagnia, nonché il più giovane.

«Era ubriaco fradicio, avevamo finito di divertirci con delle prostitute quando poi lui e un altro ragazzo che era lì hanno cominciato a litigare» disse, senza però spiegare chi e come avesse ucciso Kahil.

Trafitto da una lama? Percosso fino alla morte? Strangolato? Ma Walter non pose maggiori domande, riconoscendo che Davis era complice.

«Che aveva il tuo amico?»  chiese rivolgendo lo sguardo al capanno dell'attrezzatura.

«Un po' d'ansia» rispose Walter.

«Per caso me lo hai già presentato? Mi sembrava di aver già visto la sua faccia»

«No, mai»

Anche se Walter aveva sostenuto il contrario, Davis era arci convinto di aver già visto Giglio. Forse si erano incontrati in una vita precedente, forse erano usciti insieme, oppure era presente a una festa.

«Sono esausto, se sono qui è perché volevo rivederti. Ma ora faccio ritorno a casa» disse Davis.

«Dovresti andare dal tuo amico» suggerì.

Walter salutò il caro cugino, lo guardò avviarsi verso la tavola per poter salutare il resto dei familiari. Mentre lo guardava stringere mani e accogliere abbracci e baci, meditò su quella notte.

Era stato lui a condurre Dalia e Giglio nel campo, ed era stata la sua pistola a porre fine alla vita della giovane.

"Andiamo a pascolare?"

Era un invito ad andare all'adescamento di prostitute, tale termine era più vecchio di Walter, risaliva ai tempi di Vittorio, quando i greggi dei villaggi oltre a dover temere le volpi, dovevano tenere la guardia alzata anche per i vampiri.

Walter camminò verso il capanno, aprì lentamente la porta ed entrò.

Colse Giglio, il suo amico, sedere a terra con le ginocchia raccolte al petto e il capo appoggiato alla parete.

Aveva entrambe le guance spruzzate di rosse, le lacrime erano seccare su di esse. Sembrava aver visto cadaveri passargli davanti, forse tra loro, c'era anche quello di Dalia.

«Mi dispiace, non sono riuscito a trattenermi... Scusa, Walter» disse.

Walter gli si avvicinò e gli tese la mano, Giglio accettò e si alzò. Era assai desolato, imbarazzato. Ma negli occhi di Walter non trovò ira, ma solo un ragazzo che provava rimorso. Forse per averlo portato al pranzo, per averlo rapito, oppure per non essergli stato accanto mentre si trovava nel capanno.

Ma Giglio in cuor suo, non serbava rancore.

«Come ti senti?» Chiese, e con la mano accarezzò il volto caldo del ragazzo.

Quel tocco fece giacere Giglio sopra un letto di cotone, provò immediatamente pace e conforto.

«Ora molto bene, ti ringrazio» sussurrò.

Quella carezza sembrava avergli strappato via qualcosa di scomodo, come una spina sotto il piede.

Lo guardò con tenerezza, e Walter, indebolito da quegli occhi neri corvo, udì il proprio cuore urlargli "Un amico vero?!".

La frase fece poi eco in tutto il corpo, dentro i vasi sanguigni, tra le falangi delle dita, tra i capelli e le ossa.

Se lo ripeté. Giglio aveva delle labbra meravigliose, rosso ciliegio inzuppate in un delizioso succo di melograno, in perfetta armonia con quei magnifici occhi tenebrosi, profondi come il terreno sotto il mare, dove sole e suono non giungono.

Si sentì cedere, si sentì disarmato e spogliato da ogni meccanismo di difesa.

Desiderava disperatamente di baciare quello che era solo un amico. Voleva posare le sue labbra sulle sue, cercargli la lingua per poterla coccolare, mordere e pizzicare. Voleva baciarlo con tutta la saliva e il fiato, nel mentre, toccargli i capezzoli, strizzargli quel soffice sedere rosa e tondo e aggrappargli le cosce.

Avrebbe spinto con una pacata violenza quel pezzo di fragile corpo contro la parete del capanno, l'avrebbe privato degli abiti strappandogli la camicia e i pantaloni. Dopodiché, di nuovo nella sua bollente immaginazione innamorata, lo avrebbe vigorosamente penetrato.

"Entro ed esco, entro, ed esco..." Ripeteva nella testa.

Senza badare che, la sua mano era ancora posata sulla guancia destra di Giglio, e che il suo volto stava accorciando i centimetri che lo distavano da quello del ragazzo.

Giglio restò a guardarlo, ignaro di essere ombelico dei suoi pensieri, altare dei desideri.

Ma proprio quanto cominciarono a respirare uno il fiato dell'altro, ecco che vennero prevalsi dall'imbarazzo.

Un imbarazzo per l'azione, il timore del rifiuto e il disagio della situazione.

«Uhm...» esitò Walter, atteggiandosi come se la sua intenzione fosse quella di spostargli semplicemente un capello. Giglio si calò nella recita, finse di non essersi accorto di nulla, come se un attimo fa' non fosse pronto ad accogliere un bacio.

Ma ahimè che peccato, sarebbe stato il loro secondo bacio.

"È come cioccolata" pensò Giglio, che dopo il primo morso, era difficile se non impossibile resistere al secondo.

Così gonfiò il petto, fece calare la maschera, si erse sulle punte e baciò Walter.

Il giovane vampiro quasi sobbalzò, non era per nulla pronto, Giglio lo aveva colto alla sprovvista.

Ma una volta accolto, elaborato, e accettato il bacio. Egli avvolse in un tenero e stretto abbraccio l'amico, affinché così se il bacio si fosse spezzato, almeno i loro corpi sarebbero rimasti uniti.

Quel bacio era assai denso, dolce di melograno, saporito come l'amarena e aspro come il sangue.

Giglio sollevò la gamba e l'appoggiò sul fianco destro di Walter, che, intuendo il desiderio del compagno di farsi prendere, lo sollevò a cavalcioni e lo condusse contro la parete.

Lo sbatté contro un paio di volte, nel mentre che lo divorava di baci.

Giglio poté sentire il membro del vampiro rinvigorirsi, e pensò che a breve egli glielo avrebbe rivelato.

Ma si sbagliò, si sbagliò poiché nulla di ciò che stavano facendo era reale. Il bacio, l'abbraccio, le carezze.

Era tutto nella sua testa.

«Andiamo?» disse Walter, che si trovava già alla soglia della porta del capanno.

Giglio, ancora scosso e spaesato, lo raggiunse senza dire nulla.

"Accidenti, sarebbe bello poter essere spinto contro la parete da lui, sono convinto che abbia dei muscoli fantastici" pensò mentre camminavano verso il cancello.

Walter salutò la propria famiglia, tra cui anche il padre.

Giglio invece, mostrò una notevole fretta di andarsene, non si sentiva a suo agio a essere circondato da così tanti bevitori di sangue. Ma prima che potesse andarsene, non poté non cedere un'ultimo sguardo a Vittorio.

Quell'uomo era davvero di un'apparenza spiccante, la sua aura era differente ed emanava una sensazione di invasione. Invasione in un giardino troppo puro e degno, per l'umile presenza di un umano macchiato dal peccato di un vampiro nella sua futile esuberanza.

Vittorio percepì gli occhi del giovane Giglio, e non poté non ricambiare lo sguardo. Ogni occasione era argento per poter guardare quel volto, ammirarlo, anche se distante.

Anche se il cielo era limpido e sereno, sentì di essere stato colto da un colpo di fulmine. Lo stesso che lo aveva trafitto l'autunno del 1483, nell'estate del 1600, e la primavera del 1756.

Walter e Giglio salirono a bordo dell'auto e partirono, il vampiro guidò sulle note di una radio spenta, sotto il croccante schiocco dei minuscoli sassolini presenti lungo la strada.

Mentre maneggiava il volante e teneva premuto il pedale, la sua attenzione andò verso Giglio, che sedeva guardando dal finestrino con aria pensierosa.

«Come stai?» chiese.

«Bene» rispose Giglio, quasi con tono distratto.

Walter sospirò.

L'intera situazione lo stava facendo sentire sopra le montagne russe, una lunga pista sconnessa e altalenante, la cui fine era incerta.

Aver pranzato con la sua famiglia l'aveva rallegrato, vedere i suoi cugini, i fratelli e le sorelle, suo padre e sua madre.

Ma pensò che anche a Giglio avrebbe fatto piacere pranzare con la propria.

"Posso fidarmi di lui" pensò.

E quando giunsero casa, anziché scendere dal veicolo, guardò Giglio e gli disse.

«Giglio, prendi la tua roba e torna giù»

«Che?» titubò il ragazzo.

«Ti riporto a casa tua»

Giglio espirò un profondo respiro di sollievo, e venne poi sopraffatto dalla gioia. Guardò Walter con affetto e incapace di ringraziare, gli sorrise.

«Ma giuro che se ti azzardi a dire qualcosa in giro a qualcuno...» disse Walter cercando di suonare severo, ma Giglio lo ammorbidì dandogli un bacio sulla guancia.

«Grazie, Walter» balbettò contento.

Quel bacio fece arrossire Walter, lo fece quasi riconsiderare l'idea. Voleva Giglio, lo voleva presso di sé, alla sua destra.

Ma se gli voleva bene, doveva permettergli di andare.

Il ragazzo raccolse tutti i suoi averi nella borsa, tornò a bordo dell'auto, e insieme si avviarono verso casa sua.

Il tragitto su breve e silenzioso, Walter lottava contro la propria carne ormai bollente e affamata.

Quel bacio aveva smosso ogni angolo di lui come la chioma di un albero in inverni, era come lo stomaco allargato dopo l'antipasto. Sbirciava Giglio con la coda del proprio occhio ma poi rivolgeva  lo sguardo sulla strada, Giglio, notando il movimento degli occhi del vampiro, lo guardò confuso e gli chiede se stesse bene.

Tenendo che a breve, avrebbe cambiato improvvisamente idea.

«Solo un po' di abiocco» rispose Walter, seguito poi da un largo e finto sbadiglio.

Quando giunsero a casa di Margaret e Rojer, Walter spense il motore e sospirò con le mani appoggiate sul volante.

«Quindi, posso andare...giusto?» domandò Giglio, la cui mano stava già morbosamente tormentando la maniglia della portiera.

Walter lo guardò, e senza dire nulla annuì.

«Ma...» esitò Giglio.

"È un addio? Non ci rivedremo mai più?" Voleva poter continuare ciò che era stato interrotto e lasciato sospeso, voleva continuare a vedere Walter e conoscerlo. In breve, era attratto da lui. Ma non avendo il coraggio per poterglielo chiedere, abbassò la maniglia e scese dall'auto.

«Ciao, Walter» disse stendendo la borsa al petto.

«Prenditi cura di te, e ti prego, sii prudente» avvertì Walter.

Era palese che si volessero, ma erano entrambi impediti da sé stessi.

Timidezza, paura e titubanza.

Solo i loro occhi, che restarono a guardarsi a lungo, riuscirono a dire ciò che i loro cuori provavano.

"Se solo avessi avuto il mio legame con la luna, ora saresti potuto essere tale a me. E non avrei il timore di condannarti amandoti" pensava Walter mettendo in moto.

"Io non gli piaccio..." pensava Giglio.

Guardò la sua auto partire e allontanarsi, quando svoltò l'angolo, ecco che sparì. Improvvisamente, i giorni di prigionia, la tortura e il banchetto, sfumarono tutti.

Fu come nulla fosse successo.

Si diresse verso casa, bussò alla porta e attese di farsi accogliere.

Fu sua madre ad aprire, e quando ella lo vide, lo soffocò in uno stretto abbraccio.

«Giglio!» esclamò contenta.

«Mi sei mancato così tanto»

Giglio ricambiò l'abbraccio, ma il suo cuore piuttosto che unirsi a quello della donna, era legato a quello di Walter.

"Mi manchi già..."

Scarica

Ti piace questa storia? Scarica l'app per mantenere la tua cronologia di lettura.
Scarica

Bonus

I nuovi utenti che scaricano l'APP possono leggere gratuitamente 10 episodi

Ricevi
NovelToon
Entra in un MONDO Diverso!
Scarica l'app MangaToon su App Store e Google Play