Fiato corto

...⚘CAPITOLO 1⚘...

Vesto le mie mani in sfarzosi guanti di drappo, come dice mio padre "essi nascondono le lividure", eppure, malgrado la finezza del materiale di cui sono fatti, strozzano le dita come se avessi un anello per ogni falange.

Indosso il mio manto color gerbera rossa, che anch'esso, leggiadro com'è, appesantisce le mie spalle. Infine incastro attorno la testa la corona, le unità e somme delle mie responsabilità odierne e future sono incastonate in preziose gemme.

Gli abiti che indosso sono come un pelo in gola, come una goccia d'acqua che scivola lungo il gomito fino all'ascella, è un fastidio a cui pare non esserci rimedio.

A fiato corto tento di prender aria ma ogni mio singolo respiro è impedito e soffocato dall'abito, e se solo ne fossi in grado, sospirerei.

«Questo abito vi calza veramente a meraviglia»

Dice il mio giovane servo più fedele, impegnato a stendere le dune del mantello con i palmi delle sue mani, lo guardo con la coda dell'occhio e ansimo disdicendo l'elogio.

«Se solo sapessi il patimento che sta subendo il mio corpo premuto in questo abito sontuoso, revocheresti il complimento»

Il fanciullo si argina da ciò che stava facendo e desolato alza lo sguardo e domanda.

«Volete che lo allarghi tagliando i fili della sutura?»

«No, mia madre ammattirebbe»

Rispondo.

Il servo si alza e si avvicina per sistemarmi il colletto e lo spillo che tiene unito il mantello alle spalle, mentre le sue dita sottili, delicate e logorate dal suo arduo servigio sono occupate, perdo il mio sguardo negli occhi suoi e gli domando.

«Dov'è il mio regalo?»

Un leggero sorriso compare sul suo volto e le sue gote innevate di lentiggini fioriscono di rosso, risponde senza distrarsi dalla spilla, essa è l'unica cosa che può tenere i suoi occhi distanti dai miei, poiché il contatto visivo è una delle sue più grandi debolezze.

«Avete letteralmente tutto l'oro del mondo, un servo come me cosa mai potrebbe donarvi?»

Ciò che dice è vero, cosa mai può un servo regalare al suo re? O uno schiavo al suo padrone? O un povero a un ricco? Nondimeno quel che non sa è che di oro invece ne ha in abbondanza, le gemme che ho sulla mia corona sono beffe a quelle che possiede lui nel suo sguardo e nel suo sorriso.

Mi avvicino al suo volto e scodinzolo la punta del mio naso sulla sua, e insieme ridacchiamo come bambini.

Subito dopo mia madre picchietta alla porta, per conoscenza riconosco che è lei per la sua maniera in cui è abituata a bussare.

Hansel, seguendo con gli occhi l'apertura della porta, compie un passo indietro da me e assume subito una posa più servile e formale degna di un servo. Una volta che mia madre varca la porta, egli esegue un piccolo inchino e dopo che la regina ricambia il gesto, Hansel si avvia verso l'entrata per abbandonare la stanza.

Mentre si allontana accompagno i suoi passi con lo sguardo sperando che prima di chiudere la porta dietro di sé, si volti per guardarmi e sorridermi un'ultima volta, ma mia madre si avvicina e vedendomi negli abiti in cui desiderava vedermi da tempo, i suoi occhi s'illuminano di gioia e la sua allegria mi distrae dal mio Hansel.

Accolgo mia madre con sorriso ma esprimo subito il mio pensiero.

«Madre non respiro» Mi giro verso lo specchio con le movenze di una quercia, ma lei presa dal riflesso, ignora le mie parole e mostra riguardo solo per gli abiti.

«Mi sento come una pecora non tosata con addosso un corsetto nel cuore dell'estate dentro il ventre di un drago»

Pronuncio aggrottando la fronte, la donna però sorride e resta affascinata dalle mie parole.

«Eledhwen mio caro, sei affascinante come le strane parole che escon dalla tua bocca»

Dice lei sistemandomi i capelli, non le piace quando i miei boccoli cascano sul viso.

«Comprendo che vi piaccia madre ma a malapena respiro»

Tento di dispiegare le braccia ma il movimento per quanto semplice sia viene impedito dalle sottili e strette maniche dell'abito.

«Serba in mente che giorni come questo durano solo un giorno»

Dice.

«Vero, e vestito così questo sarà anche l'ultimo»

Borbotto intento a incrociare le braccia, ma l'atto viene nuovamente proibito dalle strette condizioni dei vestiti, ciò fa sorridere mia madre che con aria serena e limpida appoggia la mano sulla mia spalla sinistra e guardandomi negli occhi mi prega di compiere questo piccolo sacrificio per lei.

Darle una risposta contraria è difficile, mi pesa nulla lingua e in fondo desidero appagarla.

Il mio petto si sgonfia come una mantice, o meglio ci prova, e accetto di sopportare.

Il suo sorriso si allarga ancor di più quasi arrivando da un orecchio all'altro, è caro da vedere ma ne vale sempre la pena.

Insieme ci sorridiamo e lei sempre più innamorata del vestito continua a venerarlo dal riflesso dello specchio, tuttavia però, il mio sorriso non persiste tra le mie gote e se ne va una volta che ricordo il numero dei giorni.

«Figlio mio che succede?»

Domanda preoccupata mia madre.

«Dovresti essere felice» Aggiunge, ed è vero dovrei esserlo, ma vi è un pensiero che si solleva nella mia testa e che ha reso questi giorni tristi e nuvolosi. «Certo madre e difatti sono felice di compiere diciotto anni» Ribatto, e non c'impiega tanto per capire la ragione del mio sconforto, dopotutto è mia madre e sa leggere bene il mio volto.

«Eledhwen smetti di pensarci, certi sacrifici devono essere fatti»

Dice.

«E devo per forza essere io l'agnello sacrificale? Madre sapete che mio padre sta abusando di me per evitare che il suo regno finisca sotto il potere degli umani, non ha riguardo per la principessa e la maledizione»

«Tuo padre è un uomo orgoglioso, concorrenziale e a volte caparbio, lo so. Ma io e te lo stiamo facendo per quella povera fanciulla, inoltre hai idea di quanti uomini vorrebbero essere nelle tue scarpe adesso?»

Dice cogliendo la mia mano tra le sue, ma la mente è il corpo mio sono solo per Hansel e dacché la mia faccia è un libro aperto, non mi esprimo a parole e le faccio comprendere il mio disaccordo.

Lei lo coglie subito e non insiste, dopotutto c'è una cerimonia alle porte che presto avrà inizio, e non c'è tempo per le contese e i sermoni.

«Non tardare»

Aggiunge allontanandosi alla porta e uscendo dalla stanza sospira arresa.

Mi volto verso lo specchio e guardo il giovane principe riflesso in esso.

Proprio come facevo da bambino, gioco a prendere, pretendo di essere contento e preparo le mie gote a trattenere a lungo il sorriso.

Poi qualcuno, non mia madre questa volta, bussa alla porta ponendo fine al mio gioco.

«Principe Eledhwen, la celebrazione del vostro diciottesimo compleanno sta avendo inizio presso la sala del trono e vostro padre, sua maestà il re, richiede subito la vostra presenza»

Annuncia il servo, se mio padre mi vuole è perché stanno già chiedendo di me.

«Riferisci a mio padre che sto arrivando»

Ordino.

«Come desiderate»

Risponde, i passi suoi si allontanano lungo il corridoio a quando cesso odo più, comincio compiendo il primo passo per raggiungere la porta. Ma i pantaloni sono così stretti alle mie gambe che anche camminare è difficile, anzi, sono piantato al pavimento come un cipresso.

Sforzo le mie gambe nonostante sia doloroso far strisciare le cosce luna sull'altra, e poiché nulla mi deve andare bene, mentre cammino l'orecchino dell'orecchio destro cade a terra.

Questo provoca in me gran frustrazione, digrigno i denti e sospiro.

Guardo l'oggetto giacente tra le punte dei miei stivali e pian piano comincio a piegarmi per raggiungerlo, tendo il braccio ma il movimento viene proibito dalla rigidità dei vestiti. Cerco disperatamente di piegare le ginocchia ma i pantaloni non me lo permettono, allora, colto da un improvviso impeto di rabbia, compio un lesto movimento sufficiente per raccogliere l'orecchio da terra; l'atto però vien seguito dal rumore di uno strappo.

Improvvisamente sento i pantaloni più comodi e leggermente più larghi, ma anziché rallegrarmi mi preoccupo. Il timore m'impedisce di sbirciare, ma deduco si tratti proprio di uno strappo. Tuttavia il mantello lo copre e nessuno ci farà caso.

Esco dalla stanza e lungo il corridoio incrocio mia madre che con aria ansiosa mi viene in contro reggendo la sua ampia e vistosa gonna turchese per favorire ai suoi piedi una camminata più svelta.

«Principe Eledhwen, ti stiamo tutti quanti aspettando giù in sala! Si può sapere che combini?»

Domanda.

«Madre, ho un problema»

Confesso imbarazzato.

«Cosa succede?» Chiede.

«Ho uno strappo ai pantaloni»

«Cosa?»

La sua espressione esprime sia divertimento che sorpresa allo stesso tempo.

«Come hai fatto?»

Aggiunge sghignazzando alzandomi il manto per vedere di persona lo strappo, e una volta visto con i propri occhi, scoppia in una grassa risata scontenuta.

«Mi ero piegato per raccogliere qualcosa da terra e si sono strappati, madre vi avevo detto che questi vestiti sono troppo stretti per me ormai»

Ribatto, ma ogni mia parola accarezza a malapena le sue orecchie.

«Dal momento che il mantello lo copre non sarà un problema, nessuno lo noterà»

Mi aggrappa per il braccio e mi conduce per la sala del trono dove si sta già tenendo la festa.

«Posso cambiarmi?»

Chiedo attimi prima di venire letteralmente scaraventato oltre la porta della sala del trono e gli sguardi di tutti gli invitati che mi attendevano con ansia si rivolgono a me con meraviglia, vengo accolto con un caloroso e lungo applauso, ammaliato resto piantato al suolo come un pioppo ad agitare il braccio.

Ognuno di loro è giunto qui da molto lontano per celebrare i miei diciotto anni, il cuor mio si rallegra e non mi serve più rammentare le regole del gioco in cui bisogna pretendere.

Mio padre, il re, si avvicina e mi accompagna accanto al mio trono, se non fosse stato per lui sarei rimasto pietrificato là in piedi a salutare e sorridere.

«Un applauso al celebrato!»

E gli invitati applaudono ancor più calorosamente accompagnando il battito di mani con fischi e auguri.

Anche mio padre mi celebra, ma quando i suoi occhi cascano sui miei abiti, il suo volto cambia e rimane confuso.

«Come ti ha conciato tua madre?»

Domanda.

«Come se avessi ancora dodici anni, non ha realizzato che sono cresciuto dall'ultima volta che li ho indossati»

Rispondo.

«Suvvia mio mio, è solo per un giorno, ora va a saluta gl'invitati»

Mi da una lieve spinta lungo le gradinate che portano verso la gente, e io con aria poco convinta gli sorrido e avanzo verso il mare di persone.

Mentre cammino stretto tra i loro corpi, vengo scagliato da frecce di auguri e complimenti, ma a disagio e incapace di reggere tutte queste lusinghe, afferro al volo un calice di vino dal vassoio del cameriere che si addentra nella folla come il vento tra i busti della foresta.

Mentre sorseggio la mia bevanda a testa bassa scontro leggermente la spalla contro uno degli invitati, porgo subito le mie scuse prima ancora che l'uomo si volti per mostrarsi in volto.

«Oh Eledhwen da quanto tempo!»

«Zio Hebe!»

Esclamo contento di vederlo, il suo castello dista così lontano dal nostro regno che raramente viene a farci visita, ma ogni suo arrivo è una perla in conchiglia.

«Sei cresciuto molto»

L'ultima volta che ci siamo visti e parlati è stato sette anni fa, dall'ora è egli rimasto lo stesso bambino paffuto e giocherellone vestito con i panni di un uomo adulto.

Lo guardo con occhi nostalgici ripensando ai momenti più belli e divertenti passati insieme, e così scorgo la fasciatura che gli avvolge il braccio destro.

«Che cosa vi è successo al braccio zio?»

Domando preoccupato.

«Ero andato a caccia di orsi con un mio amico, ma alla fine l'unico orso che ha beccato la trappola sono stato io»

Anche la sua imprudenza è rimasta giovane come quella di una volta.

«Yevhen non è venuta? È da molto tempo che non vedo e sento da lei»

«Tua cugina è in viaggio con sua madre, sono andate nel villaggio in cui è nata mia moglie per far visita alla nonna, ormai quel fossile vegliardo ha finalmente superato i suoi novantacinque anni e sente la morte molto vicina. Ma tranquillo verrà a farti visita non appena tornerà dal viaggio, manchi molto anche a lei»

«Quando tornate a casa salutatemela da parte mia e ditele che non vedo l'ora di vederla, è noioso andare a caccia di cervi senza di lei»

«Lo farò senz'altro»

I suoi occhi vengono colti dalla presenza di mio padre che sta a pochi passi da noi, e dandomi due pacche leggere sulla spalla mi saluta.

«Adesso vado a scambiare qualche parola con tuo padre»

Mentre lo guardo andare via porto il calice alle labbra e sorseggio il vino, agito la mano per mescolarlo immaginando che in qualche maniera possa cambiare gusto.

...~⚜~...

A mio padre è appena stato comunicato dalla cucina che la torta è pronta per essere condotta in sala, così, con gran voce e le braccia spalancate, convoca tutti gli invitati per assistere al clamoroso taglio della torta.

Un momento molto profondo e onorario nella cultura di noi elfi, la torta non è solo un impasto di grasso e zuccheri come in altre tradizioni ma è bensì l'emblema della crescita e della rinascita del festeggiato. Il taglio simboleggia un nuovo capitolo, la lama che affonda nella torta è il distacco dall'infanzia e il passato. Le candele rappresentano invece le benedizioni che mio padre pronuncerà mentre le accenderà una a una, la cera sciolta colerà sulla torta è ciò sta a significare il loro adempimento.

La torta adornata con un leggero e trasparente velo turchino viene portata come una sposa sul carro al centro della stanza dove tutti possono ammirarla e adorarla come un idolo, mio padre si fa porgere la candela madre con cui darà luce alle diciotto candele sistemate in preciso e perfetto ordine sulla torta, poi assieme a me e sua moglie si avvicina alla torta per dar inizio alla solita procedura.

«Siamo quest'oggi tutti quanti riuniti in questa sala per lo stesso motivo, la celebrazione del diciottesimo compleanno del principe azzurro, nonché mio adorato figlio Eledhwen»

Si volta verso di me e avvicina la fiamma della candela madre a una delle diciotto candele disposte in cerchio sulla torta, poi inizia a pronunciare tutte le benedizioni che augura per me.

«Prosperità»

Dichiara sulla prima candela dandole vita.

«Salute»

Dice sulla seconda, e la fiamma di questa danza viva come se fosse veramente ricolma di salute.

«Lunga vita»

Poi va sulla quarta candela, poi la quinta, la sesta e così via fino ad arrivare alla diciassettesima.

«Vittoria»

E prima di accendere l'ultima candela si volta e volge lo sguardo su di me con occhi vivi di orgoglio e gioia.

«Felicità»

Dice accendendo l'ultima candela.

Uno dei servi gli consegna la ghirlanda di astilbe appoggiata sopra d'un cuscinetto blu, mio padre riconsegnata la candela, prende con prudenza l'intreccio di fiori per non rovinarlo e poi si avvicina. Mi preparo per l'incoronazione abbassando il capo e piegando leggermente il ginocchio in avanti, mentre la ghirlanda avanza verso la mia testa, mio padre pronuncia le sacre parole dette dai suoi padri durante le celebrazioni di compleanno.

La sua voce viene accompagnata e seguita con passione dagli archi degli strumenti, più egli avanza e più il suono acquista corpo, cresce ed esplode in un crescendo, regalando alla voce di mio padre un tono sacrale e profondo.

«Pipo saervadu ef dunyone yazvala, osahvu e cesqi, miysokle o sotozi, Ser kayu vse c'orfalfe oheosgo u orgeyaevà sa elloyvufayu ci vu vige al geolu vi cio koi yeta. Gaerca melca telle feduta nibusva, vrusvu e tnaptunuu pevca lo loce.

Optulqi, zuofi volle kivinevà, tki kevcihko, gelevu i zolacecà d'odtamhehfiyu kor davci a mearyo colle tea tovi»

Cessano la musica e la recitazione, per un attimo mi sembrava di trovarmi davanti alla presenza di un dio, mi sono sentito come la prima pianta che cresce in una pianura arida sotto il volto del sole. È stato toccante e abissale, le mie orecchie hanno amato la voce di mio padre sposata con la musica, è stato un matrimonio tra lui e la musica.

Con la ghirlanda di astilbe già in testa, si avvicina il servo reggendo nelle mani il cuscinotto dove vi è posato lo stiletto d'argento con cui taglierò la torta, lo prendo per il manico e guardo il mio riflesso sbiadito sulla lama, poi mi metto di fronte alla torta e dopo un'occhiata a mia madre e al pubblico, affondo il coltello nella torta.

Il gesto viene seguito da un lungo e clamoroso applauso, la gente fischia e giubila portando le braccia in alto verso il cielo.

Ho appena distaccato da me la mia fanciullezza, la mia infantilità mi ha abbandonato e il bambino in me ora è morto.

La torta viene ricondotta in cucina dove verrà conservata con cura fino a che non cederà per il suo stesso peso, nel mentre i migliori musicisti selezionati da mio padre prendono di posto e cominciano a nutrire l'atmosfera con musica.

In un attimo l'aria cerimoniale e sacrale che si respirava attimi fiorisce in un aria più festiva e gioiosa.

Gli archi scivolano allegri sulle corde dei violini, le mani tamburellano sui cembali, i piedi batton per mantenere la base e il tempo e le dita pizzicano leggiadre ma decise le corde dell'arpa. Il centro della sala comincia a riempirsi di uomini e donne accoppiati in balli solari e spensierati.

Le gonne voluminose delle signore si alzano ampie come soffioni al vento a ogni giravolta e come api in un campo fiorito, gli uomini ronzano da un fiore all'altro, volano, danzano e volan di nuovo.

I più giovani come roditori restano affiancati alla tavola dei banchetti per allungare i bracci e acchiappare furtivamente i dolci, poi si allontanano con le guance gonfie e ricoperte di briciole. I bambini invece ballano con i propri compari o con qualche ape senza fiore, oppure trovano divertimento correndo ogni talvolta che i servi li beccano ficcare i nasi dove non dovrebbero.

Mi godo il quadro da semi seduto sul mio trono in attesa che l'orologio segni l'ora per tutti di andare via, così che possa finalmente spogliarmi e riprendere a respirare.

«Tesoro, non vai a ballare?»

Chiede mia madre battendo le mani e agitando la testa a suon di musica, i suoi occhi sono rivolti a un trio di nobili fanciulle occupate in chiacchiere in un angolo della sala. «Sono certa che a una di quelle giovani fanciulle farebbe molto piacere poter ballare con il principe»

Con la voglia di una pantofola senza piede, mi alzo con fatica e sorrido a mia madre mentre mi allontano dal trono, ma i miei passi non sono diretti verso le giovani appollaiate come avvoltoi alle pareti della sala, in cerca di qualche giovane ape senza fiore.

Il mio piano è quello di evitare chiunque ma come un pesce ingenuo mi getto inconsapevolmente nella rete, ancor prima che possa anche pronunciare una qualsiasi parola o l'ordine di essere lasciato, vengo rapito dalle onde di questo mare in tempesta e incapace di oppormi a causa degli abiti stretti, mi lascio trascinare contro ogni mia volontà nel mulinello di gente, protagonista di una danza viva ed energetica.

Tutti in cerchio mano nella mano come le streghe nelle loro invocazioni demoniache, giriamo in senso orario e opposto senza arrivare da nessuna parte, e una volta che il cerchio si spezza ecco che improvvisamente ognuno si piglia un compagno o una compagna con cui ballare.

Confuso e accaldato cerco di scappare via prima di venir catturato, ma la mia testa gira ancora e una ragazza coglie l'occasione di prendermi come suo cavaliere.

Giriamo per la stanza tra i corpi degli altri, il suo largo sorriso rivela tutto il suo entusiasmo, i suoi occhi non distano dai miei neanche un attimo e anche se le mie mosse sono rigide e impacciate lei continua a ballare.

Improvvisamente ecco che il giro si ripete, la fanciulla mi abbandona nel circolo e io stordito e intontito barcollo dove solo Madre Natura scommette. Ma proprio quando finisco sull'orlo di perdere l'equilibrio, casco dirimpetto contro qualcuno, il quale, deducendo dalla sua postura pare essersi preparato per anticipare il mio incontro violento con il pavimento. Mi aiuta a rimettermi in piedi e le sue braccia assumono le posizioni che un cavaliere assume in un ballo di coppia.

Io confuso e ancora spaesato con la testa che deve ancora riprendersi, anziché squagliarmela e lasciarlo nel cerchio senza con chi ballare, ballo cercando di non farci troppo caso.

Seguo i suoi passi e in un giro di pagina ci troviamo già protagonisti di un vero e proprio ballo di coppia.

La sua mano è posata dietro la mia schiena con sicurezza, i suoi occhi a differenza dei miei sono legati ai miei e i suoi passi son sicuri e perfetti. Tutto di lui fa sentire tutto di me un completo sterco, anni di lezioni di danza gettati come avanzi ai porci.

Gli sguardi dei presenti sono su di noi ma egli pare non accorgersene poiché talmente preso a ballare, danza come se non sapesse di star ballando con un altro cavaliere, come se attorno a noi non ci fosse più nessun altro. Le sue mani scorrono su di me senza alcun timore e con tal tranquillità che mi fa rabbrividire, mi guarda negli occhi senza rivelare se gli piaccia o meno, so solo che non mi sono sentito così tanto trasportato durante un ballo.

Giunge nuovamente il momento in cui vi è lo scambio, il giovane si allontana e finisce tra le braccia di una fanciulla, io invece colgo questa occasione e mi allontano velocemente dalla mischia.

Mi precipito sul cortile dove vi stanno i solitari e i fumatori, con affanno riesco a passare indisturbato, sono tutti talmente distratti e così presi nelle chiacchiere che non fanno caso alla presenza di sua maestà il principe.

Vacillo fino a sedermi ai bordi della fontana, la mia testa gira come un cane che cerca di prendersi la coda, appoggio la fronte sulla mano e reggo la testa, la mia gabbia toracica è talmente compressa che i polmoni a malapena si espandono per incamerare aria. Il mio cuore rulla come i cembali scossi dai musicisti, la vista si offusca ad ogni battito di ciglia e la schiena si fa sempre più bagnata di sudore.

«Va tutto bene, vostra maestà?»

Domanda una voce maschile dall'alto, per un secondo penso a Madre Natura, ma poi alzo il capo e innanzi a me vi trovo il giovane con cui ho ballato poco fa. Mi sembrava strano infatti, Madre Natura non esiste.

«Vi ho visti un po' agitati dopo il ballo, così vi ho seguito per accettarmi che stiate bene. Inoltre volevo porvi le mie scuse, mi sono lasciato un po'

andare»

Dice chinandosi per scorgere il mio volto velato dai boccoli, ho nuovamente smarrito la forcina e sicuramente durante il frenetico ballo.

«Sto bene, ho solo molto caldo»

Rispondo sventolando la mano per vampare aria al viso.

«Volete che vi porti un bicchiere d'acqua?»

«Sì, grazie»

Il ragazzo non esita un secondo in più e si allontana subito tornando dentro la sala, nell'attesa mi sfilo i guanti e metto entrambe le mani sudaticce e rosse nell'acqua fresca della fontana.

Ritorna con in mano un bicchiere d'acqua.

«Grazie»

Dico prendendolo dalla sua presa, e in un battito di ciglia il bicchiere è già vuoto.

«Ne volete un altro?»

Domanda.

«No sto bene, grazie mille»

Il giovane annuisce e si riprende il bicchiere che ho appoggiato accanto a me, solo ora che i miei occhi sono ben sobri e lucidi fanno caso alla strana e insolita forma dell'orecchio, peculiare dei mezzi elfo.

Prima ero talmente scombussolato dalla danza che non ci avevo fatto caso, eppure i suoi capelli corvini non le nascondono.

«Come ti chiami?»

Domando fermandolo sulla via del ritorno e lui si volta e risponde.

«Mihangel»

«Mihangel, nome affascinante, sei il primo mezzo elfo che vedo e con cui parlo. Prima di te c'erano i disegni sulle pagine dei libri»

Dico, ed egli con aria sorpresa e lusingata si riavvicina.

«Vi ringrazio, spero di avervi fatto una prima buona impressione»

«Certamente»

Rispondo e ormai sentendosi a suo agio a parlare con me si accomoda al bordo della fontana affianco a me, appoggiando il bicchiere tra noi due per evitare troppo contatto fisico. Quello di poco fa mi è stato sufficiente.

«Sapete, neanch'io ho mai avuto un vero e proprio dialogo con un elfo, perlopiù principe, ed è la prima volta che partecipo a una delle vostre feste. Sapete, sono cresciuto tra gli umani e non ho avuto la possibilità di conoscere le mie origini elfiche»

Dice, poi si volta e mi guarda.

«Perciò non è vero che siete tutti alti e biondi come nei libri»

«Mi sorge un dubbio, stai dicendo che sono basso?» domando.

«Assolutamente no, parlavo di voi elfi in generale»

Anche se rientro negli elfi in generale, oltraggiato da ciò che ha appena detto riguardo la mia altezza, stringo un sorriso per non mostrargli il mio animo leso e per non dar possibilità al silenzio di mettersi in mezzo, taglio la testa al toro e proseguo nutrendo la sua poca conoscenza sugli elfi.

«Comunque non hai tutti i torti, i biondi sono la maggioranza, ma vi sono anche molti turchini, eliotropi, scarlatti, nembi e così via. Ma ciò dipende anche da che genere di elfo sei»

Assentisce senza dir nulla, fin quando non colgo il suo sguardo rivolgere una certa attenzione ai miei stivali.

«E non usate le scarpe a punta?»

Chiede.

«Le punte a luna sono tipiche dei folletti, ma anche un elfo o una qualsiasi altra razza può usarne un paio se vuole»

Rispondo, e notando come la sua bocca voglia pronunciare altri irritanti quesiti, lo precedo e pongo io la prossima domanda.

«Dimmi, è vero che voi mezzo sangue sentite male»

«Prego?»

La sua reazione è stata prevedibile e soddisfacente, sapevo che lo avrebbe umiliato.

«Beh, data la vostra buffa e insolita geometria delle orecchie si suppone che siano meno capaci di captare suoni e rumori sia distanti che vicini»

«Chi ve lo ha detto?»

Domanda offeso, ovviamente nessuno me lo ha detto.

«Mio padre, e assieme a lui è una cosa a cui si crede dalle mie parti»

Ora che mi sono appagato giro nuovamente la moneta, sospiro e rilasso un po' la schiena lasciandola libera di star ricurva.

«Prima che mi dimentichi...»

Dice «Da parte di tutti noi umani vi ringraziamo per ciò che state facendo, amiamo molto la nostra principessa Calendula»

«Di nulla, è un piacere per me salvare le donzelle in pericolo»

Borbotto alzando gli occhi, non mi sono mai divertito così tanto nel mentire spudoratamente senza insabbiare la voce sarcastica.

«Mio padre mi ha sempre detto che l'unico ponte che unisce questi due regni è l'amore»

«Romantico tuo padre» dico.

«Non molto, è una cosa che ha realizzato quando sono venuto al mondo io»

Questo spiega il suo nome Mihangel, tuttavia è affascinante vedere come due razze così differenti si uniscano dando vita a qualcosa di straordinario, se solo mio padre potesse avere gli occhi miei o quelli del padre di Mihangel.

«Posso chiederti un favore?»

«Tutto, vostra maestà»

«Mi potresti insegnare alcuni passi di ballo?»

La sua replica era abbastanza presumibile e pare averlo colto di sorpresa, ma scuote il capo e cerca di non farsi prendere dalla confusione.

«Ma certo, volete impressionare una bella ragazza?»

«Più o meno»

Rispondo, e lui ridendo porta la mano sulla mia spalla e l'altra dietro la schiena. Dopodiché comincia a spiegare i seguenti passi che si compiono in un ballo di coppia.

Tra un passo e l'altro l'orario scorre senza farsi notare, i un giro di ore mi sento già un ballerino professionista e non vedo l'ora di sfoggiare queste eleganti movenze al mio amato.

La serata conclude con lunghi saluti, ospiti brilli accompagnati dagli amici e bambini addormentati tra le braccia dei genitori.

Anche il mezzo elfo se n'è andato assieme a un gruppo di conoscenti lasciandomi solo un paio di trucchi su come impressionare nel ballo di coppia, infatti una volta giunto nella mia stanza mi sono subito spogliato per indossare il pigiama, ho già fatto sapere ad Hansel che lo sto aspettando qui e a momenti dovrebbe entrare.

Infatti dopo una breve attesa ecco che fa il suo ingresso nella stanza.

Ma sul suo volto non vi è l'espressione che mi aspettavo di vedere, so che dopo tutto il lavoro è stanco ma già il suo passo lento e il suo viso titubante mi preoccupano.

«Cosa c'è?»

Domando avvicinandomi, e lui a braccia conserte scuote leggermente il capo.

«Stavo pensando» Dice.

«A cosa?»

«Ho sentito la conversazione tra voi e vostra madre questa mattina, e non ha senso stare insieme se dovete sposarti»

«Senti, caro, non è per questo che ti ho chiamato»

Sospira e volge lo sguardo alla finestra senza aggiungere altro, mi avvicino e lo abbraccio per sciogliere la freddezza con cui ha deciso di star saldo e fermo lì. La sua faccia arrabbiata e seria provoca in me un sorriso, è come vedere un bambino imbronciato eppure dimostra bene la sua età.

Resta fermo senza ricambiare l'abbraccio, così decido di fare la mia mossa e mostrargli ciò che Mihangel mi ha insegnato.

Appoggio la mano destra sulla sua spalla sinistra e porto la mano sinistra dietro la sua schiena, lui confuso abbassa gli occhi ai miei e mi chiede cosa stia facendo

«Ballo»

Rispondo compiendo gli stessi passi che Mihangel mi ha mostrato.

Balliamo per tutta la stanza fino a trovarci stesi l'uno sull'altro sopra il letto.

Accarezzo innamorato il suo lineamento facciale, poi affondo le dita tra i suoi capelli color albicocca e avvicino le labbra alle sue, ma tutto ciò che le mie labbra baciano è il palmo della sua mano.

«Devo andare a pulire»

Dice guardandomi malizioso, sa che mi da fastidio quando mi nega il lusso, tuttavia però, ci prova sempre un leggero gusto nel farlo.

«Solo un po'»

Dico sollevando la sua divisa per scoprirgli un po' di pancia, e lui scuotendo il capo trattiene la mia mano.

«Eledhwen»

Pronuncia il mio nome con marchio deciso e diretto, ma io insisto e cerco in ogni modo di spogliarlo dalle sue vesti che nascondono il corpo dal quale non ho giovato da lunghi giorni. Il lavoro lo ha tenuto così tanto distante da me, che in queste settimane mi sono dovuto arrangiare da solo, ma non per niente la stessa cosa.

Ma egli insiste saldamente reggendo entrambe le mani nel compiere tali azioni.

«Dico veramente, devo aiutare con le pulizie in cucina non posso lasciare che facciano tutto loro»

Alzo gli occhi e sbuffando cedo alla sua opposizione.

«Va bene»

«Uno di questi giorni vi darò il vostro regalo di compleanno» Dice biasimando il mio dispiacere, so che anche lui desidera trascorrere un po' di tempo assieme a me.

«Ma tu sei già il mio regalo» Rispondo.

«Sapete cosa voglio dire» Aggiunge, e prima di andarsene mi lascia solo una fetta di ciò che mi ha proibito, un bacio sulla fronte.

...~⚜~...

⚜Traduzione della preghiera del padre

«Seme piantato in terreno fertile, esisti e cambi, germogli e maturi, man mano che t'innalzi egoismo e ingenuità si allontanano da te come il suolo da cui sei nato. Pianta salda dalle radici robuste, cresci e crescerai sotto la luce.

Astilbe, fiore della maturità, che successo, salute e felicità t'accompagnino per tutti i giorni della tua vita»

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