Europhanelle

«Arriverai al palazzo quando il sole sarà alto, t'incontrerai con sua altezza reale re Leonardo e sua moglie Helena. Entrambi saranno molto entusiasti di riceverti al palazzo, ti accoglieranno con calore e ordineranno ai loro servi di offrirti da bere e da mangiare prima di farti vedere la principessa, ma tu rifiuterai tutto ciò, perché non sarai lì per un banchetto o per una tazza di tè, sarai lì per la principessa Calendula.

Quando incontrerai la principessa la bacerai, spezzando così l'incantesimo, affronterai il demonio prima che questo faccia ritorno dalla sua signora e infine sarà ad allora che potrai mangiare e bere dalla tavola del re»

L'orecchio mio dista dal discorso di mio padre, ogni suo dire perde linea e significato ancor prima di sfiorarmi. Il mio sguardo è rivolto in un punto assente della stanza, in cuore mio serbo pensieri assordanti e profondi, ogni parola e suono lo percepisco come un ronzio sott'acqua, come una bolla che scoppia sotto un morbido cuscino, essa mi giunge ma non mi cambia. Tuttavia egli continua a parlare girandomi attorno come una veglia in servizio e masticando parole guarda con occhio attento le mani delle serve che sistemano il mio abito, bello, turchino, soffice di stoffa e stretto come il laccio di un corsetto.

«Re Leonardo per aver salvato sua figlia ti chiederà che ricompensa tu voglia naturalmente, orbene rifiuterai l'oro e rinnegherai titoli perché di oro ne hai già in abbondanza e non c'è titolo che sia al di sopra del tuo. Ecco, allora tu gli risponderai esattamente con queste medesime parole che ti sto per dire»

Si ferma davanti a me, schiarisce la voce per chiamare la mia attenzione, ma io indignato e offeso gli degno solo la coda del mio occhio e gli concedo solamente un granulo di forzata attenzione.

«"Sua maestà re Leonardo, quando stavo giungendo qui sulla vostra terra, il mio unico dovere era quello di salvare vostra figlia dalla mano della terribile e potente fata Bethelthea, non avevo pensiero di essere ricambiato poiché quel che faccio lo faccio per amore e dovere. Tuttavia, una volta giunto qui gli occhi miei hanno contrato quelli di vostra figlia e me ne sono subito innamorato, anche ora che vi parlo, il mio cuore non smette di batter per lei. Se voi me lo permettete io vi chiedo di poter avere in sposa vostra figlia Calendula come dono e ricompensa."»

Sentirlo pronunciare queste parole così romantiche e poetiche mi altera lo stomaco, che sarà la stessa dichiarazione fatta anni fa per conquistare il padre di mia madre?

Egli non osa chiedermi se abbia compreso o meno poiché sa che non gli risponderò, si appende alla magra fiducia in me e alla speranza che abbia capito.

«Perfetto, cerca di non deludermi»

Conclude.

Mia madre si avvicina e guarda il mio abito con un sorriso cucito in volto, lo stesso sorriso indossato il giorno della celebrazione del mio compleanno è ora tra le sue gote rosacee.

«Sei meraviglioso figlio mio, quale principessa non vorrà esser tua promessa sposa vedendoti così? Posso solo concepire la stizza che nutriranno molte fanciulle nei confronti di Calendula»

Giro lo sguardo verso le due serve occupate ad avvolgere le mie coperte in una cesta per poterle in seguito lavare, il mio volto si dipinge di dispiacere e il mio animo già leso di tristezza si rattrista di più. Quelle giovani donne insaponeranno via il profumo di cenere e rose lasciate da Hansel in quel romantico mattino, laveranno con acqua e cedro le miriadi di lacrime che ho versato sulla federa questa notte e quando le rimetteranno sul letto esse odoreranno di effluvi semplici e vuoti.

«Abbiamo fatto»

Dichiarano fiere le serve alzandosi, e mia madre tutta contenta, intrecciando le dita tra di loro come un'adulatrice mi ricopre di lodi e apprezzamenti con occhi ripieni di meraviglia.

«Sei meraviglioso, Eledhwen»

Aggiunge mio padre e assieme a lui anche le serve si complimentano del mio aspetto «Calendula sarà la prima a chiedere a suo padre di esser tua moglie, e se egli lo vorrà, entro questa settimana sarete già promessi sposi»

Sorridono soddisfatti ed elogiano l'abito, ma le mie labbra restano rigide, non mi unisco ai loro sorrisi e non rispondo a nessuno dei complimenti ricevuti. Fisso le coperte nella cesta che abbandonano la mia stanza, le guardo e covo in me un gran dispiacere accompagnato dai dolci ricordi delle sere passate avvinghiato tra le braccia di Hansel in quelle lenzuola; penso al suo fiorente profumo gioviale, alla sua pelle rosea, ai suoi briosi riccioli d'albicocca e alle sue piccole chiazzette cutanee che tanto amavo baciare e guardare.

Esortando la mia mente di tutti questi floridi e remoti ricordi, foggio un groviglio alla gola, se non per l'abito che mi stringe il petto, questo sobbalzerebbe per il singhiozzo e se fossi stato da solo, avrei atteso prima di permettere alle lacrime di annebbiare i miei occhi.

Mio padre vedendo il mio avvilimento, cessa di sorridere e mia madre pure, poi ringrazia le serve e ordina a loro di lasciare la stanza.

Ed è solo quando odo la porta chiudersi alle mie spalle che porto entrambe le mani al volto per raccogliere le lacrime prossime a stillare incessanti dai miei occhi.

«Eledhwen rimettiti composto, non hai tempo per piangere, la carrozza è già in attesa di te»

Dice mio padre risoluto, e mia madre, con tono più soffice e tenero, lo poggia.

«Tuo padre ha ragione, sappiamo che sei triste ma adesso non è tempo per abbattersi»

Una sola cosa mi chiedo, e questa domanda mi ha tormentato per tutta la notte tenendomi più sveglio delle guardie. Come ho permesso che ciò accadesse?

Perché ho concesso a loro di uccidere Hansel nell'ora più buia della notte mentre dormivo? Come ho fatto a non accorgermene?

Questi maledetti non solo me lo hanno portato via, ma non mi hanno neppure permesso di piangere sul suo corpo, né perlopiù lasciarmi dirgli il mio ultimo 'ti amo'.

Forse versare qualche lacrima sul suo petto mi consolerà l'anima, non curerà il mio dolore ma almeno lo allevierà.

Mi rimetto composto e mi asciugo le lacrime, scendo dal basamento su cui stavo in piedi e mi porto sul letto.

«Permettetemi almeno di vedere il suo corpo, vi prego, è l'ultima cosa che vi chiedo come figlio, voglio solo poterci piangere sopra per dirgli tutto ciò che non ho potuto dirgli quando era ancora vivo»

Supplico a voce roca alzando lo sguardo ai miei genitori, ed essi perplessi uniscono i loro sguardi. Mia madre con un leggero sorriso in volto guarda mio padre con austerità e fierezza aspettando che sia lui a rispondermi, ma lui la disattende e con aria esitante elude i suoi occhi e quelli miei. Biascica sotto i baffi frasi confuse e parziali, i suoi occhi paglierini non sanno dove fuggire e ogni volta che incontrano quelli di mia madre tituba con sgomento.

«Che ne avete fatto del corpo?»

Domando confuso e turbato dall'atteggiamento insolito di mio padre, non ha mai ceduto durante un contatto visivo e mai ha balbettato di fronte a sua moglie.

Mia madre, vedendo la situazione e percependo un inconsueta atmosfera, prende parola e si rivolge a me.

«Eledhwen, la carrozza è già di sotto»

Mio padre sospira e senza dar spiegazioni ci precede ed esce dalla stanza.

Lo guardo mentre tutto trafelato apre e varca la porta, anche mia madre sembra esserne sorpresa e piuttosto dubbiosa per il nuovo comportamento di suo marito.

«Tuo padre è solo un po' scosso»

«Per cosa, madre?»

Mi viene da domandare, non ricordo una sola volta in cui mio padre si è lasciato impressionare dalla morte di qualcuno che non fosse della famiglia. Hansel era solo un servo davanti a loro e non è neppure il primo che muore per mano sua, ve ne sono stati molti che ha condannato a morte in seguito ad accuse di ruberia e a tentativi di avvelenamento.

Mia madre non risponde, mi afferra per il polso e mi accompagna fuori dalla mia stanza fino al cortile dove mi attende sia la carrozza che mio padre.

Il suo volto è ancora ambiguo e scosso, anche se si riferisce a me, i suoi occhi non distano un attimo da quelli di sua moglie che lo guardano con aria interrogativa.

«I miei uomini si assicureranno che tu non fugga, ho dato loro l'ordine di tenere gli occhi fissi su di te sempre»

Dice abbassando la maniglia dell'apertura della carrozza, alzo gli occhi e osservo il cocchiere seduto sul seggiolo e le due guardie in sella ai cavalli dietro la carrozza.

«Eledhwen mio caro, per favore, sorridi»

Dice mia madre pizzicandomi le guance, per tirar fuori un sorriso introvabile sul mio volto, irrigidisco il viso e scuoto il capo.

«Smettetela»

Le ordino entrando nel varco della carrozza.

«Almeno presentati al palazzo con una faccia sorridente»

Mi siedo con la spalla appoggiata al finestrino, mi sono seduto all'angolo più stretto e lontano della carrozza come se mi volessi fondere con essa. Incrocio le braccia e porto lo sguardo lontano, ciononostante riesco a sentire bene il peso degli sguardi dei miei genitori addossati su di me.

«Fai buon viaggio, tesoro»

Augura mia madre chiudendo la carrozza.

Adesso che le porte sono chiuse, sono libero di dar sfogo alle mie lacrime, posso farle uscire senza nessuno che mi dica nuovamente di trattenermi e  sorridere.

Levo la corona dalla mia testa e la lascio cadere a terra, mi piego sulle ginocchia e piango senza contenimento proprio come un bambino, il mio lamento viene ovviamente udito ma nessuno ha abbastanza riguardo per venire a consolarmi.

Mi sento così solo e abbandonato, così tradito e oltraggiato. Il mio ruolo da principe azzurro ha ricoperto quello di figlio, presto verrò considerato marito di sua maestà la principessa Calendula, renderò quella ragazza mia consorte e la feconderò con eredi a cui mai avrò riguardo. Quando queste creature scorrazzeranno come passerotti guarderò i volti loro e penserò al mio amato Hansel, mi domanderò in momenti di quiete quale scopo avevo nella vita e che senso abbia avuto viverla. Per evitare che tutto ciò avvenga mi basta solo una cosa da fare.

La mia mente si allontana da questi pensieri amari e si rivolge alla lettera scritta nella notte e lasciata leggermente nascosta sotto gli scrigni sulla toeletta...

"Madre e padre, o a chi di voi leggerà per primo. Ho scritto questa lettera nel cuore della notte con la luce bianca della luna, ho scritto perché le mie parole non hanno valore e riguardo, tuttavia però, avrei comunque voluto provare a dirvelo solo per poter vedere le vostre reazioni.

Madre, sei sempre stata una donna molto dolce e gentile, purtroppo però, le parole e le leggi con cui sei stata cresciuta e istruita hanno piantato in te un seme cattivo.

Padre, nonostante il tuo carattere forte e bollente, sei sempre stato un uomo amorevole e in passato anche molto divertente.

Dov'è finito l'uomo che m'insegnava come catturare le farfalle? Dov'è andato il padre che mi faceva salire sulle proprie spalle? E dove si è nascosto il re che mi tramandava lezioni vitali fondamentali? L'ho cercato egli pare morto da tempo.

Io e Hansel siamo stati innamorati per ben quattro meravigliosi anni, direi i migliori della mia vita, il nostro amore è sbocciato e fiorito proprio dentro le mura del castello. Quando voi dormivate noi eravamo svegli a contare le stelle e quando voi eravate impegnati nei vostri doveri reali, noi ci promettevamo mari, monti e amore eterno. Cari genitori miei, non solo avete spezzato due giovani vite innocenti, ma avete anche spezzato promesse, sogni e progetti. Mi avete rovinato la vita, mi avete privato di tutto quel che mi rendeva realmente ricco. Sono schernito dal dolore, il baluardo su cui stavo saldo ora è morto e non ho più ragione di vivere.

Sposare Calendula sarà l'ultima cosa che farò prima di togliermi la vita che tu, madre, mi ha dato. Vi ho portato vergogna dite, sostenete che io abbia portato disonore sul vostro nome. Bene, adesso vi aggiungerò anche il dolore che io mi sono portato, sentirete ciò che mi avete fatto sentire quando mi avete privato della mia luce.

Inoltre benché io sia il principe azzurro una volta deceduto mi reincarnerò in un altro corpo, non riposerò mai in pace con il mio amato in un luogo migliore e pacifico. Ma almeno una volta rinato non ricorderò il dolore che mi avete fatto passare, né avrò memoria di voi e di Hansel.

Mi dispiace sapere che finirà tutto così, non è in questo modo che volevo che la mia storia finisse, voi avete permesso ciò.

Con affetto, vostro figlio, Eledhwen."

Il cocchiere frusta i fianchi dei cavalli e dà ordine di partire, i portoni delle mura si aprono e le ruote della carrozza cominciano a girare.

I miei pensieri sono tutti dedicati a quella lettera, la mia unica preoccupazione è che abbia sbagliato a scrivere qualche lettera, mia madre è una donna con un grande amore verso la scrittura e se dovesse trovare anche una sola virgola fuori posto andrebbe fuori di sé, si strapperebbe le vesti per la vergogna piuttosto che per la tristezza.

Per mio padre invece non penso nulla, non so come potrebbe reagire a quelle parole.

Sospiro e guardo fuori dal finestrino solo per vedere il paesaggio che conosco scorrermi prospetto.

Elvesreldelle ed Eruphanelle distano l'uno dall'altro come l'oriente e l'occidente, come il sole e la luna; la lunga distanza tra questi due regni mi permette di recuperare le ore di notte perse a scrivere carte su carte. Ma dormire è impossibile quando si ha la schiena in fiamme, il corpo irrigidito e lo stomaco vuoto.

Se provo a chiudere gli occhi qualcosa me li fa riaprire, un brontolio dello stomaco o una scorretta posa.

Nervoso ringhio di rabbia e mi levo gli stivali scagliandoli con ripugnanza contro il pannello.

«Dannati tronchi in pelle, brutto abito azzurro stretto e maledetto mantello!

Insopportabili guanti, orribili e inutili orecchini e odiosa Calendula!»

Il mio strepito funesto viene avvertito dalle guardie e dal cocchiere stesso, che allarmati fermano la carrozza per chiedermi a cosa sia dovuto tutto quel trambusto.

«Che cosa vi turba, principe?»

Domanda la guardia bussando.

«Chi vi ha dato l'ordine di fermare la carrozza?» Domando irrequieto con tono stizzito e roco «Nessuno, vogliamo solo assicurarci che voi stiate bene»

«Da quando avete riguardo per la mia salute? Fa ripartire immediatamente questa carrozza se non vuoi che ti ficchi il muso sotto la ruota!»

Percuoto con un calcio lo sportellino facendo scuotere l'intera carrozza, l'uomo si scusa e risponde subito con tono formale e computo.

«Vi chiedo di perdonarmi principe, ora ripartiamo»

Dopodiché comunica al cocchiere l'ordine ricevuto e questo, schioccando due volte la briglia, fa ripartire i cavalli.

Nonostante gli scalpiti dei puledri e il rumore delle ruote che girano, riesco a udire la guardia tornare dietro la carrozza lamentandosi e sfogandosi con il suo compagno.

«Giuro sulla Madre Natura che non lo sopporto, è un brutto moccioso viziato, spero cada in una balza»

Le sue parole, seppure siano solo proteste ipocrite, riescono a penetrami e ferirmi profondamente.

«Sciocco baco in armatura, non c'è differenza tra te e i miei genitori»

Borbotto furioso raccogliendo le ginocchia al petto.

Credo che piangerò in silenzio, non voglio che il mio cordoglio venga udito e considerato come un capriccio di un brutto moccioso viziato.

Inoltre piangendo in silenzio non verrò consolato da qualcuno che finge riguardo, l'unica persona di cui ora mi fido sono solo io, ma come posso consolare me stesso se sono già fin troppo leso?

Oh, se solo Hansel fosse qui per asciugarmi le lacrime. Mi bastano solo i suoi occhi per tornare a sorridere.

Singhiozzando mi sdraio lungo il seggio della carrozza e sebbene sia corto cerco di raccogliermi il più che posso, mi copro con il manto e sopportando le fitte e lo strazio aspiro al ristoro. Tra una lacrima e l'altra, la mia mente comincia lentamente a trovare la quiete che cercava con disperazione. I singhiozzi si attenuano e non più il mio petto sobbalza ma si alza e si cala dolcemente, chiudo gli occhi e finalmente trovo riposo.

...~⚜~...

La carrozza tribola da ambedue i lati, la mia testa benché stesa assorbe ogni fossa, ogni sassolino e ogni radice.

Voci e schiamazzi di gente da fonte ignota disturbano il dolce riposo conquistato con fatica.

Infastidito dal baccano e stanco di battere la testa, mi sveglio e mi alzo, poi sposto la tenda per dare un'occhiata di fuori e vedere. Di sorpresa un brando di luce bianca mi coglie in pieno volto.

La bestemmia evocata con disinvoltura vien poi seguita da un forte acclamo, ma non potendo vedere da chi sto venendo celebrato, mi copro gli occhi e chiudo la tenda. Mi massaggio le palpebre per alleviare la sfumatura che occupa la mia veduta, nel frattempo fischi e applausi persistono all'esterno della carrozza, centinaia di voci si assaliscono l'un l'altra proferendo il mio nome.

«Sia lodato il principe azzurro, principe della pace e dell'equilibrio!»

Una volta che la mia vista torna chiara e limpida, ritiro di nuovo la tenda e con più cautela mi affaccio alla finestra.

«Beata è, e sarà la nostra terra, perché il principe della pace vi ha messo piede, il principe della giustizia e dell'equità ha varcato le porte del nostro regno per portare ristoro e pace eterna! Tutte le oscurità dei sette regni vi temono, gli stregoni non hanno scampo dalla vostra forza e le magie delle streghe non le salveranno dalla vostra spada.

Proclameremo in eterno la vostra gloria e i vostri prodigi per i sette regni, perché ne siete degno!»

Uomini, donne, anziani e bambini  umani si gloriano in nome mio, cantano e si rallegrano nel vedermi dal finestrino sporgere.

Gioiscono con la cetra, battono le mani e mi seguono con salti di gioia.

Le guardie si affiancano alla carrozza e con le lance puntate ordinano a tutti di rimanere indietro.

Sventolo la mano per salutare i cittadini, il mio saluto li fa sentire benedetti e contenti ricambiano.

Sono giunto a Europhanelle, dimora del popolo degli esseri dalle orecchie tozze.

Improvvisamente la carrozza si ferma e vengo leggermente fatto scivolare giù dallo scanno, una guardia schiocca la frusta, i cavalli scalpitano, scuotono le criniere e nitriscono soffiando dalle froge. Odo i miei uomini alzare il tono con crudezza contro qualcuno, e curioso di sapere che cosa stia succedendo, indosso gli stivali e scendo dalla carrozza.

«Vi prego è per mio figlio! Per favore! Non intendo fare alcun male al principe!»

Parla disperata una donna in posa di preghiera a terra, le guardie la circondano e una le ordina freddamente di andarsene. Ma la donna continua a pregare e vedendomi si alza in piedi e comincia a scongiurarmi intrecciando le dita.

«Che succede?» Domando sistemandomi la corona, la folla vedendomi delira e strepita plaudendo. Li saluto sorridendo guardando con meraviglia le loro piccole e strane orecchie a forma di lune, i colori dei solo capelli sono così chiari e simili, variano tutti dal nocciola al gelso. Non è la prima volta che vedo degli esseri umani e non hanno per niente l'aspetto minaccioso, mi domando perché mio padre ne abbia così tanta paura.

«Tornate nella carrozza, principe!»

Ordina la guardia mettendosi in mezzo con il suo cavallo.

«Vi prego principe, mio figlio ha bisogno di aiuto, è in gravi

condizioni!» Si dispera la donna mentre cerca di non farsi cacciar via, afflitta e in lacrime mi tende le braccia.

«Che cos'ha tuo figlio?» Le chiedo.

«Io so che il vostro sangue opera miracoli, guarisce ferite e tagli freschi»

«Dici giusto» Rispondo.

«Mio figlio l'altro giorno è andato a caccia con suo padre, ma purtroppo è stato attaccato da un lupo e la ferita che l'animale gli ha procurato è molto profonda. Abbiamo provato con erbe e bendaggi di ogni genere ma non guarisce, anzi, giorno dopo giorno il suo aspetto peggiora. Vi prego, non so a chi altro chiedere aiuto! Mi sono rivolta ai miglior dottori ma nessuno è stato in grado di curarlo, dunque ho pregato al cielo e Dio vi ha mandati. Per favore, oh principe della pace, guarite mio figlio e io pregherò per la vostra salute»

Mi chino e porto una mano alla spalla della donna, sfrega i palmi delle mani e continua a supplicarmi.

«Portami da tuo figlio»

Le dico.

«Oh santo cielo, grazie, grazie davvero!»

Si raccoglie la gonna, la sbatte dalla polvere e prende passo, ma prima che possa seguirla, una delle guardie mi trattiene ponendo davanti il mio petto la lama della lancia.

«Principe dobbiamo recarci al palazzo, non sprecate il vostro tempo per questa umana» Egli è la stessa guardia che ho rimproverato, il suo volto è simile a quello di un uomo che di moglie e figli non ne ha.

«Sei uno sciocco egoista» Ribatto «Mi vuoi impedire di curare un ragazzo che potrebbe essere benissimo tuo figlio? Non hai alcun diritto di decidere per la sua vita, se hai tanta fretta di andare al castello allora va e presentati senza di me, e bacia tu Calendula se ti gusta»

Detto ciò la gente mormora e sussulta coprendo le bocche, la guardia tace e china il capo, anche se l'elmo in oro gli copre il volto, il suo imbarazzo è chiaro e visibile.

«Perdonalo, è stanco per il viaggio» Dico alla donna «Portami da tuo figlio»

L'umana prende passo e la folla si dimezza permettendoci di passare, una delle guardie ci segue ma quella rimproverata e vestita di vergogna rimane a vegliare la carrozza e il cocchiere.

Mentre io e la madre avanzavamo, veniamo seguiti da tutti i cittadini ch'erano presenti lungo la via.

«La mia casa non dista molto da qui, siamo quasi arrivati»

Dice lei «Anche se fosse stata dall'altra parte del regno, non avrei esitato a venire» le rispondo.

«Sia lodato il Signore Dio per voi principe, non so come ringraziarvi»

Giungiamo alla piccola casa della donna, un umile casetta di legno sotto la misera ombra di una torretta e a abbracciata da un'incompleta staccionata

«Ecco, siamo giunti» mi lascio accompagnare, ma la guardia assieme a me si oppone.

«Il principe non metterà piede in quella casa, se vuoi che curi tuo figlio lo dovrai far uscire»

La donna lo guarda con tremore, custodisce tremante la lunga frusta avvinghiata alla cinghia dell'uomo e la punta della lancia puntatele contro.

«Tuo figlio è in grado di camminare fuori?» le domando.

«Potrebbe, ma quando sono uscita di casa stava riposando steso sul suo letto» risponde lei torcendo il panno attorno la gonna, allora mi volto verso i cittadini e ordino ai più forti di farsi avanti, di entrare nella casa e di sollevare il letto su cui giace il giovane.

Quattro uomini alti e robusti si fanno subito avanti, entrano condotti dalla donna nella casa e quando tornano si presentano con il giovane steso ancora sul materasso.

Mi avvicino e la madre del fanciullo gli abbassa la coperta, scoprendo la grossa ferita sul braccio e sul volto. I segni dei graffi e della dentatura sono ancora incisi sulla sua pelle. Il lato sinistro della sua faccia è lievemente sfigurato e il suo braccio è aperto e ricoperto di sangue.

«La ferita non è stata trattata e perciò si è infettata, hai fatto bene a chiedere il mio aiuto»

Sfilo via il guanto, poi alzo lo sguardo alla guardia e gli ordino di porgermi il pugnale che tiene nel fodero nella caviglia sinistra. Egli dopo una breve titubanza, annuisce e fa come gli ho detto.

«Fate attenzione, se incidete male il taglio, potreste perdere troppo sangue, giusto un paio di gocce»dice.

Appoggio la lama sul palmo della mia mano, la donna poiché sensibile si gira e si copre il volto per non guardare.

Incido un taglio netto e veloce, abbastanza profondo ma sufficiente per far uscire la perfetta quantità di sangue sulla ferita aperta.

«Principe» avverte l'uomo.

«Sto bene»

Serro il pugno e faccio colare scie di sangue sulla ferita del giovane, e questa, sotto gli occhi di tutti si allevia. La pelle si riunifica come suture di un vestito e la carne si rigenera recuperando un colorito più caldo e naturale.

La guardia ordina subito alla donna di prendere un panno per me, ma nel frattempo verso altre gocce turchine sul viso, e proprio come il braccio, la sua pelle torna a risplendere di sanità.

«Sia lodato il principe di pace ed equità!»

Esulta la gente alle nostre spalle, che hanno guardato il tutto con stupore e meraviglia. «Datemi un panno»

Dico tappando il taglio, immediatamente la donna si avvicina e mi porge un fazzoletto bianco e pulito con cui coprire il taglio al palmo.

«Vi ringrazio, vi ringrazio!»

Dice abbracciando suo figlio, quest'ultimo aggrotta la fronte e apre gli occhi.  «Che succede?» farfuglia ancora stordito.

«Il principe azzurro ha guarito la tua ferita con il proprio sangue!» risponde lei soffocandolo di carezze, baci e lunghi abbracci, senza neppure lasciargli il tempo di realizzare che cosa stia accadendo attorno a lui.

Gli ammiro con gioia e invidia, sono felice e fiero di me per ciò che ho appena fatto. Anche la guardia, nonostante il suo volto rigido e severo, mostra il suo orgoglioso per me.

L'unica cosa che mi amareggia però, è che questa sarà l'ultima volta che guarirò qualcuno con il mio sangue.

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