Damian

Nell'Inferno, il concetto di mattina non esisteva.

Il tempo era un vortice di fiamme e ombre, eppure Damian sapeva sempre quando "cominciava il giorno": era l'istante in cui le urla dei dannati si facevano un po' più rumorose del solito.

Si stiracchiò sulle rocce incandescenti che fungeva dal letto, con la calma di chi aveva dormito su spine per tutta la vita. -Ah, un altro giorno in Paradiso-, borbottò, ridendo della propria ironia.

Figlio del generale Kazar, Damian era cresciuto in mezzo al clangore delle armi e all'odore di zolfo.

Suo padre era una leggenda tra i demoni: spietato, ambizioso, convinto che la violenza fosse l'unico linguaggio degno di essere parlato.

Damian, invece, parlava di continuo (ma solo per dire ciò che non doveva).

-Siamo nati per distruggere la luce-, gli dicevano.

-Sì, sì,- rispondeva lui, -ma almeno possiamo farlo con stile.-

Il suo sarcasmo non lo rendeva popolare tra i superiori, ma gli aveva guadagnato il rispetto dei soldati semplici. Era forte, veloce e coraggioso, ma soprattutto... imprevedibile.

Nessuno sapeva mai se avrebbe riso o colpito, se avrebbe ucciso o risparmiato.

Dietro quel sorriso rosso come il fuoco, si nascondeva qualcosa che nemmeno lui riusciva a definire. Una curiosità. Una fame diversa.

Durante le esercitazioni, brandiva la sua ascia demoniaca come se danzasse. Ogni colpo era un lampo scuro, un tuono di potenza. La sua armatura era molto corazzata ma elegante, di un oro e argento molto pregiati.

Gli altri lo ammiravano e lo temevano, ma Damian si annoiava facilmente. Non era molto interessato alla guerra e bandire un'arma.

-Sempre le stesse fiamme, sempre gli stessi urli. Almeno al Paradiso cambiano il colore delle nuvole- scherzava.

Qualcuno rise. Qualcun altro lo denunciò al suo comandante.

Kazar lo convocò, furioso. -Il tuo compito non è pensare, ma combattere e agire!-

Damian lo fissò con il suo sguardo rosso e impassibile.

-Forse è per questo che non vinciamo mai, padre.-

La punizione arrivò presto: essere mandato al fronte, tra le prime linee contro le armate celesti.

Una missione suicida, o almeno così la chiamavano.

A lui, però, l'idea non dispiaceva. -Meglio morire di noia o di gloria? Io voto per entrambe. Scommetto che solo pochi di noi sopravvivranno. -

Quando si presentò davanti alle legioni, il terreno vivrò sotto le sue ali nere. Le fiamme gli lambirono le spalle, riflettendo sulle punte della sua ascia.

Il cielo sopra di lui non era più blu: una distesa di nuvole dorate copriva l'orizzonte, come se la luce stesse cercando di invadere anche il buio.

Damian la guardò e rise piano. -Eccoti lì, cara nemica... vediamo se sei davvero così pura come dicono.-

Non sapeva che, da qualche parte tra quelle nuvole, un paio d'occhi azzurri lo stavano cercando.

Non per ucciderlo (non ancora) ma per capire perché un demone potesse ridere in mezzo alla guerra.

E così, mentre il mondo bruciava, la storia di Damian iniziò con un sorriso.

Una di quelli che nascondono più dolore che ironia.

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