Ep.4

Il villaggio di Ban Pong Luang li accolse con silenzio e vento. Situato tra le colline del nord, sembrava sospeso nel tempo. Case in legno su palafitte, bambini che correvano scalzi, vecchi seduti all’ombra con il tempo incollato addosso. Non c’erano turisti. Nessun Wi-Fi. Nessuna via di fuga.

Dopo aver parcheggiato il motorino polveroso sotto un albero di tamarindo, Tree e Style si avvicinarono al piccolo negozio di alimentari del villaggio. Il caldo era meno opprimente lì, mitigato dalla brezza che scendeva dalle montagne.

«Dobbiamo chiedere di mio padre,» disse Style a bassa voce. «Nella lettera era scritto che qui ci viveva un certo Supoj Thanapong. Era lui.»

Il nome galleggiava nell’aria come una preghiera o una condanna. Entrarono nel negozio, dove un giovane con una camicia colorata sistemava dei cestini di rambutan. Aveva i capelli neri tagliati corti, un viso pulito e lineamenti gentili. Doveva avere più o meno la loro età.

Appena vide Tree, si bloccò per un attimo. Un secondo appena. Ma sufficiente perché Style lo notasse.

«Ciao,» disse il ragazzo, in un thailandese leggermente più musicale. «Siete nuovi, vero?»

«Siamo in viaggio,» rispose Tree, educato ma cauto.

Il ragazzo si avvicinò. «Io mi chiamo Niran. Aiuto qui mio zio. Se avete bisogno di qualcosa... anche solo compagnia...» fece una pausa, poi aggiunse con un mezzo sorriso, «io sono sempre in giro.»

Tree rise, imbarazzato. «Grazie. Forse ci servirà anche un posto dove dormire.»

«Posso mostrarvi un posto carino,» disse Niran, e gli occhi gli brillarono in un modo che non si poteva ignorare. «Non lontano da qui. Ci sono delle casette in affitto per i pochi viaggiatori che arrivano.»

Style osservava in silenzio, con le mani strette a pugno dentro le tasche.

Mentre Niran accompagnava Tree fuori dal negozio, parlando del fiume vicino, degli alberi di caffè e delle stelle che si vedevano meglio dalla collina, Style rimase indietro. Il suo viso era teso. Ogni parola di Niran sembrava colpirlo in pieno petto, come un colpo basso che non si era aspettato.

Quando finalmente arrivarono alle casette – semplici, ma accoglienti – Niran consegnò loro una chiave. «Questa ha la vista migliore. Se vuoi, Tree, stasera ti porto su una collina. Si vedono le luci del Laos dall’altra parte. È... bello. Silenzioso.»

Tree annuì, cortese. Ma prima che potesse rispondere davvero, Style intervenne. «Non siamo qui in vacanza. Abbiamo una cosa da fare. Importante.»

L’atmosfera si fece improvvisamente più densa. Niran si voltò verso Tree. «Scusami, non volevo interferire.»

«Nessun problema,» disse Tree, cercando di sdrammatizzare. «Ci vediamo dopo, magari.»

Quando Niran se ne andò, Style entrò nella stanza e sbatté la porta dietro di sé. Tree lo seguì con lo sguardo.

«Tutto bene?» chiese.

Style si sedette sul letto, fissando il pavimento. «Sì. Cosa dovrebbe esserci che non va? Hai trovato qualcuno con cui divertirti. Tanto il resto non importa, no?»

Tree rimase in piedi, incredulo. «Scusa? Ma di che stai parlando?»

Style alzò gli occhi. E stavolta non c’era rabbia, ma qualcosa di peggio: delusione.

«Lo vedevo come ti guardava. Come gli rispondevi. Sembravi... diverso. Vivo. E io? Io sono qui a cercare un padre che forse mi ha dimenticato, e tu ridi con uno sconosciuto.»

«Non è giusto, Style. Io non sto facendo niente.»

«È proprio questo il punto,» ribatté lui. «Tu non fai niente. Non dici mai cosa senti. Sei sempre così dannatamente calmo. Ma io... io mi sento a pezzi. E tu ti lasci guardare da quel tizio come se non ti importasse. Come se io non fossi mai esistito.»

Tree lo fissò. E solo allora capì. Capì davvero.

Style non era solo infastidito. Era geloso. Perché Tree gli era mancato, anche solo per quei dieci minuti in cui aveva sorriso a qualcun altro. Perché Tree era la sua casa, anche se non l’aveva mai detto.

«Style...»

Ma lui si alzò, prese lo zaino e aprì la porta. «Ho bisogno di stare da solo. Vai pure a vedere le stelle col tuo nuovo amico.»

E sparì nella sera.

Tree restò immobile, sentendo un vuoto improvviso spalancarsi nel petto. Non aveva fatto nulla di male. Ma forse, non aveva nemmeno fatto abbastanza.

E quella notte, guardando fuori dalla finestra verso le montagne buie, Tree si chiese se avrebbe mai imparato a dire quello che provava, prima che fosse troppo tardi.

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