Verità Non Vissuta
Capitolo Uno: Il risveglio nel vuoto
Un clic spezzò il silenzio, e la stanza si illuminò di colpo.
“Mi hai spaventato!”
Kit indietreggiò, portandosi una mano al petto, il respiro affannato per l’improvvisa accensione della luce. Song incrociò le braccia, fissandolo con occhi gelidi. La sua voce, dura e tagliente, ruppe l’atmosfera.
“Sai che ora è? Dove sei stato?”
Kit rispose con tono secco:
“Non è un tuo problema. Non devo rendere conto dei miei spostamenti.”
Song fissava il borsone sportivo appoggiato contro la porta della cucina. Passò accanto al fratello, gli diede una leggera pacca sulla spalla e respirò profondamente, sentendo il cuore battergli forte nel petto. Prese il borsone, lo aprì e trovò qualcosa di inaspettato: i guanti e il casco da corsa. Kit era andato a correre all’ippodromo. Song li osservò a lungo, ricordando l’ultima volta che avevano corso insieme. Un nodo gli si strinse allo stomaco. Con calma, chiese di nuovo a Kit dove fosse stato, ma intuì che stava mentendo.
“Non sei andato all’ippodromo stasera?”
Song lanciò il borsone sportivo ai piedi di Kit e disse: “Che cosa sono quelli? Dimmelo, Kit.”
“Beh, non come pensi,” disse Kit.
“Ah no? Sono i guanti e il casco che ti ho regalato per il tuo compleanno. Me li ricordo molto bene.”
Gli occhi di Kit si riempirono di lacrime mentre sussurrava:
“Perché non mi credi?”
Non aveva mai alzato la voce con suo fratello in quel modo.
“Non è che non ti creda, ma hai mentito.”
La pioggia batteva incessante contro la finestra, ma il silenzio che seguì le parole di Kit fu ancora più pesante, più cupo. “Ti odio,” disse Kit, la voce appena un respiro, “più di ogni altra cosa al mondo.” Il dolore era palpabile, un’ombra oscura che avvolgeva entrambi.
Con un gesto impulsivo, Song schiaffeggiò Kit con forza. Un suono secco risuonò nell’aria, e Kit vacillò all’indietro, portandosi istintivamente una mano alla guancia. Song rimase immobile, gli occhi spenti, lo sguardo perso nel vuoto. Kit si allontanò lentamente, cercando di dare senso a quanto era appena accaduto. Il silenzio che ne seguì era opprimente, quasi amplificato dal rumore della pioggia che batteva con violenza contro i vetri. Song, la voce roca e piena di rimorso, ruppe il silenzio:
“Kit, non volevo farti del male,” sussurrò Song, evitando il suo sguardo. “Ho sbagliato, non sono stato un buon fratello.”
Una lacrima scese lungo la guancia di Kit mentre lo fissava. “Come puoi aspettarti che ti perdoni dopo quello che mi hai fatto?”
Song si lanciò all’inseguimento di Kit, ma il fratello, già in cima alle scale, corse via sbattendo la porta con violenza. La pioggia batteva sul tetto con fragore assordante, in contrasto con il silenzio opprimente che ora regnava nella casa. I colpi di Song sulla porta erano deboli, inutili. La disperazione lo sopraffecce, e si accasciò a terra, la schiena contro il legno freddo, le braccia strette intorno alle ginocchia, piccolo e fragile come un bambino.
La mente di Kit è intrappolata in un labirinto di ricordi e illusioni, incapace di distinguere il sogno dalla realtà. È intrappolato in un vortice di ricordi confusi che gli impediscono di tornare alla realtà.
Un uomo dall’aspetto losco entrò nell’ospedale internazionale Bumrungrad, a Bangkok. Iris, intenta a curarsi le unghie all’ingresso, non si accorse del suo arrivo; era troppo concentrata. Impaziente, l’uomo tamburellò le dita sul bancone della reception, attirando finalmente la sua attenzione. Infastidita, Iris alzò lo sguardo. L’uomo, dopo essersi schiarito la voce, disse:
"Qual è la situazione di Kit nella stanza 123? È ancora in coma?" La domanda era sospetta. Iris lo squadrò, pensosa.
"Quest'uomo mi crea disagio. È necessario che io intervenga; altrimenti, rischio il licenziamento e ho una famiglia da mantenere."
Quell’uomo le incuteva un senso di profondo disagio. Iris cercò di nascondere la sua agitazione, ma la voce, tradendo il suo turbamento, sussurrò appena: “Sì.”
"Scusi, chi è? È un parente del paziente?"
L’uomo si schiarì la voce, rimase in silenzio un attimo, e poi rispose:
“Sono qui per conto di qualcuno… devo sapere se Kit, nella stanza 123, si è svegliato. È davvero importante.”
L'interesse per il risveglio di Kit era insolito, quasi inquietante. Chi avrebbe mai voluto sapere con tanta insistenza se aveva ripreso conoscenza? Un brivido percorse la schiena della donna. I suoi occhi si posarono sull'uomo, che la osservava con uno sguardo penetrante, quasi minaccioso, come se cercasse di penetrare nei suoi pensieri più reconditi. La sua presenza era opprimente.
Mentre Iris rispondeva, le sue mani tremavano leggermente,…
“Mi dispiace, signore, ma non ho informazioni al riguardo. Le cartelle cliniche sono riservate.”
L'uomo sorrise, un sorriso che non raggiunse gli occhi. “Capisco,” disse, ma la sua voce era piena di un’ansia nascosta. “Ma qualcuno deve pur sapere.”
"Non posso fornire informazioni personali sul paziente Kit. Si tratta di dati riservati e protetti dal segreto professionale. Se non è un familiare, la prego di lasciare l'ospedale."
Mentre discutevano, un amico di Kit passava di lì. Ascoltò la loro conversazione per caso, si fermò e volle ascoltare fino alla fine. Si sedette su una sedia, prese una rivista e la mise davanti agli occhi per non essere notato. L'uomo era così ostinato che strattonò la donna con forza, ma lei rimase calma. Dentro di sé, però, aveva paura. Cercò di allontanare quella mano che le aveva afferrato il collo, implorando...
Era così ostinato che alzò la mano per schiaffeggiarla. La donna, intuendo l’imminente colpo, chiuse gli occhi stretti.
"Risponda. È il suo lavoro? Altrimenti, le conseguenze saranno... spiacevoli."
"Aiuto! Lasciatemi andare!" «Mi sta uccidendo, non riesco a respirare.»
Mentre stava per schiaffeggiarla, il giovane si alzò di scatto dalla sedia, gettò la rivista a terra, afferrò il braccio dell'uomo e lo strattonò con forza, facendolo barcollare e cadere.
"Come osi toccare una donna? Sei un verme! Ti ha detto di no, e tu continui a importunarla. Se le fai del male, ti farò pagare caro."
La mente di Kit è intrappolata in un labirinto di ricordi e illusioni, incapace di distinguere il sogno dalla realtà. È intrappolato in un vortice di ricordi confusi che gli impediscono di tornare alla realtà.
Un uomo dall’aspetto sospetto entrò nell’ospedale internazionale di Bumrungrad, in Thailandia. Notò Iris all’ingresso, intenta a curarsi le unghie. Così concentrata era che non sentì il campanellino suonare. Impaziente, l’uomo tamburellò con le dita sul bancone dell’ospedale, attirando l’attenzione di Iris. Infastidita, lei alzò lo sguardo. L’uomo, schiarendosi la voce, disse:
“Qual è la situazione di Kit nella stanza 123? È ancora in coma?” La domanda suonava sospetta. La donna lo squadrò, pensando:
“Quest’uomo mi mette a disagio. Cosa dovrei fare? Se non agisco, rischio il licenziamento. Ho una famiglia a cui pensare.”
Iris cercò di nascondere la sua agitazione, ma la sua voce tradì il suo turbamento. Quell’uomo le incuteva un senso di profondo disagio. “Sì,” rispose, con un tono forzatamente calmo.
“Lei chi sarebbe? Un familiare del paziente?”
L’uomo rimase in silenzio e poi rispose:
“Beh, ecco… sono qui per conto di qualcuno. Mi interessa solo sapere se Kit, nella stanza 123, si è svegliato dal coma. È importante.”
L’interesse per il risveglio di Kit era insolito, quasi inquietante. Chi avrebbe mai voluto sapere con tanta insistenza se aveva ripreso conoscenza? Un brivido percorse la schiena della donna. I suoi occhi si posarono sull’uomo, che la osservava con uno sguardo penetrante, quasi minaccioso, come se cercasse di penetrare nei suoi pensieri più reconditi. La sua presenza era opprimente.
Mentre Iris rispondeva, le mani le tremavano leggermente.
"Mi dispiace, signore, ma non ho accesso a quelle informazioni. Le cartelle cliniche sono confidenziali."
L'uomo sorrise, un sorriso che non arrivò agli occhi. "Capisco," disse, ma la sua voce, velata da un'inquietudine palpabile, tradisce la sua ansia. "Però, qualcuno deve pur saperlo."
"Mi dispiace, ma non posso divulgare informazioni personali sul paziente Kit. Questi dati sono riservati e protetti dal segreto professionale. Se non è un familiare autorizzato, la prego di lasciare l'ospedale."
Mentre Iris e l'uomo discutevano, un amico di Kit passò di lì. Incuriosito dalla conversazione, si fermò ad ascoltare. Prendendo una rivista da un tavolino vicino, la tenne davanti al viso per non essere notato, rimanendo in piedi. L'uomo, ostinato, strattonò violentemente Iris, ma lei mantenne la calma in superficie. Internamente, però, era presa dal panico. Cercò di divincolarsi dalla presa che gli stringeva il collo, implorando…
"Aiuto! Lasciami andare!" gridò Iris. "Mi sta uccidendo, non riesco a respirare!"
“Risponda. È il suo lavoro? Altrimenti, le conseguenze saranno… spiacevoli.”
La sua ostinazione era tale che alzò la mano per schiaffeggiarla. Il terrore gelò Iris; sentendo il pericolo vicinissimo, chiuse gli occhi stretti, pregando che il colpo non arrivasse.
L'uomo stava per schiaffeggiarla, ma Tong fu più veloce. Con un movimento improvviso e potente, afferrò il braccio dell'uomo, strattonandolo con tale forza da farlo cadere pesantemente a terra.
"Come osi toccarla?! Sei un verme! Ti ha detto di no, e continui a importunarla. Se le fai del male, te la farò pagare cara."
Sibilò minaccioso:
"Chi credi di essere per intrometterti? Non ti riguarda. Non pensare di poter agire impunemente, anche se sei un ragazzino."
Tong rispose con un tono di sfida, incrociando le braccia.
“La mia identità non è importante. Stavo passando di qui quando ho assistito all'aggressione. Ho già contattato la polizia. Non tenti di scappare.”
Un calcio secco e preciso fece cadere l'uomo. Seguiva una tempesta di colpi, una furia incontrollata. Tong lo afferrò per i capelli, sollevandolo di poco da terra. I pugni si abbatterono sul suo volto, deformandolo. Il sangue schizzò ovunque. Tong si chinò, sussurrando vicino all'orecchio:
"Stai lontano dal mio amico. Se ti avvicini, sarai morto prima dell'arrivo della polizia. E avverti chi ti ha mandato: lo troverò, e sarà la sua fine. Capito?"
Iris era pietrificata, gli occhi spalancati, tremava incontrollabilmente. Tong le rivolse un sorriso rassicurante e le chiese con calma: Iris era pietrificata, gli occhi spalancati, tremava incontrollabilmente. Tong le rivolse un sorriso rassicurante e le chiese con calma:
"Si sente bene? Mi dispiace moltissimo, non volevo che vedesse una cosa del genere. Le ha fatto male?"
Iris balbettò: «No, no, sto bene… credo», ma i lividi viola e gonfi sul suo collo raccontavano una storia ben diversa. L'uomo aveva chiaramente tentato di strangolarla; solo il tempestivo intervento di Tong l'aveva salvata da una morte certa. Pochi minuti dopo, il silenzio della notte fu spezzato dalle sirene della polizia in avvicinamento. Gli agenti arrivarono sul posto, arrestando l'aggressore, che trascorse una lunga notte in cella.
Un grido soffocato, uno stridore acuto, lacerò il silenzio ovattato della stanza. La maniglia della porta si mosse. Kai si avvicinò con cautela. Il respiro affannoso di Kit, amplificato dai tubi, era l'unico suono che rompeva la tetra quiete. I suoi occhi si posarono sui macchinari che lo tenevano in vita: un groviglio di fili e pulsanti. Con un movimento rapido e silenzioso, Kai staccò un tubo. Un bip acuto, un segnale d'allarme, echeggiò nella stanza. Il respiro di Kit divenne debole, irregolare. La porta si aprì: un uomo in camice bianco entrò. Teneva una pistola. Prima che potesse agire, Kai reagì istantaneamente, estraendo la propria arma. Un colpo secco, silenzioso e letale. L'uomo crollò senza un suono. Kai, con rapidità, gli tolse il camice, lo trascinò nel bagno, lasciando una scia di sangue. Chiuse la porta, tornò da Kit, si chinò e sussurrò all'orecchio:
"Scacco matto."
Un sussurro indistinto aleggiava nei corridoi. Kit era sull'orlo di un arresto cardiaco. Per non farsi notare, indossò il camice rubato e lasciò la stanza con passo silenzioso. Camminando, estrasse un biglietto da una tasca. I loro sguardi si incrociarono in un lungo, intenso silenzio. Con un gesto impercettibile, gli porse il biglietto e, chinandosi, sussurrò:
«Ho fatto la mia parte. Ora tocca a te.»
Uscito dall'ospedale, si tolse il camice e lo gettò in un cassonetto vicino. Dalla tasca dei pantaloni estrasse un accendino, incendiò un lembo del camice e gettò i resti nel cassonetto. Accese una sigaretta, la fumò, fissando a lungo le fiamme. Poi si avviò tra le strade buie di Bangkok. Taxi introvabili. Il cellulare vibrava insistentemente. Lo estrasse e rispose con irritazione: «Pronto?», sbottò Kai, visibilmente infastidito.
Il suono stridente del clacson lo fece sobbalzare. Borbottò tra sé, voce roca e rauca come un gracchio: «Perché non mi lascia in pace? È uno stupido, e io, come sempre, cedo.» Un brivido, misto eccitazione e fastidio, lo percorse. «Mi illudo sempre che mi piaccia essere inseguito, è strano… forse è vero,» pensò. «Devo smetterla, davvero, questa volta,» si disse con un sussulto.
Abbassò il finestrino. Dalla macchina usciva musica; si intravedeva solo il viso del conducente, intento a fumare una sigaretta. Estrasse una mano dal finestrino e picchiettò sulla portiera: «Sali. Non farmelo ripetere!». Un solo lampione illuminava debolmente la macchina; la zona era desolata, ma non del tutto disabitata. Alcuni spacciatori, attivi solo in quel punto, si aggiravano lì. Altrove sarebbero stati uccisi, i loro corpi scomparsi senza lasciare traccia. L’autore degli omicidi era ignoto, e la polizia thailandese, impreparata, non sapeva come agire.
Kai fece il giro della macchina e aprì la portiera. Sentì i feromoni di Hia e pensò: «Che stronzo! Perché proprio ora che sono in calore? Mi sento strano, debole.» Appena si affacciò, Hia lo afferrò per un braccio e lo trascinò dentro. «Hia! Lasciami! Mi fai male! Stai stringendo troppo forte, mi stai lasciando il segno!» Hia mollò la presa. Un clic: le portiere si erano chiuse. Era intrappolato, in calore, senza le pillole per i feromoni.
«Dove credi di andare? Ho bloccato le portiere. Meriti una punizione per la tua sconsideratezza stasera. Ho fatto in modo che il direttore dell'ospedale distruggesse le prove. Senza di me, saresti già in carcere. Non ripetere mai più simili azioni. Ricorda: mi appartieni.»
Hia gli afferrò il collo, tirandogli i capelli. Con un movimento deciso, gli aprì la bocca con la lingua e lo baciò a fondo, un bacio violento e appassionato. Kai tentò di divincolarsi, ma le forze lo abbandonarono. L'intensità del bacio lo prosciugava di ogni energia. Cedendo alla follia e alla tentazione, Kai si mise a cavalcioni sulle gambe di Hia. Con un rapido movimento, Hia afferrò i fianchi di Kai e gli scese la cerniera dei jeans.
La pelle mi brucia, quasi ruvida al tatto, un calore che mi eccita. La sua mano sotto la maglietta, sulla pelle rovente, mi stuzzica, anche se vorrei che si fermasse. Vorrei solo essere divorato, posseduto, violentemente preso. Dannazione, non resisto più! Il mio corpo anela a essere invaso, a sentire la sua presenza dentro, il suo membro che mi riempie.
«Cosa mi hai fatto? Mi hai drogato. Ti ucciderò.»
“Ho appena sfiorato il tuo ano con un dito e tu hai già raggiunto il piacere. Ammettilo, ti manca il mio tocco. Dillo. Voglio sentirtelo dire con quella tua voce che mi implora. Conosco il tuo corpo, i tuoi punti più sensibili; sei un libro aperto per me. Vuoi che sostituisca questo dito con il mio pene? È questo che stai pensando?”
"Va' a farti fottere, Hia!", disse Kai.
"Mi odi? Il tuo corpo dice il contrario. Non fingere. Avresti potuto respingere il mio bacio, ma non l'hai fatto. Sapevi che genere di persona sono, eppure dici di odiarmi? Cosa ti aspettavi? Non posso cambiare. Non provo nulla per te." Kai rimase immobile, lo sguardo perso nel vuoto. Quelle parole gli si conficcarono nel cuore. "Sono uno stupido, un idiota! Credevo ci fosse qualcosa tra noi, qualcosa di vero. Pensavo di essere più di un semplice giocattolo, di un'avventura. Ma le tue parole, 'Non provo nulla per te'... mi hanno distrutto." "Dimmelo, prima che cambi idea: mi odi, o vuoi solo sesso?"
"Quel bastardo riesce sempre a manipolarmi, costringendomi a scegliere. Lo detesto! Se avessi un'arma, lo ucciderei. Sono lacerato da un'angoscia terribile, tra piacere e odio. Mi sale una nausea fortissima, un misto di disgusto e di un'attrazione ripugnante. Sono prigioniero di un gioco perverso, senza via d'uscita. La sua voce, la sua presenza, persino la sua assenza, mi tormentano. Mi sento sporco, usato, eppure... una parte di me, che aborrisco, desidera ancora il suo tocco, la sua attenzione, pur sapendo che sarà solo altra violenza."
"Non osare. Se lo farai, non ti perdonerò mai."
"Rilassati. Questa volta sarò delicato. Non opporti."
Gli occhi gli si riempirono di lacrime, mentre la droga gli annebbiava il cervello, lasciandolo inerme di fronte al desiderio irrefrenabile.
"No! Per favore, non farlo! Non voglio farlo!" gridò, le lacrime agli occhi.
"Il mio dito ha appena sfiorato la tua intimità e tu hai già raggiunto il culmine. Ammetti che hai desiderato la mia presenza, il mio tocco profondo. Dimmelo, con quella voce che mi inebria, che mi supplica di penetrarti. So cosa provi, conosco ogni tua reazione, ogni tuo sussulto. Il tuo corpo è un enigma che ho imparato a decifrare. Vuoi che il mio corpo si unisca al tuo? È questo che senti?"
"Hia, sei proprio uno stupido! Perché questa ossessione per me? Ci sono altri ragazzi con cui potresti scopare, ma perché proprio io? Cosa ti trovo di così interessante? Il mio corpo, da usare e buttare? Basta. Non sopporto più i tuoi tentativi di drogarmi e violentarmi."
"Non è colpa mia... è la droga... Non sono io a provare queste cose, è la droga che mi controlla... ma... perché proprio lui? Perché lo desidero così tanto? Lo desidero... ma mi sento così male, così sporco."
Le dita di Hia, calde e sicure, si posarono sui fianchi di Kai, sollevandolo leggermente per facilitare l'ingresso. Duro e pulsante, il suo pene cercò l'apertura, scivolando lentamente dentro a Kai in un vortice di piacere crescente. Ogni spinta, sempre più profonda e veloce, accendeva un fuoco dentro Kai. La pelle di Kai era bagnata, tesa, vibrante; ogni nervo acceso da un piacere così intenso da fargli sfuggire gemiti che si trasformarono in urla, un grido selvaggio che si mescolava al respiro affannoso di Hia. L'orgasmo li travolse in un'esplosione violenta, un'ondata di piacere che li lasciò esausti e uniti. Il corpo di Kai era completamente ricoperto di segni e morsi, soprattutto sulle braccia e sulle cosce. Ma per Hia non era abbastanza. Continuò.
«Dentro di te, il piacere è così intenso,» sussurra Hia, «ogni mia spinta mi fa tremare, sei così stretto! Ogni volta che raggiungo il tuo punto più sensibile, tu mi respingi… Devo perdermi completamente in te, voglio sentirmi dentro di te fino in fondo.»
Hia lo sollevò; il corpo di Kai si adattava al suo pene come una perfetta estensione, una curva sinuosa sotto le sue mani. Lo cavalcò con un ritmo lento e profondo che faceva vibrare ogni fibra del loro essere. Il pene di Hia scivolò dentro Kai, penetrazione lenta e sensuale, unione di carne calda e bagnata. I gemiti di Kai, sommessi e pieni di piacere, erano musica per le orecchie di Hia, spingendolo a penetrare ancora più a fondo, esplorando ogni angolo del suo corpo. La tensione raggiunse il culmine in un'esplosione di piacere che bagnò il dorso di Hia con lo sperma di Kai.
L’interno della macchina era stretto, caldo e carico di tensione. I corpi si intrecciano, un’intimità improvvisa e appassionata che li travolgeva. Il respiro affannoso si mescolava al suono della pioggia contro il parabrezza.
Hia tracciò con un dito il percorso del liquido seminale sul petto di Kai, un gesto lento e delicato. Il sapore era dolce, intenso, un sapore che gli rimase impresso sulla pelle e sulla lingua. Prese una piccola quantità di sperma tra le dita, e con un sorriso malizioso, lo avvicinò alle labbra di Kai.
“ Apri… “ sussurrò Hia, la voce roca dal desiderio, le parole appena udibili sopra il battito accelerato dei loro cuori. “ Assapora… assapora il tuo stesso sapore… dimmi… dimmi se ti piace… “
La bocca di Kai si aprì, un gesto riluttante ma inevitabile, attratto da una forza più potente della sua volontà. Il sapore del proprio seme gli riempì la bocca, un misto di disgusto e piacere inebriante.
Il membro di Hia si muoveva all’interno di Kai, un ritmo potente e profondo che lo riempiva di un piacere intenso e travolgente. La parte intima di Kai era rossa, arrossata dalle spinte violente di Hia. “Più… più forte…” ansimò Kai, la voce spezzata dal piacere. “Dentro… più dentro…”
Hia si piegò su di lui, il suo respiro caldo sul collo di Kai. “ Dimmi… dimmi cosa vuoi… “ sussurrò, la sua voce un ronzio di desiderio inebriante. “ Dimmi cosa ti fa piacere… “ il suo corpo si muoveva su quello di Kai, un’onda di piacere che li travolgeva entrambi.
“Io… io… io voglio…” Kai era così in calore, così travolto dal desiderio che gli bruciava la pelle, che non riusciva a formulare una frase completa. Il respiro gli veniva corto e affannoso, il corpo tremava di un’eccitazione incontrollabile.
“Dimmi cosa vuoi,” rispose Hia, la voce un velluto caldo che gli accarezzava l’anima. “Dimmi, mio dolce animaletto…” Hia gli sollevò il mento con un dito, un tocco leggero ma deciso, e lo baciò. Un bacio profondo, che prometteva un piacere selvaggio.
Prima che Kai potesse rispondere, Kai lo allontanò leggermente, un sorriso malizioso sulle labbra. «Voglio… voglio essere scopato,» sussurrò Kai, la voce tremante di desiderio. «Così selvaggio… così brutalmente… fammi godere… riempimi del tuo seme… mettimi incinta…»
Hia rimase per un attimo senza parole, sorpreso e allo stesso tempo eccitato dalla audacia e dalla franchezza della richiesta. Ma la sua sorpresa lasciò presto spazio a un’ondata di piacere.
«Incinta… il mio…», pensò Hia, un sorriso malizioso che gli si dipinse sulle labbra. «Perfetto… metterlo incinta… il nostro bambino… sarebbe mio in tutto e per tutto, e sarebbe la cosa più bella al mondo.»
Quelle parole li risuonavano nella sua mente pensava tra se.
«Vuole che lo metta incinta? Non posso farlo, anche se è un omega. Chi se ne frega? “Mi ha dato il permesso”, ma è sotto effetto di droga. Posso fecondarlo con il mio seme, dopo tutto… lui mi appartiene, non del tutto, ma lo desidero così tanto. Renderlo mio… ma non posso farlo senza il suo consenso, anche se sono un Alpha dominante. “Non sono così bastardo da macchiarlo”, penso. “Non sono così cattivo…” Ma l’ho drogato. “Mi basta solo scoparlo e riempirlo con il mio seme, e sentirlo gemere così forte”.»
Quelle parole gli risuonavano nella mente, ossessive, un tormento, un’eccitazione selvaggia che gli faceva pulsare il sangue nelle vene. Pensava: “Vuole che lo metta incinta.” L’idea lo trafiggeva, un’onda di piacere e terrore.
“Non posso farlo,” si ripeteva, anche se è un omega… ma mi ha dato il suo permesso. Il permesso sussurrato, bramoso, bruciante come un marchio sulle sue labbra. “Posso fecondarlo con il mio seme; dopo tutto, mi appartiene… anche se non del tutto. “ Lo desiderava ardentemente, renderlo suo, possederlo completamente.
Ma un freno, sottile ma inesorabile, lo tratteneva. “Non posso farlo senza il suo pieno consenso, si ripeteva, anche se sono un Alpha dominante. Non sono un tiranno, non ancora.” Ma l’aveva drogato.
Il desiderio lo consumava, un’urgenza viscerale che gli faceva tremare le mani. Il calore, il profumo, il corpo dell’omega: tutto suo, tutto suo. Un gemito di desiderio gli sfuggì dalle labbra. Non era solo attrazione fisica; era un bisogno primordiale, una possessione istintiva. L’odore dell’omega, dolce e inebriante, era un richiamo irresistibile, un’eco profonda nel suo essere alfa. Doveva averlo, non solo per un momento di piacere, ma per sentirsi completo, per possedere quella parte di sé che solo l’omega poteva appagare. Il pensiero lo tormentava, un’ossessione che gli stringeva il cuore e gli accelerava il battito.
Il piacere selvaggio era solo l’inizio. Un’anticipazione del legame profondo, del marchio indelebile che avrebbe impresso sull’omega, un’affermazione di dominio assoluto. “Incinto… mio… sotto il mio completo controllo… il marchio dell’Alpha, un sigillo incancellabile del mio potere. Il suo corpo, la mia proprietà.”
Il calore della pelle di Kai contro la sua, tesa e vibrante, incendiava Hia. Il suo pene, ancora dentro Kai, pulsava di un fuoco lento e bruciante. Il lento e sensuale movimento dei fianci di Kai scatenò in Hia un'ondata di desiderio selvaggio, animalesco. Con un profondo gemito, si abbandonò all'intimità, cercando una penetrazione più profonda. I suoi morsi lasciavano segni rossi sulla pelle di Kai, impronte visibili della loro passione. Poi, sollevando una gamba, Hia ne leccò la pelle delicata, dalla coscia alla caviglia. Mordé un dito, succhiandolo con una passione divorante. Un gemito soffocato, un puro suono di piacere, sfuggì dalle labbra di Kai.
«Perché ti sei fermato?» Gemette Kai, il piacere così intenso da rendergli difficile parlare.
«Continua… ti prego… più veloce… più profondo… Sento il tuo membro che mi dilata, colpendo i miei punti più sensibili… è così intenso… così profondo… » Lacrime di piacere gli rigavano il viso, il corpo teso in un'estasi inarrestabile. «Ancora… più forte… riempimi… fino a farmi venire… » Il respiro di Kai era affannoso, caldo sulla sua pelle. Hia sentiva il battito frenetico del suo cuore, un ritmo insistente contro il suo petto. Il suo corpo tremava, un'onda di piacere che lo travolgeva completamente.
Erano in uno spazio piccolo… stavano facendo sesso selvaggio nella macchina. I vetri della macchina erano trasparenti… si vedeva ogni cosa. C’era solo un lampione che illuminava la scena… i finestrini erano ricoperti di sudore… la macchina ballava alla furia delle spinte di Hai, che infieriva su Kai. Ogni spinta era un gemito… un lamento… un grido soffocato.
Kai si aggrappò a Hia, le unghie lunghe e affilate gli si conficcarono nella schiena, lacerandogli la pelle. Il dolore acuto gli lacerava la schiena, ma era un prezzo irrilevante di fronte all'intensità del piacere selvaggio e incontrollabile che Kai gli procurava. Il sangue, caldo e viscido, colava lungo la schiena di Hia, una traccia rossa sulla sua pelle pallida. L'unico suono che contava era il gemito di Kai, un suono gutturale e vibrante che gli apparteneva, un suono che gli sussurrava la sua totale sottomissione e il suo piacere assoluto, solo per lui.
"Siamo ancora al primo round...", sussurrò Hia, la voce roca per il desiderio. "Forse dovrei fermarmi..."
Lo sperma di Kai, caldo e viscido, scivolava lungo il petto di Hia, mescolandosi al loro sudore. Il sedile, lacerato e rovinato, testimoniava l'intensità della loro passione.
Si fermò un istante. Lo sguardo, carico di una possessività intensa, diceva molto più delle parole: un desiderio oscuro, intensamente sessuale, la brama selvaggia di un uomo che non si accontentava di possederlo, ma voleva sottrargli ogni respiro, ridurlo completamente. I morsi sulle gambe, sulle braccia, sui capezzoli e sul collo, i graffi profondi sul petto di Kai, inflitti con ferocia da Hia, erano solo un assaggio. Un gemito di sottomissione gli sfuggì dalle labbra; voleva di più. Lo aveva riempito fino all'estasi, fino a farlo tremare. Il ventre di Kai pulsava ancora di calore, un'eco del piacere estremo. Si fermò un istante. Lo sguardo, carico di una possessività intensa, diceva molto più delle parole: un desiderio oscuro, intensamente sessuale, la brama selvaggia di un uomo che non si accontentava di possederlo, ma voleva sottrargli ogni respiro, ridurlo completamente. I morsi sulle gambe, sulle braccia, sui capezzoli e sul collo, i graffi profondi sul petto di Kai, inflitti con ferocia da Hia, erano solo un assaggio. Un gemito di sottomissione gli sfuggì dalle labbra; voleva di più. Lo aveva riempito fino all'estasi, fino a farlo tremare. Il ventre di Kai pulsava ancora di calore, un'eco del piacere estremo.
L'estrazione del pene causò una fuoriuscita di sperma, macchiando i pantaloni di Hia e il sedile dell'auto.
"Maledizione! Mi hai sporcato il sedile! L'avevo appena lavato... e sai quanto mi è costata la pulizia di questa macchina?!"
“Un altro round, piccolo… non sono ancora sazio,” sussurrò, la voce roca di desiderio. Le dita di Hia, ruvide e possessivi, gli strinsero un capezzolo, un tocco ruvido ma intenso. "Ti riempirò, ti dilaterò… fino a farti dimenticare ogni altro uomo. Sentirai il mio peso, la mia lingua… ti brucerò, ti farò urlare il mio nome. Ricorda: sei mio. Obbedisci.” La bocca gli sfiorò il collo, un bacio profondo e vorace. Le loro lingue si intrecciarono, un vortice di passione inarrestabile.
Con lo sguardo fisso sui suoi capezzoli turgidi, Hia sfiorò il mento di Kai con un dito, poi fece scivolare la carezza lungo il suo corpo, sempre più insistente, fino all'ombelico. Lì, disegnò un cerchio lento e sensuale, una tortura dolce sulla pelle di Kai, prima di abbassarsi sui capezzoli, mordendoli e succhiandoli con una violenza sensuale. Il sangue sgorgò, mescolandosi alla saliva di Hia, un marchio indelebile del suo dominio. "Mi hai lasciato il segno, maledetto scemo! Ora i miei capezzoli mi fanno male!" gridò Kai, un misto di dolore e piacere nella voce. Hia sorrise, un sorriso malizioso che le curvava le labbra. "Non ti preoccupare," sussurrò, "non abbiamo ancora finito. Sentirai ancora più piacere."
«Chiudi gli occhi.» Lui ubbidì senza storie. «È proprio un cagnolino ubbidiente», disse Hia con un sorrisetto malizioso. Dal cruscotto della macchina tirò fuori alcuni oggetti, uno dopo l'altro. Il primo era un giocattolo, un sex toy dalla forma insolita. Chissà se è troppo grosso per lui? pensò. Forse non dovrei usarlo… ma si merita una punizione per avermi sporcato il sedile.
Hia si chinò su Kai, la cintura una promessa di piacere e di sofferenza. Con un sorriso malizioso, legò i suoi polsi, stringendo con precisione. "Cosa... cosa stai facendo?" sussurra Kai, il corpo teso in un'attesa febbrile, il piacere e il dolore già intrecciati."
“Lasciati andare,” sussurrò Hia, la voce roca di desiderio. Kai obbedì, i muscoli delle spalle tesi, ma un tremore impercettibile gli scuoteva le mani. Così ubbidiente… Un brivido gli percorse la schiena. Con un sorriso lento e sensuale, estrasse un vibratore dal cruscotto. Perfetto. La punizione perfetta per quella macchia… Lo strinse tra le dita, sentendone la liscia superficie contro la pelle. Un modo per cancellare il disordine, per crearne uno nuovo. “Questo è per te, piccolo,” sibilò Hia, la voce appena udibile. “Preparati a ricevere la tua punizione…”
Questo è solo l'inizio, tesoro," sussurrò Hia, le manette che si chiudevano con un clic preciso sulle caviglie di Kai. "Il tuo corpo è mio, e ti mostrerò cosa significa vero piacere."
“Non sbirciare, piccolo monello, o la punizione sarà doppia.” Una pausa carica di attesa, poi, con voce bassa e sensuale: “Lasciati travolgere dal vortice di piacere che ti offrirò.”
"Non trattenere i tuoi gemiti, piccolo; sono la mia musica. Preparati a scoprire quanto puoi sopportare e quanto puoi desiderare... Urla forte, perché i tuoi gemiti sono la mia droga. Ora vediamo cosa succede quando il piacere diventa tortura."
Un brivido, un'ondata di piacere e di terrore, lo percorse. Il suo membro si irrigidì, una risposta involontaria al tormento dolce che gli infliggeva Hia. "Apri gli occhi..." sibilò Hia, la voce una carezza che nascondeva un'intenzione perversa.
Kai aprì gli occhi, trafitto dalla consapevolezza della sua vulnerabilità. Legato e con le gambe divaricate, era indifeso. Il suo ano, dilatato e umido, era un invito alla dominazione. L’estasi imminente, un misto di piacere e dolore, lo trascinava in un’esperienza intensa e incontrollabile
“Dalla mano di Hia spuntava un grosso vibratore, pulsante e minaccioso. Un sorriso malizioso le contorceva le labbra mentre pensava: «Lo infilerò dentro di lui, a forza, senza un briciolo di lubrificante. Il dolore, il modo in cui si contrae… è una droga, un piacere selvaggio e inebriante».
Dopo che Kai staccò i fili che tenevano in vita Kit, quest'ultimo ebbe un arresto cardiaco. Il suo cuore si fermò per un secondo. Il perché Kai si fosse spinto così lontano nell'intento di uccidere Kit restava un mistero. Da allora, Kai era sotto osservazione medica e sotto inchiesta della polizia. Il detective della polizia di Bangkok, amico intimo della famiglia Levi, aveva dislocato uomini sia all'interno che all'esterno dell'ospedale, mantenendo una sorveglianza costante. Da quell'episodio, non si verificarono altri eventi significativi; Kit rimaneva in coma. Dopo che Kai staccò i fili che tenevano in vita Kit, quest'ultimo ebbe un arresto cardiaco. Il suo cuore si fermò per un secondo. Il perché Kai si fosse spinto così lontano nell'intento di uccidere Kit restava un mistero. Da allora, Kai era sotto osservazione medica e sotto inchiesta della polizia. Il detective della polizia di Bangkok, amico intimo della famiglia Levi, aveva dislocato uomini sia all'interno che all'esterno dell'ospedale, mantenendo una sorveglianza costante. Da quell'episodio, non si verificarono altri eventi significativi; Kit rimaneva in coma.
"Adesso ci divertiamo un po'," sibilò Hia, la sua mano che afferrava la gamba di Kai con una presa possessiva. L'eccitazione era evidente nel suo sguardo, una predatrice che si preparava a divorare la sua preda. Aprì le gambe di Kai con un gesto deciso, e il vibratore era lì, un'arma pronta per essere usata. Ma prima, Hia volle il suo gioco preliminare. La sua lingua si mosse tra le sue palle, poi si insinuò tra le sue natiche, esplorando il suo ano. I gemiti soffocati di Kai erano una melodia per le sue orecchie. "Non temere, piccolo," sussurrò Hia, "io so cosa ti piace. Io decido quando gemerai, quando griderai." Kai era in suo potere, completamente a sua disposizione.
"Solo io," sussurrò Hia, la sua voce una carezza che si insinuava nell'anima di Kai. "Gemi per me, piccolo. Lasciati dominare, lasciati possedere." La sua mano si mosse sul pene di Kai con una maestria che lasciava senza fiato. La lingua, poi, una penetrazione profonda e lenta che lo portava sull'orlo dell'estasi. "Più... più a fondo..." implorò Kai, la voce un sussurro di resa. L'orgasmo lo travolse, un'esplosione di piacere che lo lasciò esanime tra le braccia di Hia.
"Ora, piccolo," disse Hia, la sua voce una carezza che si insinuava nell'anima di Kai. "Sei pronto a ricevere il tuo premio?" Il viso di Kai era rosso, sudato, e i suoi occhi esprimevano una mescolanza di terrore e di eccitazione. L'aria nella macchina era densa, carica di un'energia sessuale palpabile. Hia sollevò il vibratore, un'arma di piacere che avrebbe usato per dominarlo completamente.
Hia leccò la punta del vibratore, un gesto quasi sadico che preannunciava il piacere che stava per infliggere. Lo avvicinò all’ano di Kai, stuzzicandolo con una precisione brutale. Il brivido di Kai fu istintivo, un’ondata di piacere e terrore. “Non fare il duro,” sibilò Hia, la voce dura e decisa. “Rilassati, o ti farò davvero male.” La punta del vibratore si insinuò dentro, facendo sussultare Kai. Hia manovrava il vibratore con violenza controllata, spingendolo a fondo e ritraendolo con un movimento brusco, un ritmo selvaggio che lasciava Kai senza respiro. Il suo respiro era affannoso, la sua eccitazione palpabile.
Tong rimase in ospedale per alcuni giorni, non volendo lasciare il suo amico solo. Nonostante la presenza della polizia, non si fidava, soprattutto del detective Mark. Ogni giorno trovava la stanza invasa da fiori per il suo amico, ma li gettava sempre nella spazzatura. Oltre ai fiori, c'erano anche bigliettini, che stracciava e buttava via con i fiori. "Stronzo," sibilò, "pensi di poter ingannare gli altri, ma non me. Se ti avvicini ancora a lui, ti uccido."
Tong tirò fuori il cellulare, le mani tremanti, e compose il numero. "Pronto! Quel bastardo è tornato! Sai cosa cazzo devi fare?! Non deludermi, o giuro che..." la chiamata finì con un'impeto di rabbia repressa. Si lasciò cadere sulla sedia, lo sguardo fisso su Kit, intubato e immobile. Giorni infiniti da quell'inferno d'incidente. La notizia lo aveva colpito come un pugno nello stomaco; era corso in ospedale, ma il dolore era troppo grande, la disperazione lo stava divorando. Il pensiero di dire a Kit che suo fratello era morto lo faceva tremare.
Sentì un clic, il girare lento della maniglia. Scattò in piedi. La porta si aprì lentamente. Si nascose dietro di essa, in attesa. Quando entrò, Tong era pronto ad aggredire, ma si fermò all'istante. Stava per uccidere l'infermiera. La donna, terrorizzata, lasciò cadere il vassoio con le siringhe e la flebo. Solo la flebo rimase intatta; le siringhe si frantumarono, i pezzi sparsi sul pavimento. Tong si scusò, la donna lo calmò, assicurandogli che non era successo nulla.
“Mi scusi, non volevo. Mi dispiace molto. Lasci che pulisca io; non voglio che si faccia male.” Tong prese scopa e paletta, raccogliendo i frammenti di siringa. L’infermiera lo ringraziò con un sorriso. Uscita per prendere altre siringhe, al ritorno trovò Tong che l’osservava intensamente mentre lei finiva il lavoro e lasciava la stanza.
Si fece sera. Tong, come sempre, puliva il corpo di Kit. Lo sguardo gli cadde sulla cicatrice nel petto: Kit era stato operato al cuore e necessitava di un trapianto urgente. Nell'incidente, un pezzo di metallo gli si era conficcato nel petto, vicino al cuore, compromettendo gravemente le sue condizioni. La tragedia non si era limitata a lui: il fratello aveva subito un destino ancora più crudele; il suo cervello aveva cessato di funzionare, ma alcuni organi erano ancora utilizzabili. Gli amici, dopo una difficile discussione, firmarono i moduli per il trapianto. Così, il cuore del fratello ora batteva nel petto di Kit.
***Scarica NovelToon per godere di un'esperienza di lettura migliore!***
Comments