Il suono della valigia che rotolava sull'asfalto rotto era tutto ciò che si sentiva nella via tranquilla. Kian si fermò davanti al portone 7B, lasciando uno sguardo curioso all'edificio a due piani, dall' intonaco un po' scrostato e le persiane in legno dipinte di blu marino.
-Carino,- disse tra sé, stringendo il manico della valigia. Aveva il sorriso di chi non vede l'ora di iniziare una nuova avventura, anche se non sapeva ancora lo aspettasse dietro quella porta.
Salì i tre gradini e bussò.
Dall'altra parte si sentì uno spostamento rapido, quasi nervoso. Qualche secondo dopo, la porta si aprì lentamente, rivelando un ragazzo più alto, con capelli neri, occhiali e un'espressione diffidente stampata sul volto.
Oliver Carter.
-Sei Kian Bennett?- chiese con voce bassa, ma precisa.
Kian spalancò un sorriso smagliante. -Ciao. Tu devi essere Oliver Carter.-
Oliver annuì, spostandosi di lato per farlo entrare. La casa profumata di tè verde e libri vecchi.
-La tua stanza è in fondo al corridoio, sulla sinistra. Il bagno è condiviso. Regole semplici: niente musica alta, niente feste in casa e- -Aspetta aspetta, hai tipo un regolamento?- Kian rise, poggiando la valigia. -Ok, signor perfetto. Posso almeno cucinare qualcosa ogni tanto senza essere sfrattato?-
Oliver lo fissò un momento. -Solo se non dai fuoco l'intera casa.- Kian fece un gesto teatrale con la mano. -Affare fatto.-
Kian non era granché abituato a tutte queste regole, perché era quello che faceva prima che si trasferisse nell'appartamento 7B. Decide di andare nella sua stanza per vedere com'è. -Che stanza grande!- Vide tutta la casa e gli piacque molto.
Il giorno dopo Kian si alzò tardi (che sempre) e vide Oliver in cucina con una felpa larga grigia, scura che stava bevendo una tazza di caffè -Era ora che ti svegliavi.- -Sei uno mattiniero, vedo. Che ne dici di andare da qualche parte?- -No.- -E dai, ti prometto che ti porterò nel tuo posto preferito. Ti prego!- Oliver ci pensò su per un po' mentre sorseggiava il suo caffè, appoggiò delicatamente la tazza di caffè sul tavolo e poi sospirò -Va bene. Solo perché poi andiamo nel mio posto preferito.- Kian sorrise -Grazie!-
Uscirono di casa e andarono a fare una piccola passeggiata, si fermarono e si sedettero su una panchina.
-Allora dimmi qualcosa di te.- -Non ne voglio parlare.- -E perché no?- -Ho le mie ragioni.- Kian era un pochino sorpreso ma annuì -Capisco. Sono spagnolo da parte di mio padre. Mi piace la musica pop e il rap- Oliver lo interruppe un secondo. -È per questo che sei molto rumoroso :/. Kian rise ironicamente -Spiritoso. Comunque, non mi piace svegliarmi la mattina come fai tu- -Scommetto che facevi ritardo a scuola. Visto che non mi interessa granché di te, vado nel mio posto preferito. Tu puoi rimanere anche qui. Ci vediamo a casa- -Ehi, aspettami. Non lasciarmi da solo.-
Arrivano davanti un a un edificio grande e un po' vecchiotto. -Sul serio? Il tuo posto preferito è la biblioteca? Che noia.- Oliver era un pochino stufo di sentire tutte le lamentele di Kian e si arrabbiò un pochino.
-Ci sarà una ragione sul perché è il mio posto preferito!- Kian si sorprese. Non immaginava che Oliver si potesse arrabbiare così. -Wow, scusa.- Oliver si calmò un attimo. -Scusa.- Entrarono in biblioteca, Oliver prese in prestito dei libri e poi tornarono a casa.
Passò qualche settimana. L'autunno aveva tinto le foglie di rame e arancio, e un vento sottile attraversava le fessure delle finestre con un sibilo basso e costante. La casa era più silenziosa del solito.
Oliver abbassò il libro che stava leggendo sul divano quando sentì un colpo di tosse profondo, seguito da un rumore secco di passi incerti nel corridoio. Si alzò e andò verso la porta della camera di Kian. Bussò piano.
-Kian?-
Nessuna risposta. Solo un altro colpo di tosse, più debole.
Aprì la porta senza attendere. La luce tenue filtrava dalla finestra. Kian era raggomitolato nel letto, le coperte fin quasi sopra il naso, le guance rosse per la febbre e gli occhi semichiusi.
-Cavolo...- mormorò Oliver, avvicinandosi. -Hai la febbre alta. Ti vesti troppo leggero e siamo in autunno.-
Kian sorrise leggermente, con occhi lucidi. -Sei spiritoso anche quando il tuo coinquilino sta male? E comunque sto bene, è solo una piccola febbre. Starò bene in pochissimo tempo.-
Oliver sospirò e alzò gli occhi al cielo, inginocchiandosi accanto al letto. Gli posò una mano sulla fronte. Bollente. -Sta' zitto, idiota.- -Aaaw. Cos'è, ti preoccupi per me?- Kian tossì di nuovo. -È la prima volta che mi insulti con preoccupazione nella voce.-
Oliver ignorò il commento e si alzò in piedi. -Hai mangiato qualcosa? Bevuto?- -Non ne ho bisogno. Sto bene, tu ritorna dai tuoi libri vecchi.- Oliver se ne andò e dieci minuti dopo tornò con un vassoio: tè allo zenzero, una ciotola di brodo caldo e due pasticche di tachipirina.
-Mi stai viziando?- scherzò Kian, con voce roca. Oliver gli porse la tazza senza dire nulla, ma il modo in cui lo guardava... c'era qualcosa di diverso. Più morbido. Più umano. -Sei fastidioso quando stai bene, ma detestabile quando stai male.- mormorò, sistemandogli meglio le coperte.
Kian sorrise piano e poi chiuse gli occhi. Oliver rimase lì per un po'. Seduto sul bordo del letto, in silenzio, a guardarlo. Prese un panno freddo, ma quando sfiorò il ciuffo marrone sulla fronte per mettere il panno freddo, si rese conto che quel gesto non aveva nulla di razionale.
Dopo qualche giorno Kian si riprese del tutto e tornò a essere il solito rumoroso.
-Forse mi sono pentito di prendermi cura di te quella volta 😑-
-Dai, so che sotto sotto eri preoccupatissimo per me 😏- Oliver non rispose e gli diede un paio di calzini.
-Invece di sapere se ero preoccupato per te, pensa a non mischiare i miei vestiti ai tuoi, grazie.-
-Si, come no. Stai evitando l'argomento perché ti stai imbarazzando.- Mentre Kian parlava, Oliver si toccava il ciuffo sopra la sua fronte e stava leggermente arrossendo. -Perché? Non posso preoccuparmi per una persona?
Kian lo guardò e si sedette davanti a lui. -Scusa, non volevo.- Oliver si accorse quello che stava facendo e si riprese. -Scusa, non è da me arrossire. Dimentica quello che ho detto. Vado a riposare in camera mia.-
Kian se ne andò in camera sua e ripensò alle parole di Oliver, ma non si dava troppe arie.
Passarono alcune settimane, e Oliver stava sul divano a parlare al telefono con sua sorella con un tono più dolce del solito.
-Sì, Nee-chan...lo so. Non preoccuparti, non scapperò di nuovo. Ci sarò alla cena, ciao.- Sorride un pochino, poi guardò Kian che lo osservava da lontano.
Kian con un sorriso curioso. -Nee-chan? Chi è? La tua ragazza?
-Se fosse la mia ragazza ti avrei detto che sono affari miei e, comunque è mia sorella maggiore. È l'unica persona della mia famiglia con cui parlo ancora...- Kian si avvicinò piano. -Vuoi dire che non hai un bel rapporto con la tua famiglia?-
-Non mi piace parlare molto della mia famiglia, perché mi fa ripensare alle cose brutte che mi hanno fatto.
È da quando sono piccolo che la mia famiglia non mi accetta. Volevano che nascesse una femmina, ma sono nato maschio. Nella mia famiglia la maggior parte degli eredi della casa di famiglia sono donne.
Una volta hanno cercato di minacciarmi, però mia sorella cercava il più possibile di difendermi, ma non volevo protezione. E da quel giorno sono "odiato" dalla mia famiglia, e tra pochi giorni avrò una cena con tutta la famiglia.-
-Ti capisco, anche io non ho un bel passato. Ho avuto più meno un trauma, perché sono stato abbandonato dai miei genitori e quindi ho dovuto vivere con mia nonna. Ho imparato molto da lei, e mi ha insegnato che si devono affrontare le cose a schiena dritta e testa alta.-
-Tu, però ci riesci... ad affrontare le cose...
Kian si sedette accanto a Oliver, un po' più vicino del solito. -Parlando di altro mi piace come parli in giapponese 😏. Ha un suono più morbido e tranquillo.- Oliver lo guardò un attimo, poi abbassò gli occhi. -Non lo faccio spesso. È come... se fosse troppo personale.-
Kian con voce più bassa e profonda. -Voglio sentire come parli in giapponese.- Oliver diventò serio e di poco imbarazzo. -No, ci parlo solo con mia sorella e non voglio.-
Kian non insistette, ma sorrise.
Passano pochi giorni e arriva il giorno in cui Oliver deve andare alla cena di famiglia, ma Oliver era molto in ansia: si capiva perché faceva avanti e indietro nella sua camera, sfogliava libri per distrarsi, vedeva ogni volta il vestito, si mangiava le unghie. Kian si stava un po' preoccupando e decise di fermarlo.
-Oliver, fermo. Respira, vedrai che andrà bene questa cena.-
-Scusa. Non riesco a concentrarmi. Non so cosa mi prende.-
-È soltanto una piccola ansia. Devi soltanto rilassarti, non pensare a niente e l'ansia se ne andrà.-
-Ok. -Oliver eseguì quello che disse Kian e si calmò. Poi disse un po' imbarazzato. -Grazie.-
Kian si sorprese, ma sorrise. -De nada ;).-
Oliver andò a mettersi un vestito minimalisto, scarpe nere e si pettinò i capelli senza capelli e si tolse gli occhiali. -Perché non ti sei fatto la coda come sempre?- -Perché a mia nonna non piace quando lo faccio.-
Kian rimase un po' sconvolto, ma lo lasciò attraversare la porta per poi rimanere da solo in casa.
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