Alisia aveva solo vent’anni, un’età in cui il mondo sembra pieno di opportunità e la vita si presenta come un quadro da dipingere. Era una ragazza bella, ambiziosa, con un sorriso che incantava chiunque la incontrasse. Viveva in una piccola città del Nord Italia, ma sognava un futuro ben lontano da quelle strade strette e silenziose. Sognava Milano, Parigi, New York. Voleva essere qualcuno.
Un giorno, durante un festival cinematografico locale, Alisia incontrò un regista sconosciuto. Era un uomo carismatico, con un’aria misteriosa e una passione contagiosa per il cinema. Lui vide in lei qualcosa di speciale, forse una bellezza che sarebbe stata perfetta per uno schermo. I loro incontri furono brevi, intensi, pieni di promesse sussurrate e sogni condivisi sotto il cielo stellato. Non c’era amore, non c’era impegno. Era solo un momento, un’illusione che li avvolgeva come una bolla fragile.
Ma la realtà infranse quella bolla quando Alisia scoprì di essere incinta. Ricorda ancora la sensazione di gelo che le attraversò il corpo quando il medico le diede la notizia. Aveva vent’anni, nessuna stabilità economica, nessuna famiglia su cui contare, e un futuro che sembrava svanire come sabbia tra le dita.
Decise di dire tutto al regista, ma lui reagì come lei aveva temuto. "Non posso prendermi questa responsabilità," le disse con uno sguardo che evitava il suo. Fu l’ultima volta che lo vide.
Quando nacque Andrea, Alisia lo tenne tra le braccia per la prima volta in una stanza d’ospedale bianca e fredda. Il bambino era bellissimo, con occhi grandi e curiosi che sembravano scrutare il mondo con innocenza. Ma ogni volta che lo guardava, Alisia sentiva il peso della sua scelta. Crescere un bambino significava rinunciare a tutto ciò che aveva sognato. Significava restare bloccata in una vita che non aveva mai desiderato.
Un mese dopo, prese la decisione che l’avrebbe tormentata per sempre. Portò Andrea in un orfanotrofio in una città vicina. Con il cuore spezzato, lo lasciò lì, convincendosi che fosse per il suo bene. “Avrà una vita migliore,” si ripeteva. Ma anche mentre pronunciava quelle parole, una parte di lei sapeva che stava mentendo a se stessa.
Gli anni passarono, e Alisia si costruì una nuova vita. Si trasferì a Milano, dove il suo talento come designer la portò a diventare una figura di spicco nel mondo della moda. Si fece un nome, guadagnò soldi, viaggiò per il mondo. La sua vita era piena di lusso e glamour: serate a eventi esclusivi, vacanze in località esotiche, una schiera di amici influenti. A chiunque la incontrasse, sembrava che Alisia avesse tutto.
Ma nessuno sapeva del segreto che portava nel cuore. Nessuno sapeva del bambino che aveva lasciato. Per anni cercò di seppellire quel ricordo, di convincersi che aveva fatto la scelta giusta. Ma ogni tanto, nelle notti più silenziose, il suo pensiero tornava a quel piccolo volto che aveva abbandonato.
Nel frattempo, Andrea cresceva. L’orfanotrofio non era un posto facile, ma lui era un ragazzo forte, determinato. Fin da piccolo aveva una passione per il calcio. Il pallone era la sua via di fuga, il suo rifugio. Sul campo, poteva dimenticare tutto: l’abbandono, il dolore, la solitudine. Lì era libero.
Andrea si allenava duramente ogni giorno, con una determinazione che lasciava senza parole i suoi allenatori. Non aveva una famiglia che lo sostenesse, ma aveva un obiettivo: diventare qualcuno, dimostrare al mondo – e forse anche a sua madre – che non era stato un errore.
A diciotto anni, Andrea era già una promessa nel mondo del calcio. Squadre importanti cominciavano a notarlo, i giornalisti scrivevano articoli su di lui. Ma nonostante il successo crescente, c’era un vuoto dentro di lui che nessuna vittoria poteva colmare. Non aveva mai smesso di pensare a sua madre.
Non sapeva nulla di lei. Non conosceva il suo volto, il suo nome, la sua voce. Ma sentiva il bisogno di trovarla, di guardarla negli occhi e chiederle: “Perché mi hai lasciato?” Non cercava perdono. Cercava risposte. E forse, in fondo al cuore, cercava anche vendetta.
Una sera, dopo un’importante partita che aveva portato la sua squadra alla vittoria, Andrea prese una decisione. Sarebbe andato a cercare Alisia. Non gli importava quanto tempo ci sarebbe voluto, né quante porte avrebbe dovuto bussare. Voleva trovarla.
Nel frattempo, Alisia continuava la sua vita brillante e perfetta. Era diventata una donna sicura di sé, ammirata e invidiata da molti. Ma c’era una parte di lei che restava fragile, una crepa invisibile sotto la superficie scintillante. Non avrebbe mai immaginato che il passato che aveva cercato così duramente di dimenticare fosse ormai a pochi passi da lei.
E così, i destini di Alisia e Andrea cominciarono ad avvicinarsi, come due linee parallele che, contro ogni logica, stavano per incrociarsi. Ma quando quelle linee si sarebbero incontrate, nulla sarebbe più stato lo stesso.
Andrea non aveva molti indizi su sua madre. L'unica cosa che sapeva era che lo aveva lasciato in un orfanotrofio a pochi mesi dalla sua nascita. Per anni, aveva cercato di ignorare quella ferita, di concentrarsi sul calcio e di seppellire i suoi sentimenti sotto la grinta e la determinazione. Ma ora, a diciotto anni, con il mondo che finalmente cominciava a notarlo come una giovane stella del calcio, si sentiva pronto a scavare nel suo passato.
Dopo settimane di riflessioni, Andrea decise di iniziare da dove tutto era cominciato: l'orfanotrofio. Ritornare in quel luogo fu difficile. I ricordi delle lunghe notti di solitudine e dei giorni in cui desiderava disperatamente una famiglia gli tornarono alla mente con una forza inaspettata. Parlò con suor Teresa, una delle poche persone dell'istituto che lo avesse sempre trattato con affetto.
La suora lo accolse con un sorriso dolce e triste allo stesso tempo. "Andrea, sapevo che un giorno avresti cercato di scoprire di più sulla tua famiglia." Gli porse un vecchio fascicolo con il suo nome. "Questo è tutto ciò che abbiamo su tua madre. Non è molto, ma spero che ti aiuti."
Con mani tremanti, Andrea aprì il fascicolo. All'interno trovò il suo certificato di nascita e una vecchia fotografia di una giovane donna dai capelli castani e dagli occhi profondi. Era sua madre, Alisia. Sotto la foto, c’era il suo nome completo: **Alisia Conti**.
La sua ricerca aveva finalmente un punto di partenza. Andrea usò il nome per scavare in internet, cercando informazioni su di lei. Non ci volle molto per scoprire che Alisia Conti era una donna ben nota nel mondo della moda. Foto di sfilate, articoli di riviste di lusso, interviste: tutto indicava che la sua vita era stata un successo straordinario.
Guardare quelle immagini fece salire in Andrea una rabbia che non riusciva a controllare. Mentre lui cresceva senza genitori, combattendo per tutto ciò che aveva, lei viveva una vita piena di privilegi, fama e lusso. Come aveva potuto lasciarlo e poi vivere senza alcun rimorso?
Andrea decise di recarsi a Milano, dove Alisia viveva e lavorava. Era una città caotica, piena di vita, molto diversa dai luoghi in cui era cresciuto. Con il poco denaro che aveva, affittò una stanza in un piccolo appartamento e cominciò a pianificare il suo prossimo passo.
Nel frattempo, Alisia continuava la sua vita senza sospettare nulla. Era nel pieno della preparazione di una nuova collezione, immersa nei dettagli dei tessuti e delle sfilate. Per lei, il lavoro era una fuga, una distrazione da quei rari momenti di solitudine in cui il ricordo di Andrea tornava a tormentarla.
Una mattina, Andrea si presentò davanti alla sede della casa di moda di Alisia. Non era ancora pronto a incontrarla di persona; voleva osservarla da lontano, capire chi fosse realmente. Rimase appostato per ore, fino a quando la vide uscire.
Il cuore gli batté forte nel petto. Era la prima volta che la vedeva di persona. Era elegante, sicura di sé, con un portamento che trasmetteva autorità. Ma per Andrea, era semplicemente la donna che lo aveva abbandonato.
Andrea la seguì a distanza, cercando di non farsi notare. Alisia entrò in un caffè elegante e si sedette a un tavolo vicino alla finestra. Parlava al telefono, sorridendo ogni tanto, come se la sua vita fosse priva di preoccupazioni. Per Andrea, quel sorriso fu come una pugnalata. Come poteva essere così serena, mentre lui aveva sofferto così tanto?
Tornato nel suo appartamento quella sera, Andrea non riusciva a smettere di pensare a lei. La rabbia e la curiosità si mescolavano dentro di lui, creando un tumulto di emozioni. Aveva bisogno di affrontarla, ma come? Non voleva semplicemente presentarsi e chiederle spiegazioni. Voleva farle capire cosa significava essere abbandonato, cosa significava crescere senza una madre.
Passarono alcuni giorni, durante i quali Andrea continuò a seguire Alisia, studiando ogni suo movimento. Scoprì i suoi ritmi, i suoi luoghi preferiti, le persone con cui lavorava. Ogni dettaglio gli serviva per costruire il momento del confronto.
Ma mentre Andrea pianificava, dentro di lui cominciava a crescere una domanda che non poteva ignorare: cosa sperava davvero di ottenere da tutto questo? Una vendetta? Una spiegazione? O forse, in fondo al cuore, sperava ancora di trovare un po' di amore da quella donna che lo aveva messo al mondo?
Un pomeriggio, mentre Alisia passeggiava sola in un parco vicino al suo appartamento, Andrea decise che era arrivato il momento. La seguì fino a una panchina dove si era seduta, con uno sguardo stanco ma sereno. Si avvicinò lentamente, il cuore che batteva come un tamburo nel petto.
"Alisia Conti?" disse con una voce ferma ma carica di emozione.
Alisia alzò lo sguardo, sorpresa. I suoi occhi incontrarono quelli di Andrea, e per un momento sembrò confusa. Ma poi qualcosa nel suo sguardo cambiò. Forse era il modo in cui quegli occhi le ricordavano qualcuno. Forse era una sensazione che non riusciva a spiegare.
"Sì, sono io," rispose, con una leggera esitazione. "Ci conosciamo?"
Andrea rimase in silenzio per un attimo, fissandola. Poi, con un sorriso amaro, disse: "Non ancora. Ma sono tuo figlio."
Le parole colpirono Alisia come un fulmine. Rimase immobile, il volto che si riempiva di incredulità e shock. E in quel momento, capì che il passato che aveva cercato di seppellire era tornato per chiederle conto.
Alisia rimase congelata sulla panchina, come se il mondo intorno a lei si fosse fermato. Le parole di quel ragazzo – *“Sono tuo figlio”* – continuavano a rimbombare nella sua mente. Guardava Andrea, cercando di trovare una risposta, qualcosa da dire, ma ogni parola sembrava svanire prima ancora di essere pronunciata.
Andrea, d’altra parte, la fissava con una miscela di rabbia e dolore. Dopo anni di attesa e ricerca, finalmente si trovava di fronte a lei. Ma invece di provare soddisfazione, si sentiva invaso da un’ondata di emozioni contrastanti. Non era solo rabbia: c’era delusione, curiosità, e forse una piccola parte di lui sperava ancora in qualcosa di diverso.
"Andrea..." Alisia sussurrò infine, quasi incapace di credere a ciò che stava accadendo. Non aveva mai dimenticato quel nome. Nonostante tutti i suoi sforzi per andare avanti, il ricordo di quel bambino che aveva lasciato non l’aveva mai davvero abbandonata.
"Così, te lo ricordi," disse Andrea, con un sorriso amaro. "Non ti sei mai preoccupata di cercarmi, ma almeno il mio nome non l’hai dimenticato. Complimenti."
Alisia sentì una fitta al cuore. Ogni parola di Andrea era una freccia che colpiva direttamente la sua coscienza. "Io... io non sapevo come affrontarlo," balbettò. "Ero giovane, spaventata... Ho pensato che fosse meglio per te, per entrambi."
Andrea rise, una risata fredda e priva di gioia. "Meglio per me? Davvero? Sai com'è crescere in un orfanotrofio, sentendoti indesiderato ogni singolo giorno? Sai com'è guardare gli altri bambini essere adottati, mentre tu rimani lì, a chiederti perché tua madre ti ha lasciato?"
Alisia abbassò lo sguardo. Non aveva risposte per lui. Ogni scusa che aveva preparato nella sua mente negli anni sembrava vuota, insignificante davanti alla realtà del dolore di Andrea.
"Non ti interessa nemmeno sapere chi sono diventato, vero?" continuò lui, con la voce che si spezzava leggermente. "Non ti interessa sapere che sono un calciatore, che mi sono fatto strada da solo senza nessun aiuto? Non hai mai voluto sapere nulla di me."
Alisia alzò lo sguardo, i suoi occhi pieni di lacrime. "Andrea, non è vero. Ho sempre pensato a te. Ogni giorno. Ma ero troppo codarda per affrontare ciò che avevo fatto."
Andrea scosse la testa, allontanandosi di qualche passo. "Pensare non è abbastanza, Alisia. Non cancella gli anni di sofferenza. Non cancella il fatto che mi hai abbandonato come se fossi niente."
Il silenzio calò tra loro, interrotto solo dal rumore lontano del traffico e dal canto degli uccelli. Alisia si alzò dalla panchina, cercando di avvicinarsi ad Andrea. Ma lui fece un passo indietro, alzando una mano per fermarla.
"Non ti ho cercata per ascoltare le tue scuse," disse con freddezza. "Ti ho cercata perché voglio che tu provi almeno una parte del dolore che ho dovuto sopportare. Voglio che tu sappia cosa significa essere rifiutati."
Alisia si sentì crollare. Non aveva mai pensato che questo giorno sarebbe arrivato, e ora si rendeva conto di quanto fosse impreparata. Andrea non era più un bambino, era un uomo con una forza e una rabbia che lei non poteva ignorare.
"Andrea, ti prego, lasciami spiegare," implorò. "Dammi una possibilità per rimediare, per farti capire che non ti ho mai dimenticato."
Ma Andrea non era disposto ad ascoltare. "Non voglio le tue spiegazioni," disse con fermezza. "Non ti ho cercata per sentirmi dire che ti dispiace. Voglio che tu sappia cosa significa perdere tutto, esattamente come è successo a me."
Con queste parole, si voltò e se ne andò, lasciando Alisia sola sulla panchina, con il cuore spezzato e le lacrime che le scorrevano sul viso.
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Nei giorni successivi, Alisia non riuscì a pensare ad altro. La presenza di Andrea aveva riaperto ferite che aveva cercato di seppellire per anni. Ogni sua parola le tornava in mente, come un eco doloroso che non riusciva a fermare.
Nel frattempo, Andrea continuava a seguire Alisia da lontano. Non era pronto a lasciarla andare. Anche se le sue parole erano state dure, c’era una parte di lui che desiderava disperatamente un legame, una spiegazione che potesse alleviare il vuoto che sentiva.
Un giorno, mentre Alisia si trovava nel suo studio a lavorare, ricevette un biglietto anonimo. Sopra c’era scritto solo: *"Se vuoi dimostrarmi che ti importa, incontrami domani al campo da calcio vicino a Parco Sempione. Ore 16:00."*
Alisia riconobbe subito la mano di Andrea. Il suo cuore cominciò a battere più forte. Non aveva idea di cosa aspettarsi, ma sapeva di non poter ignorare quell’opportunità.
Il giorno seguente, Alisia arrivò al campo puntuale. Andrea era già lì, con un pallone tra le mani. La guardò senza dire una parola, indicando il campo.
"Vieni," disse con tono neutro. "Voglio mostrarti una parte della mia vita. Una parte che ti sei persa."
Alisia, nonostante il cuore che le batteva forte, lo seguì. Non sapeva cosa Andrea avesse in mente, ma era disposta a fare qualsiasi cosa per cercare di colmare quel baratro tra loro.
E così, sotto il sole del pomeriggio, madre e figlio si trovarono finalmente insieme, su un campo che sarebbe diventato il teatro del loro confronto, della loro rabbia, ma forse anche di una possibile riconciliazione.
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