La famiglia Pensharst era salita al trono ormai da qualche anno, ma sembrava che i rivali non avessero ancora accettato la sconfitta e questo continuava a creare non pochi problemi nella vita di tutti i giorni.
La guerra si era appena conclusa, aveva visto molti morti sia da un lato che dall'altro decimando i nobili del regno.
Le campagne erano state devastate da anni di conflitti e avevano costretto i regnanti a lasciare le loro proprietà di periferia preferendo le residenze cittadine.
Ancora molto tempo sarebbe servito per far dimenticare a tutti quegli anni bui che avevano straziato il paese e il re sapeva bene che era suo dovere favorire la ripresa dell economia agricola che avrebbe calmato i prezzi delle città favorendo la pace del regno.
Catherine aveva sempre vissuto immersa nella natura come anche i suoi fratelli, ma da quando un consigliere del precedente re era andato ad informare il padre della decisione di detronizzarlo le cose erano cambiate per tutti loro.
La loro famiglia era una famiglia nobile e molto forte, suo padre era il cugino del re legittimo, ma ad un tratto si era trovato a combattere proprio contro l'altra parte della sua famiglia per il comando del regno.
Non l'avrebbe mai fatto se non fosse stato che temeva che le politiche attuate dal re avrebbero potuto mettere in pericolo il suo titolo e anche la vita di tutti i suoi figli.
Aveva combattuto per la sua famiglia e per il suo regno perché non perdesse l'autonomia per cui suo zio era morto molti anni prima e per cui si era trovato schierato contro suo cugino ormai manipolato dalla moglie.
Il nuovo re Carl si era insediato in un clima di sfiducia, ma aveva iniziato ad attuare molte nuove riforme molto più adatte rispetto a quelle attuate dal precedente governo.
Aveva favorito tutti coloro che lo avevano appoggiato assegnando loro le terre dei vinti, ma aveva assegnato rendite anche alle vedove dei vinti per permettere loro una sussistenza dimostrando così la sua magnanimità.
Si era preoccupato anche delle persone più povere cercando di impegnarsi perché nelle chiese ci fossero sempre posti caldi e cibo per chiunque faticasse a ripartire con la loro vita.
Anche la famiglia era stata sistemata, i matrimoni erano sbocciati uno dietro l'altro e aveva anche promesso uno dei suoi figli, Gabriel ad un ricco proprietario terriero per garantirsi grandi quantità di soldati per combattere la sua guerra.
Tutti puntavano alla corona, ma sapeva che questo bastava per acquisire uno status che molti altri avrebbero solo sognato.
Il figlio più grande ovvero l'erede al trono era ancora libero perché attendeva di legare un altro regno che gli garantisse un legame utile nel caso di una futura guerra, ma sapeva anche che aveva un altro asso nella manica ed era la sua figlia, la sua unica figlia femmina che avrebbe permesso di avere parola anche in un altro regno e per di più se fosse rimasta vedova avrebbe passato sicuramente il regno ai suoi eredi.
A palazzo aveva altre due ragazze che il cugino aveva trattenuto a casa come pegno di fedeltà di due famiglie nobili che però erano andate smembrate dalla guerra che si era appena conclusa.
Giselle e Felicia non ricordavano le loro famiglie, per loro casa era lì e non avevano sentito nessun problema nel passaggio di re perché la famiglia di Carl le trattava come fossero sempre state di famiglia.
Erano due ragazze molto carine con tratti molto diversi rispetto a quelli locali, erano quasi pronte per essere date in spose e il re si era impegnato a cercare dei giovani che gli avrebbero permesso di mantenere una vita molto agiata.
Restava da capire cosa sarebbe stato del figlio più piccolo Timothy che però era ancora giovane e permetteva al re di concedersi ancora qualche tempo prima di pensare a cosa sarebbe stato meglio per lui.
Caterine era una giovane donna ormai, 17 primavere erano già passate dalla sua nascita.
Lunghi capelli rossi incorniciavano il suo viso roseo, le labbra carnose e i suoi occhi verdi che si accendevano con il sole.
Non era mai stata una rivoluzionaria come i suoi due fratelli, ma nemmeno era pienamente affine alle etichette che tanto amavano i suoi valletti e insegnanti.
"Madre, vi prometto che stasera non mancherò!"
Catherine uscì dalla stanza dove aveva parlato con la madre della festa della sera e a passo spedito si diresse verso la loggia coperta a est che con le ampie vetrate lasciava passare il pallido sole primaverile.
Tutto era ancora chiuso solo una finestra era stata spalancata per far entrare un po' di aria fresca.
Non c' era nessuno, stranamente, perciò la ragazza si concesse di sedersi su una panca che era accanto ad una statua e rimase lì a fissare l'esterno dove si apriva un piccolo giardino prima degli altri edifici.
Sapeva bene quello che avrebbe dovuto fare in quella giornata ma non aveva voglia di farlo e se avesse potuto sarebbe rimasta lì con il viso tra le mani appoggiata al davanzale.
Quel sole che stava facendo capolino da lontano dietro le dolci colline della campagna le sarebbe mancato anche se sapeva che magari la vista sarebbe stata molto migliore di quella che da lì poteva vedere.
"Cathy che succede?"
Quella voce la distolse dai suoi pensieri mentre si voltava verso di lui sapendo già che i suoi occhi indagatori la stessero già fissando.
Avevano 5 anni di differenza, ma erano sempre molto in sintonia, anche se, spesso il carattere molto simile li portava a scontrarsi.
"Siete qui per prendermi in giro?"
Veloce lui si tolse gli occhiali che aveva dimenticato sul naso e rimase a fissarla con una faccia stupita.
"Voi lo sapevate della festa di stasera vero?"
Lui sorrise avvicinandosi lentamente fissando il panorama.
"Si, lo sapevo. Ha parlato con me per sapere come parlare con voi"
"E voi avete acconsentito?"
"Si, che volevate che dicessi? Non avevo molta scelta a riguardo"
Lei annuì facendogli posto mentre le accarezzava i capelli. L'aria che entrava da fuori era ancora fredda tanto da far tremare per un secondo la ragazza che si strinse nel suo vestito mentre un raggio di sole la colpiva dritto sul viso.
Tra di loro non c'erano mai stati segreti ed erano sempre stati molto diretti anche con i loro fratelli per qualsiasi cosa.
"C'è ancora tempo non temete, ma nostra madre ha bisogno di vagliare tutte le possibilità!"
"Sapete se ha già qualche idea?"
"No, ma sapete che se sapessi qualcosa voi sareste sicuramente la prima a cui lo direi"
Gli sguardi seri sembravano quasi da funerale, ma la realtà era che per loro la separazione era quasi come un lutto.
"Se non vi conoscessi penserei che siete due amanti! Dovete smetterla di stare sempre così vicini!"
Felicia era arrivata senza che i due se ne accorgessero presi com'erano dalla loro conversazione.
La ragazza aveva i tipici tratti del sud, la madre infatti non era di lì, il marito l'aveva conosciuta in uno dei suoi viaggi e l'aveva sposata portandola a casa e mettendo su famiglia.
Pelle olivastra, capelli e occhi corvini e una statura molto più minuta dei suoi fratelli la facevano subito balzare all'occhio tra tutti gli altri componenti della famiglia.
I due fratelli si voltarono all'unisono a guardarla come avesse detto qualcosa di assurdo.
"Volete vedere?" Così dicendo si voltò verso il fratello e lo baciò sulla bocca tenendo tra le mani il suo viso lasciandolo andare solo quando lentamente staccò le sue labbra dalle sue tornando a guarda la sorella acquisita "Adesso andare a raccontarlo al vostro confessore! Fate pure!"
"Brucerete all'inferno voi due, ve lo dico io!" Bofonchiò uscendo stizzita dalla stanza dopo aver lanciato un gridolino per l'affronto lanciato dalla sorella.
Catherine e Philip scoppiarono a ridere alzandosi e salutandosi tornando ognuno si suoi compiti.
Avrebbe dovuto passare alla cappella per pregare ma non voleva incrociare Felicia per paura che avesse davvero detto tutte quelle baggianate al suo confessore, perciò si diresse dall'altra sorella che stava sicuramente ricamando nelle sue stanze.
Forse così facendo avrebbe dimenticato per un po' il fatto di doversene andare presto e fare almeno due chiacchiere spensierate.
Un valletto le aprì la porta inchinandosi mentre lei passava dritta senza nemmeno prestargli attenzione, dopotutto era una cosa che accadeva ogni momento della giornata.
Le stanze si stavano tutte illuminando di luce calda, finalmente la stagione invernale stava finendo e lasciava spazio alla mite primavera.
I corridoi erano insolitamente tranquilli, qualche cameriera stava rassettando e spolverando ma non c'era confusione.
La porta delle stanze della sorella era chiusa, ma non si preoccupò di bussare, anzi entrò direttamente a passo spedito.
"Giselle, volevo conversare un po' con voi, cosa state facen..."
Non riuscì a finire la frase perché la sorella urlò facendole chiudere di colpo la porta per evitare che qualcuno arrivasse di colpo.
"Dovreste bussare quando entrate nelle stanze private!" Urlò la sorella guardandola da dietro il sofà.
"Voi dovreste essere vestita!" Protestò la maggiore delle sorelle.
Veloce i due si rivestirono alla bene meglio mentre Catherine si era voltata verso la porta per lasciare più privacy ai ragazzi.
Mentre fissava la porta continuava a pensare che tutta quella faccenda era assurda quella situazione sarebbe stata punita severamente se qualcuno che non fosse stata lei li avesse trovati.
Mentre il ragazzo le passava accanto per uscire lo guardò meglio non riconoscendolo.
"Scusate giovanotto, ma voi chi siete?"
"Sono il nuovo garzone della cucina, non conoscevo ancora bene i passaggi e ho sbagliato strada. Vi prego scusatemi non fatemi uccidere!"
"Andatevene subito" ruggì.
Il ragazzo uscì senza nemmeno voltarsi verso la piccola che rimase esterrefatta da come fosse scappato senza nemmeno degnarla di uno sguardo o una parola.
Catherine aspettò qualche secondo prima di parlare evitando di usare parole sbagliate verso la sorella.
"Non volevo, scusate"
Quelle parole la fermarono prima che potesse aprire bocca, facendole dimenticare tutto quello a cui aveva pensato.
"Non dovete scusarvi, dovete stare attenta! È pericoloso se qualcuno vi avesse visto!"
Non era arrabbiata con la sorella, tutti loro avevano fatto cose sbagliate, ma contemporaneamente preferiva evitare alla sorella problemi futuri che avrebbero potuto minare la sua felicità.
"Non avevo fatto nulla"
"Ne sono certa, vi conosco!"
Si accomodò accanto a lei mentre si pizzicava le guance e si sistemava il vestito per sembrare in ordine e la abbracciò "Avete troppa paura di bruciare all'inferno!"
Scarica l'app MangaToon su App Store e Google Play