Nella mia vita poche volte avevo dovuto prendere delle decisioni.
Erano stati sempre i miei genitori a prenderle per me.
Ma ultimamente avevo fatto una scelta talmente importante da rompermi definitivamente.
Perderlo.
Mentre camminavo per le vie del campus guardai il cielo con un sospiro,era limpido e preannunciava una bellissima giornata.
Una di quelle da mare,sole,relax,alcool e falò sulla spiaggia.
Una giornata da divertimento assoluto.
Tutto intorno a me era veramente bellissimo,fiori ovunque ,alberi di un verde intenso,i miei compagni sorridenti per il nuovo inizio scolastico,ma io non guardavo veramente nulla.
Io non ero felice.
Non sorridevo.
Vivevo da mesi in uno stato alterato della mia persona.
Insensibile,calma e senza emozioni.
Per me, essere felice non era possibile.
Nella mia vita ne avevo affrontate tante,ero stata usata,amata,venduta, però ero arrivata al punto di essere felice con la F maiuscola grazie a lui.
Avevo un'amore grande pronto a durare nel tempo ed io consapevolmente lo avevo buttato per terra e lo avevo calpestato.
Mi guardai intorno alla ricerca di qualcosa o meglio qualcuno.
I miei occhi erano solo per lui e anche i miei piccoli attimi in cui tornavo a essere Felicity.
Ma non lo vedevo da nessuna parte,scrutai i ragazzi della squadra,il parcheggio pieno di macchine,cercai tra le cheerleader,nulla.
Volatilizzato.
Mi incamminai affranta e persa nei miei pensieri.
Per paura di dover parlare con qualcuno,cosa che volevo evitare assolutamente,guardavo in basso verso le mie converse nuove.
Le avevo comprate da poco ed erano blu come la sua moto,sorrisi vedendo la piccola personalizzazione che avevo fatto ieri sera.
Una piccola N in giapponese,spuntava in un angolino per ricordarmi che lui c'era ovunque e per non farmelo mai dimenticare.
Arrivai all'ingresso e afferrai la maniglia del portone principale per recarmi alla prima vera lezione del college e nel farlo girai lentamente lo sguardo verso destra.
Il mio cuore manco un battito nel momento in cui vidi qualcosa di blu.
Lui era lì.
Alla fine del viale che portava al portone principale,c'era una coppia che parlava e rideva.
Sentivo che era lui,lo sentivo dentro il petto.
In fretta chinai la testa,non avevo il diritto di guardarlo così spudoratamente,avevo imparato ormai a guardarlo da lontano, spiarlo sui social o da qualche informazione data dalle mie sorelle.
Ogni volta immaginavo quello che eravamo e quello che saremmo potuti essere, insieme.
Mi mancava.
mi mancava come l'aria.
Ma avevo preso una decisione e dovevo portarla avanti.
Eravamo opposti ma così tanto,tanto simili.
Lo avevo capito con il tempo,ma ero sempre stata sicura che il suo amore per me non era abbastanza forte da poter superare tutto quello che avevo intorno.
Rialzai piano gli occhi sfiorando il suo corpo timidamente con lo sguardo.Stava parlando con una ragazza, avevano una certa confidenza perchè sorridevano di continuo ed io mi spezzavo in due,ogni volta.
Appoggiato alla sua Harley blu con la sua solita sigaretta in mano, era una vera opera d'arte.
Scattai mentalmente una foto per ricordarmi di lui,nei momenti in cui ne avevo più bisogno.
Per rivederlo così nelle nottate insonni che avevo da mesi.
Dentro di me immaginavo che fossi io la ragazza a cui sorrideva,a cui accarezzava una guancia, a cui riservava tutto il suo cuore.
Noah aveva una bellezza disarmante ed ora che erano passati mesi dall'ultima volta che lo avevo visto, era ancora più bello.
In un attimo mise la sua borsa dell'allenamento per terra e si sistemò meglio la giacca della squadra, nello stesso istante la ragazza che era con lui si avvicinò legando le braccia al suo collo,i loro corpi erano come calamite e vidi esattamente il momento in cui, lei si sciolse come neve al sole incollando il suo corpo ai muscoli di Noah.
Immediatamente distolsi lo sguardo e sospirai.
Una lacrima solitaria scese sulla mia guancia e in fretta la scacciai.
Non ero ancora pronta a sopportare questo,non ce la facevo ancora a vedere tutto quello che poteva succedere tra noi con un'altra ragazza.
Non riuscivo ancora a guardarlo mentre la baciava.
Ero pazza,totalmente pazza di lui che ogni volta che lo vedevo con un'altra in situazioni come questa,distogliere lo sguardo era il mio obbiettivo.
Vederlo incollare le sue labbra ad altre che non erano le mie,mi annientava.
Perché le sue labbra erano le mie, i suoi gemiti i miei, le sue carezze, i suoi sussurri erano miei.
Quel sorriso, bello come il sole prima era rivolto sempre e solo a me.
Luminoso e brillante.
Capace di illuminare qualsiasi cosa lo circondasse.
Lo amavo,lo amavo davvero e non era un amore frivolo come quello che a questa età le ragazzine credevano di provare.
Il mio era viscerale,possessivo e tremendamente forte.
Più lo guardavo in questi giorni,più lo vedevo felice,era davvero felice senza di me.
Ed io?
Io ero rimasta con il cuore a settimane fa. Con la mente a quando era andato via con una ragazza,lasciandomi sola a me stessa.
Non era umanamente possibile che una persona potesse sentire tutto questo dolore.
Mi sistemai meglio lo zaino sulle spalle e andai avanti per la mia strada.
Pronta per tutto quello che sarebbe successo o forse pronta solo a sopravvivere al dolore che avrei dovuto sopportare ogni giorno.
#spazioautrice:
Guardavo fuori dalla finestra, le nuvole si muovevano in continuazione o era il mio corpo?
Il mio cuore batteva talmente forte che avevo la sensazione che sarebbe uscito fuori dal mio petto.
Ero rimasta lì, seduta su quella poltrona a contemplare quel magnifico cielo celeste di agosto inoltrato.
Non ci potevo credere, più pensavo a tutto quello che era successo nel giro di ventiquattro ore, più non ci potevo credere.
Come avevano potuto? Come?
Troppe domande affollavano la mia testa e poche risposte avevano senso.
In fondo come potevano rendere partecipe me, una ragazzina alla loro decisione.
Semplice, non potevano!
I miei desideri, i miei sogni, i miei amici, tutti svaniti. Solo perché loro non mi volevano, eppure erano i miei genitori.
Da quando ero nata,avevo sempre respirato un'aria di famiglia felice, io con le mie sorelle,Crystal e Celine, più grandi di me di qualche anno.Mia mamma e il mio papà lavoravano quasi tutti i giorni e noi passavamo le giornate dai nonni Jon e Rose,nella loro casa in campagna.
Eravamo come le famosissime Spice Girls,infatti la nonna da piccole ci vestiva come loro e ci faceva ballare e cantare a squarciagola nel grande giardino di casa sua,con lei che faceva le veci del pubblico.
Eravamo noi tre contro il mondo e andava bene così.
Anche ora che Celine e Crystal erano al college,il nostro rapporto non era cambiato. Loro erano e sono tutt'ora le mie spalle,i miei pilastri.Quella forza che arriva da una parte nascosta del tuo corpo e che trovi sempre quando pensi di non averla più.
In fondo ci sono sempre state per me,come degli angeli custodi.
Eravamo felici,tanto. Almeno era così fino a due anni fa,perché in un giorno,anzi in una notte la mia famiglia era cambiata.
Troppi ricordi affollavano la mia mente.
Lacrime calde scendevano sulla mia pelle,ero nel mio mondo,un mondo nero e fatto di tenebre.
Neanche l'amore,ricevuto dalle mie sorelle fino ad'ora, era riuscito a scalfire il buio che circondava il mio cuore.
Non era bastato,non era riuscito a far tornare la luce che un tempo mi distingueva.
Sussultai e mi portai una mano sul cuore,quando sentii bussare alla porta.
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Avevo chiuso a chiave, sapevo che prima o poi sarebbe venuta a parlarmi.
Io non volevo ascoltarla mentre la sentivo borbottare su quanto le ragazzine di oggi potevano essere infantili, così continuai a fare finta di nulla,ad essere un tutt'uno con la stanza. Non volevo sentirla,non volevo fare nulla,solo stare in silenzio.
<< Ehi Ty...per favore apri questa porta. So che sei sveglia!Per favore,voglio solo parlarti. Ti prego >> continuava a blaterare e non capiva che avevo già preso la mia decisione.
Mi tappai le orecchie con le mani ,avevo bisogno di annullarmi,mi infastidiva il suo insistere.
Sapevo benissimo che l'unico modo che avevo per non sentirla più chiamare il mio nome era indossare le cuffie.
Volevo sentirmi bene anche solo cinque minuti e solo la musica poteva aiutarmi.
Accesi il telefono,collegai le cuffie e trovai il gruppo che avevo scoperto da pochi anni e che mi aveva aiutato a fermare i ricordi.
Premetti play sul mio telefono e le note di Photograph dei Nickelback spensero le mie tenebre,facendomi ricordare momenti della mia vita che avevo totalmente dimenticato.
Ty.
Il mio soprannome.
Ricordo ancora quando il mio papà mi chiamò così la prima volta.
Eravamo al mare,sedute sulla spiaggia a fare un castello di sabbia circondato da un fiumiciattolo.
Crystal e Celine litigavano per chi doveva andare a prendere l'acqua per il nostro piccolo fiume ed io le guardavo infastidita.
Era il periodo in cui litigavano per tutto.
Trucchi,capelli,vestiti,ragazzi.
Non ne potevo più di sentirle ogni giorno.
Ma ero troppo piccola per capire che erano nel periodo dell'adolescenza,in cui qualsiasi cosa o motivo era buono per litigare.
Stanca di aspettare,mi alzai sbuffando,presi il secchiello che usavamo per prendere l'acqua del mare e andai da sola verso la riva.
Sapevo che mio padre mi stava guardando, lo faceva sempre.
Ci lasciava fare qualsiasi cosa,nei limiti ovviamente della nostra età,ma sempre sotto stretta sorveglianza.
Lo guardai di sfuggita e notai che mi stava guardando anche se aveva aperto sulle gambe il giornale del mattino.
Sussultai quando l'acqua mi bagnò i piedi e tornai a guardare il mare.
La corrente era forte,ma pensai che stando solo lì,sulla riva,non poteva succedere nulla.
Così mi abbassai, presi l'acqua e sorrisi mentre mi giravo per tornare dalle mie sorelle. Ero talmente contenta di esserci riuscita che non mi accorsi dell'onda in arrivo alle mie spalle che mi fece perdere l'equilibrio trascinandomi giù.
Lì lo sentii.<
Il mio supereroe era venuto a salvarmi,non avevo visto arrivare mio padre,ma riuscì con un solo movimento a issarmi e riportarmi sulla riva.
Da quel giorno non fui più Felicity, ma Ty.
Una farfalla catturò la mia attenzione mentre volava vicino la finestra e mi fece tornare alla realtà.
Più la guardavo più sorridevo,più sorridevo e più mi sentivo sola.
Ero sola, sola con me stessa.
Ed io volevo solo chiudere gli occhi e tornare indietro di due mesi con la consapevolezza di quello che sarebbe accaduto oggi.
Guardai ancora una volta la farfalla svolazzare leggera.
Diamine come vorrei essere te adesso.
Vorrei essere libera,vorrei vivere la mia vita,i miei sogni.
Ma sapevo benissimo che non sarebbe stato così.
Avevano deciso.
Ci saremmo trasferiti e avremmo lasciato la nostra casa in Texas per spostarci tutti a Sacramento.
Conoscendo i miei genitori avevano sicuramente comprato una di quelle ville immense da ricchi, in quei quartieri famosi.
Si erano assicurati dei cuochi per non far cucinare mia madre, dei maggiordomi ed una governante.
La nausea mi saliva soltanto pensandoci.
Come avevano potuto decidere per me?
Io odiavo queste cose, non volevo vivere a Sacramento,non volevo vivere nemmeno in quella mega villa,volevo rimanere a casa mia dove ero cresciuta.
Era una casa normale, qui non ci mancava niente visto che siamo sempre stati benestanti,ma non abbiamo mai ostentato nulla.
Eravamo umili. Ora non siamo nemmeno più quello,anzi non sono.
I miei genitori sono stati come accecati dai soldi due anni fa e da allora per loro contano solo quelli.
Come se potessero darci la felicità, come se potessero rendere per tutti, il mondo un posto migliore.
Non potevano aspettare un altro anno per fare questo passo. Mi bastavano trecentosessantacinque giorni ancora qui e poi avrei raggiunto le mie sorelle che si trovavano al college già da tre anni.
Mi veniva da vomitare.
Mi alzai dalla sedia barcollando e mi ricordai all'istante che non mangiavo da ieri sera.
Non avevo fame,soltanto guardando le mille scatole sparse nella mia camera ancora da imballare,il mio stomaco si chiudeva.
Dai Felicity devi sbrigarti puoi farcela.
La mia coscienza mi spronava,ma io sembravo un bradipo che stava per andare in letargo,un prigioniero sul punto di ricevere la sua condanna eterna.
Sapevo cosa mi aspettava lì,sapevo chi mi attendeva a Sacramento e io non riuscivo a fingere di essere felice.
Non ci riuscivo.
Non volevo tornare indietro con i ricordi, non volevo vederlo,ma sapevo benissimo che ci sarebbe stato Lui ad attendermi.
Il suo autista avrebbe parcheggiato davanti la nuova casa che i miei avevano comprato con i suoi soldi. Lui sarebbe sceso e si sarebbe appoggiato alla sua costosissima macchina solo per far capire a noi che lui era invincibile e che ci sarebbe sempre stato.
Perchè Lui c'era sempre .
Mi era entrato nelle ossa, nella mente, nell'anima e aveva reso tutto nero.
Andare a Sacramento significava tante cose e solo pensarlo il mio stomaco ne risentiva.
In primo luogo dover frequentare l'ultimo anno di scuola in una nuova città,in una nuova classe,senza amici ma soprattutto senza la mia migliore amica,Charlie.
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