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15 ottobre 1999

«Avanti!» Esclamò la sciamana, dopo aver congedato una signora anziana che chiedeva della fortuna del figlio.

Dalla porta entrò timidamente una giovane donna. Indossava un vestito giallo che delineava il grembo entro cui portava il suo figlioletto.

«Buongiorno, si accomodi.»

Sejin, la futura mamma del suo secondo figlio, si accomodò timidamente su uno dei due cuscini disposti di fronte ad una scrivania di legno. 

La mudang¹ indossava un hanbok rosso, dalle maniche larghe e dalla gonna pomposa finemente decorata da fiori d'oro, che donava magnificenza alla sua figura. Stava mettendo a posto dei sonagli e un ventaglio rosso, entrambi impiegati nella seduta precedente.

«Mi dica pure» esordì, mentre faceva ancora spazio in mezzo a dei fogli sparsi lungo il tavolo, tutta assorta in quell'azione.

Sejin accarezzò speranzosa il pancione, ma il suo viso mostrava tanta preoccupazione.

«Ho una brutta sensazione su questo bambino. Faccio sogni strani in cui una bestia mi insegue per strapparmi mio figlio e sbranarlo. Ormai ogni notte non riesco a dormire tra i malesseri della gravidanza e questi incubi. So che magari è solo una mia impressione, ma vorrei essere sicura che lui nascerà sano.»

La sciamana allora si fermò improvvisamente. 

In mezzo alle sue sopracciglia dritte e sottili si era formata una lieve ruga di dissenso. La fissò negli occhi, con uno sguardo confuso e pensieroso. Le sue labbra sottili, delicatamente colorate di corallo, si restrinsero ancora di più, come in cerca di una soluzione.

Era in grado di vedere le anime e i fantasmi, infatti in quel momento riusciva a percepire lo spirito della creatura. C'era qualcosa di preoccupante in quell'ammasso di energia, doveva indagare meticolosamente.

«Posso toccarle la pancia? Ho bisogno di stabilire una connessione maggiore con l'anima del bambino.»

La futura madre non potè che acconsentire, visto che era venuta lì per risolvere la situazione.

La donna allora si andò a sedere sull'altro cuscino per eseguire quella pratica, ma non appena i polpastrelli delle dita sfiorarono il tessuto viscoso del vestito giallo, la maga fu folgorata da decine di visioni. Quello stato di trance continuò per un paio secondi, ma per quello che ebbe modo di sperimentare, sembrò durare dei secoli.

Le vennero le lacrime agli occhi, quindi si staccò subito per tornare al proprio posto e cercare di ricomporsi.

"È una donna incinta, se le dicessi tutto, sverrebbe seduta stante. Cercherò di spiegarglielo senza spaventarla. Però non so quanto sia possibile per me aiutare questa povera donna e suo figlio. Tesoro piccolo, ancora non sei nato, ma sei destinato a morire così."

Sgranchì la voce per risucchiare le lacrime dentro. Non aveva mai visto una cosa del genere. Una cosa così potente da mettere nel mezzo due persone che ancora nemmeno avevano visto la luce del mondo.

«Signora, suo figlio ha due destini. Uno purtroppo è cattivo, ma l'altro è abbastanza luminoso da farmi credere che non ci sia nulla di cui preoccuparsi. Chiami suo figlio Byeonghye, la combinazione di queste due parole è un auspicio di luminosità. La luce della Luna accompagnerà l'anima di suo figlio dalla dea Bari che potrà indirizzarlo verso la strada propizia.»

Quella spiegazione parve agli occhi di Sejin ancora più contorta di tutti quei sogni che l'avevano perseguitata fino a quel momento. Non riusciva a capire come una persona avesse due destini, quando si vive una volta sola. Cosa c'entrava la dea che aveva fatto resuscitare i propri genitori e perché mai avrebbe dovuto inserire proprio "Byeong", malattia, nel nome del suo bambino? Più ci ragionava, più sembrava qualcosa di terrificante.

«Perché proprio Byeong? Non è di malaugurio inserire una parola del genere?»

La sciamana abbassò gli occhi, non sapendo cosa rivelare ancora senza sconvolgerla.

«Purtroppo la strada brutta porterà suo figlio a soffrire di una malattia, quando frequenterà l'università. Aggiungendo "Hye", questa malattia verrà indirizzata verso la strada buona e scomparirà.»

«È una malattia mortale?»

«No, no, stia tranquilla.» Mentì, con il cuore nero. Non le era mai successo di comportarsi così.

Lei era da sempre stata etichettata come una che spiattellava tutta la verità in faccia, senza farsi problemi sulle conseguenze.

In quel caso era diverso. Nemmeno il più potente degli sciamani avrebbe potuto cancellare quello che portava quell'anima, quindi sarebbe stato inutile dare false speranze a quella donna.

Prese un nastrino rosso su cui erano incise delle iscrizioni nere in cinese e in coreano.

«Questo la aiuterà a fare dei sogni più tranquilli. La bestia che la insegue scomparirà del tutto quando partorirà. Non si preoccupi, anche se la sogna, non riuscirà mai a prendere suo figlio definitivamente. Adesso vada.»

Sejin le sorrise, leggermente più rassicurata rispetto a prima, e abbandonò la stanza, dopo averle dato 80000 won. 

Accompagnata la giovane donna alla porta, la mudang informò i prossimi clienti che avrebbe fatto una pausa di dieci minuti, poi si chiuse a chiave dentro lo studio e collassò per terra, ancora terrorizzata. In quarant'anni di vita, non aveva mai visto niente di così oscuro.

Quando le aveva toccato il grembo, era stata assalita da un mostro. Era un essere indefinito, nero come la pece e dal manto folto e unto. Ringhiava ed emetteva dei suoni demoniaci, che al solo pensiero le facevano accapponare la pelle. Mentre questa bestia sembrava volerla assalire, aveva sentito ripetutamente la parola Byeong, come un urlo, e le era apparso un cuore malridotto, che collassava su se stesso. 

Qualcuno di molto potente lo aveva maledetto assieme ad un'altra anima, ma era ancora presto per quest'altra di rinascere. Sarebbe dovuto arrivare il prossimo millennio per potersi reincarnare. 

"Che gli dei aiutino queste due anime. Se non romperanno questa maledizione, non avranno pace fino alla fine dei tempi".

Mudang¹: sciamana coreana.