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Il Principe Azzurro È Gay

C'era una volta...

^^^⚜LA STORIA CONTIENE:^^^

^^^⚜Scene di sesso. ^^^

^^^⚜Linguaggio volgare. ^^^

^^^⚜Concetti religiosi e spirituali. ^^^

^^^⚜Alcuni dialoghi e frasi sono versi ispirati dalla Bibbia. ^^^

La voce narrante di un uomo seduto sulla poltrona con un libro sul ventre, è molto più tenera e affascinante di quella di un giovane fanciullo come me.

La voce sua estasierebbe e cullerebbe le orecchie di colui o colei che ascolterà, nutre di piacere gli occhi della persona che ne sfoglierà le pagine.

Ma io non racconto per affascinare nessuno, io narro perché questa storia è spettante a me.

Orbene, racconto di un lontano reame, un reame battezzato con il nome di Europhanelle. In questo regno vive una meravigliosa e nubile principessa il cui nome si ispira al fiore, la Calendula. Già, quel tenero fiorellino arancione che nasce e fiorisce vigoroso nei campi in piena estate.

Questo fiore è il primo grazioso rampollo di sua maestà regina Helena e re Leonardo, da lunghi anni sovrani del regno del popolo umano. Un regno florido e benedetto dal cielo, nessun male li aveva colpiti nel corso degli anni, non avevano avuto nemici da temere e mai una sola calamità e penuria aveva bussato alle loro porte.

Questa armonia consimile di pregio divina secondo molti sarebbe dovuta persistere in eterno, e ciò sarebbe potuto accadere se non fosse stato per re Leonardo, il quale un giorno provocò una delle più potenti fate del regno fatato: la terribile e potente fata Bethelthea.

Le opere compiute da questa onnipotente creatura nei giorni dei nostri padri sono ampie quanto le sue ali quando spiegate, quella dannata maliarda era talmente malvagia che nella sua vendetta non punì colui che la oltraggiò, bensì qualcuno a cui il re voleva bene, punì la persona che non meritava assolutamente quella punizione.

La povera e innocente principessa Calendula, che di male non ne aveva commesso alcuno, nel suo diciottesimo compleanno cadde preda di uno spirito immondo. Questi esseri sono conosciuti per la loro ingordigia e potenza, la loro presenza provoca pazzia, deliri e atti soprusi alla vittima.

Né preghiera, né magia e né erbe mediche potranno curare Calendula e sottrarla da una tremenda sorte. Neppure le labbra più dolci e dal gusto più soave saran la cura al suo tormento, ma l'unico bacio in grado di scacciare lo spirito, è quello del principe azzurro.

C'era una volta, Eledhwen il principe azzurro.

Il principe azzurro, come non solo i giovani fanciulli sanno, è l'eroe che ha ispirato molte favole. Egli è il degno avversario dei draghi, il nemico delle streghe e lo sposo delle principesse.

Nella vita ognuno porta la propria pietra e il peso di quest'ultima è deteriorato dal colore del sangue: vi è il sangue fulvo che appartiene alla gente di basso ceto, il sangue blu e viola che scorre nei reali dagli illustri natali, e infine il pregiato e unico sangue turchino, che dimora solo e soltanto nelle vene del principe azzurro.

Questo sangue prezioso e incomune non solo è raro, ma dona al principe azzurro dei poteri che oltre a differenziarlo dal resto dei popoli lo rendono capace di operare molte cose.

Le differenze tra una divinità e il principe azzurro sono sottili ed è comune che alcuni esseri viventi venerino questa figura anziché quelle imposte dalle loro culture, il principe azzurro poiché il suo ruolo è quello di mantenere la pace e l'equilibrio tra tutti i sette regni, è l'unico essere vivente in grado di reincarnarsi dopo la morte.

Per i miei genitori la mia nascita è stata più un miracolo che un dono, soprattutto per mio padre re Rowan II, che per anni si è sentito minacciato e oppresso dal popolo umano, le loro capacità nella fabbricazione di macchinari da battaglia e le abilità di distruzione lo hanno sempre fatto tribolare, e il pensiero che un giorno il suo regno potesse cadere sotto il loro dominio lo indignava assai.

Per sua fortuna però, qualcuno aveva udito le sue preghiere notturne, un pensiero insorse in mente sua che pose fine ai suoi incubi. Oh, maledico il giorno in cui ha meditato tale disegno, maledico il giorno in cui quell'entità gli ha sussurrato quell'idea all'orecchio.

Mio padre pensò che un matrimonio tra me e Calendula avrebbe evitato che Europhanelle dominasse su Elvesreldelle, questo è un ragionamento che dal canto suo aveva senso, ma ciò a cui non ha pensato era suo figlio.

C'era una volta, io, Eledhwen, il principe azzurro...

Fiato corto

...⚘CAPITOLO 1⚘...

Vesto le mie mani in sfarzosi guanti di drappo, come dice mio padre "essi nascondono le lividure", eppure, malgrado la finezza del materiale di cui sono fatti, strozzano le dita come se avessi un anello per ogni falange.

Indosso il mio manto color gerbera rossa, che anch'esso, leggiadro com'è, appesantisce le mie spalle. Infine incastro attorno la testa la corona, le unità e somme delle mie responsabilità odierne e future sono incastonate in preziose gemme.

Gli abiti che indosso sono come un pelo in gola, come una goccia d'acqua che scivola lungo il gomito fino all'ascella, è un fastidio a cui pare non esserci rimedio.

A fiato corto tento di prender aria ma ogni mio singolo respiro è impedito e soffocato dall'abito, e se solo ne fossi in grado, sospirerei.

«Questo abito vi calza veramente a meraviglia»

Dice il mio giovane servo più fedele, impegnato a stendere le dune del mantello con i palmi delle sue mani, lo guardo con la coda dell'occhio e ansimo disdicendo l'elogio.

«Se solo sapessi il patimento che sta subendo il mio corpo premuto in questo abito sontuoso, revocheresti il complimento»

Il fanciullo si argina da ciò che stava facendo e desolato alza lo sguardo e domanda.

«Volete che lo allarghi tagliando i fili della sutura?»

«No, mia madre ammattirebbe»

Rispondo.

Il servo si alza e si avvicina per sistemarmi il colletto e lo spillo che tiene unito il mantello alle spalle, mentre le sue dita sottili, delicate e logorate dal suo arduo servigio sono occupate, perdo il mio sguardo negli occhi suoi e gli domando.

«Dov'è il mio regalo?»

Un leggero sorriso compare sul suo volto e le sue gote innevate di lentiggini fioriscono di rosso, risponde senza distrarsi dalla spilla, essa è l'unica cosa che può tenere i suoi occhi distanti dai miei, poiché il contatto visivo è una delle sue più grandi debolezze.

«Avete letteralmente tutto l'oro del mondo, un servo come me cosa mai potrebbe donarvi?»

Ciò che dice è vero, cosa mai può un servo regalare al suo re? O uno schiavo al suo padrone? O un povero a un ricco? Nondimeno quel che non sa è che di oro invece ne ha in abbondanza, le gemme che ho sulla mia corona sono beffe a quelle che possiede lui nel suo sguardo e nel suo sorriso.

Mi avvicino al suo volto e scodinzolo la punta del mio naso sulla sua, e insieme ridacchiamo come bambini.

Subito dopo mia madre picchietta alla porta, per conoscenza riconosco che è lei per la sua maniera in cui è abituata a bussare.

Hansel, seguendo con gli occhi l'apertura della porta, compie un passo indietro da me e assume subito una posa più servile e formale degna di un servo. Una volta che mia madre varca la porta, egli esegue un piccolo inchino e dopo che la regina ricambia il gesto, Hansel si avvia verso l'entrata per abbandonare la stanza.

Mentre si allontana accompagno i suoi passi con lo sguardo sperando che prima di chiudere la porta dietro di sé, si volti per guardarmi e sorridermi un'ultima volta, ma mia madre si avvicina e vedendomi negli abiti in cui desiderava vedermi da tempo, i suoi occhi s'illuminano di gioia e la sua allegria mi distrae dal mio Hansel.

Accolgo mia madre con sorriso ma esprimo subito il mio pensiero.

«Madre non respiro» Mi giro verso lo specchio con le movenze di una quercia, ma lei presa dal riflesso, ignora le mie parole e mostra riguardo solo per gli abiti.

«Mi sento come una pecora non tosata con addosso un corsetto nel cuore dell'estate dentro il ventre di un drago»

Pronuncio aggrottando la fronte, la donna però sorride e resta affascinata dalle mie parole.

«Eledhwen mio caro, sei affascinante come le strane parole che escon dalla tua bocca»

Dice lei sistemandomi i capelli, non le piace quando i miei boccoli cascano sul viso.

«Comprendo che vi piaccia madre ma a malapena respiro»

Tento di dispiegare le braccia ma il movimento per quanto semplice sia viene impedito dalle sottili e strette maniche dell'abito.

«Serba in mente che giorni come questo durano solo un giorno»

Dice.

«Vero, e vestito così questo sarà anche l'ultimo»

Borbotto intento a incrociare le braccia, ma l'atto viene nuovamente proibito dalle strette condizioni dei vestiti, ciò fa sorridere mia madre che con aria serena e limpida appoggia la mano sulla mia spalla sinistra e guardandomi negli occhi mi prega di compiere questo piccolo sacrificio per lei.

Darle una risposta contraria è difficile, mi pesa nulla lingua e in fondo desidero appagarla.

Il mio petto si sgonfia come una mantice, o meglio ci prova, e accetto di sopportare.

Il suo sorriso si allarga ancor di più quasi arrivando da un orecchio all'altro, è caro da vedere ma ne vale sempre la pena.

Insieme ci sorridiamo e lei sempre più innamorata del vestito continua a venerarlo dal riflesso dello specchio, tuttavia però, il mio sorriso non persiste tra le mie gote e se ne va una volta che ricordo il numero dei giorni.

«Figlio mio che succede?»

Domanda preoccupata mia madre.

«Dovresti essere felice» Aggiunge, ed è vero dovrei esserlo, ma vi è un pensiero che si solleva nella mia testa e che ha reso questi giorni tristi e nuvolosi. «Certo madre e difatti sono felice di compiere diciotto anni» Ribatto, e non c'impiega tanto per capire la ragione del mio sconforto, dopotutto è mia madre e sa leggere bene il mio volto.

«Eledhwen smetti di pensarci, certi sacrifici devono essere fatti»

Dice.

«E devo per forza essere io l'agnello sacrificale? Madre sapete che mio padre sta abusando di me per evitare che il suo regno finisca sotto il potere degli umani, non ha riguardo per la principessa e la maledizione»

«Tuo padre è un uomo orgoglioso, concorrenziale e a volte caparbio, lo so. Ma io e te lo stiamo facendo per quella povera fanciulla, inoltre hai idea di quanti uomini vorrebbero essere nelle tue scarpe adesso?»

Dice cogliendo la mia mano tra le sue, ma la mente è il corpo mio sono solo per Hansel e dacché la mia faccia è un libro aperto, non mi esprimo a parole e le faccio comprendere il mio disaccordo.

Lei lo coglie subito e non insiste, dopotutto c'è una cerimonia alle porte che presto avrà inizio, e non c'è tempo per le contese e i sermoni.

«Non tardare»

Aggiunge allontanandosi alla porta e uscendo dalla stanza sospira arresa.

Mi volto verso lo specchio e guardo il giovane principe riflesso in esso.

Proprio come facevo da bambino, gioco a prendere, pretendo di essere contento e preparo le mie gote a trattenere a lungo il sorriso.

Poi qualcuno, non mia madre questa volta, bussa alla porta ponendo fine al mio gioco.

«Principe Eledhwen, la celebrazione del vostro diciottesimo compleanno sta avendo inizio presso la sala del trono e vostro padre, sua maestà il re, richiede subito la vostra presenza»

Annuncia il servo, se mio padre mi vuole è perché stanno già chiedendo di me.

«Riferisci a mio padre che sto arrivando»

Ordino.

«Come desiderate»

Risponde, i passi suoi si allontanano lungo il corridoio a quando cesso odo più, comincio compiendo il primo passo per raggiungere la porta. Ma i pantaloni sono così stretti alle mie gambe che anche camminare è difficile, anzi, sono piantato al pavimento come un cipresso.

Sforzo le mie gambe nonostante sia doloroso far strisciare le cosce luna sull'altra, e poiché nulla mi deve andare bene, mentre cammino l'orecchino dell'orecchio destro cade a terra.

Questo provoca in me gran frustrazione, digrigno i denti e sospiro.

Guardo l'oggetto giacente tra le punte dei miei stivali e pian piano comincio a piegarmi per raggiungerlo, tendo il braccio ma il movimento viene proibito dalla rigidità dei vestiti. Cerco disperatamente di piegare le ginocchia ma i pantaloni non me lo permettono, allora, colto da un improvviso impeto di rabbia, compio un lesto movimento sufficiente per raccogliere l'orecchio da terra; l'atto però vien seguito dal rumore di uno strappo.

Improvvisamente sento i pantaloni più comodi e leggermente più larghi, ma anziché rallegrarmi mi preoccupo. Il timore m'impedisce di sbirciare, ma deduco si tratti proprio di uno strappo. Tuttavia il mantello lo copre e nessuno ci farà caso.

Esco dalla stanza e lungo il corridoio incrocio mia madre che con aria ansiosa mi viene in contro reggendo la sua ampia e vistosa gonna turchese per favorire ai suoi piedi una camminata più svelta.

«Principe Eledhwen, ti stiamo tutti quanti aspettando giù in sala! Si può sapere che combini?»

Domanda.

«Madre, ho un problema»

Confesso imbarazzato.

«Cosa succede?» Chiede.

«Ho uno strappo ai pantaloni»

«Cosa?»

La sua espressione esprime sia divertimento che sorpresa allo stesso tempo.

«Come hai fatto?»

Aggiunge sghignazzando alzandomi il manto per vedere di persona lo strappo, e una volta visto con i propri occhi, scoppia in una grassa risata scontenuta.

«Mi ero piegato per raccogliere qualcosa da terra e si sono strappati, madre vi avevo detto che questi vestiti sono troppo stretti per me ormai»

Ribatto, ma ogni mia parola accarezza a malapena le sue orecchie.

«Dal momento che il mantello lo copre non sarà un problema, nessuno lo noterà»

Mi aggrappa per il braccio e mi conduce per la sala del trono dove si sta già tenendo la festa.

«Posso cambiarmi?»

Chiedo attimi prima di venire letteralmente scaraventato oltre la porta della sala del trono e gli sguardi di tutti gli invitati che mi attendevano con ansia si rivolgono a me con meraviglia, vengo accolto con un caloroso e lungo applauso, ammaliato resto piantato al suolo come un pioppo ad agitare il braccio.

Ognuno di loro è giunto qui da molto lontano per celebrare i miei diciotto anni, il cuor mio si rallegra e non mi serve più rammentare le regole del gioco in cui bisogna pretendere.

Mio padre, il re, si avvicina e mi accompagna accanto al mio trono, se non fosse stato per lui sarei rimasto pietrificato là in piedi a salutare e sorridere.

«Un applauso al celebrato!»

E gli invitati applaudono ancor più calorosamente accompagnando il battito di mani con fischi e auguri.

Anche mio padre mi celebra, ma quando i suoi occhi cascano sui miei abiti, il suo volto cambia e rimane confuso.

«Come ti ha conciato tua madre?»

Domanda.

«Come se avessi ancora dodici anni, non ha realizzato che sono cresciuto dall'ultima volta che li ho indossati»

Rispondo.

«Suvvia mio mio, è solo per un giorno, ora va a saluta gl'invitati»

Mi da una lieve spinta lungo le gradinate che portano verso la gente, e io con aria poco convinta gli sorrido e avanzo verso il mare di persone.

Mentre cammino stretto tra i loro corpi, vengo scagliato da frecce di auguri e complimenti, ma a disagio e incapace di reggere tutte queste lusinghe, afferro al volo un calice di vino dal vassoio del cameriere che si addentra nella folla come il vento tra i busti della foresta.

Mentre sorseggio la mia bevanda a testa bassa scontro leggermente la spalla contro uno degli invitati, porgo subito le mie scuse prima ancora che l'uomo si volti per mostrarsi in volto.

«Oh Eledhwen da quanto tempo!»

«Zio Hebe!»

Esclamo contento di vederlo, il suo castello dista così lontano dal nostro regno che raramente viene a farci visita, ma ogni suo arrivo è una perla in conchiglia.

«Sei cresciuto molto»

L'ultima volta che ci siamo visti e parlati è stato sette anni fa, dall'ora è egli rimasto lo stesso bambino paffuto e giocherellone vestito con i panni di un uomo adulto.

Lo guardo con occhi nostalgici ripensando ai momenti più belli e divertenti passati insieme, e così scorgo la fasciatura che gli avvolge il braccio destro.

«Che cosa vi è successo al braccio zio?»

Domando preoccupato.

«Ero andato a caccia di orsi con un mio amico, ma alla fine l'unico orso che ha beccato la trappola sono stato io»

Anche la sua imprudenza è rimasta giovane come quella di una volta.

«Yevhen non è venuta? È da molto tempo che non vedo e sento da lei»

«Tua cugina è in viaggio con sua madre, sono andate nel villaggio in cui è nata mia moglie per far visita alla nonna, ormai quel fossile vegliardo ha finalmente superato i suoi novantacinque anni e sente la morte molto vicina. Ma tranquillo verrà a farti visita non appena tornerà dal viaggio, manchi molto anche a lei»

«Quando tornate a casa salutatemela da parte mia e ditele che non vedo l'ora di vederla, è noioso andare a caccia di cervi senza di lei»

«Lo farò senz'altro»

I suoi occhi vengono colti dalla presenza di mio padre che sta a pochi passi da noi, e dandomi due pacche leggere sulla spalla mi saluta.

«Adesso vado a scambiare qualche parola con tuo padre»

Mentre lo guardo andare via porto il calice alle labbra e sorseggio il vino, agito la mano per mescolarlo immaginando che in qualche maniera possa cambiare gusto.

...~⚜~...

A mio padre è appena stato comunicato dalla cucina che la torta è pronta per essere condotta in sala, così, con gran voce e le braccia spalancate, convoca tutti gli invitati per assistere al clamoroso taglio della torta.

Un momento molto profondo e onorario nella cultura di noi elfi, la torta non è solo un impasto di grasso e zuccheri come in altre tradizioni ma è bensì l'emblema della crescita e della rinascita del festeggiato. Il taglio simboleggia un nuovo capitolo, la lama che affonda nella torta è il distacco dall'infanzia e il passato. Le candele rappresentano invece le benedizioni che mio padre pronuncerà mentre le accenderà una a una, la cera sciolta colerà sulla torta è ciò sta a significare il loro adempimento.

La torta adornata con un leggero e trasparente velo turchino viene portata come una sposa sul carro al centro della stanza dove tutti possono ammirarla e adorarla come un idolo, mio padre si fa porgere la candela madre con cui darà luce alle diciotto candele sistemate in preciso e perfetto ordine sulla torta, poi assieme a me e sua moglie si avvicina alla torta per dar inizio alla solita procedura.

«Siamo quest'oggi tutti quanti riuniti in questa sala per lo stesso motivo, la celebrazione del diciottesimo compleanno del principe azzurro, nonché mio adorato figlio Eledhwen»

Si volta verso di me e avvicina la fiamma della candela madre a una delle diciotto candele disposte in cerchio sulla torta, poi inizia a pronunciare tutte le benedizioni che augura per me.

«Prosperità»

Dichiara sulla prima candela dandole vita.

«Salute»

Dice sulla seconda, e la fiamma di questa danza viva come se fosse veramente ricolma di salute.

«Lunga vita»

Poi va sulla quarta candela, poi la quinta, la sesta e così via fino ad arrivare alla diciassettesima.

«Vittoria»

E prima di accendere l'ultima candela si volta e volge lo sguardo su di me con occhi vivi di orgoglio e gioia.

«Felicità»

Dice accendendo l'ultima candela.

Uno dei servi gli consegna la ghirlanda di astilbe appoggiata sopra d'un cuscinetto blu, mio padre riconsegnata la candela, prende con prudenza l'intreccio di fiori per non rovinarlo e poi si avvicina. Mi preparo per l'incoronazione abbassando il capo e piegando leggermente il ginocchio in avanti, mentre la ghirlanda avanza verso la mia testa, mio padre pronuncia le sacre parole dette dai suoi padri durante le celebrazioni di compleanno.

La sua voce viene accompagnata e seguita con passione dagli archi degli strumenti, più egli avanza e più il suono acquista corpo, cresce ed esplode in un crescendo, regalando alla voce di mio padre un tono sacrale e profondo.

«Pipo saervadu ef dunyone yazvala, osahvu e cesqi, miysokle o sotozi, Ser kayu vse c'orfalfe oheosgo u orgeyaevà sa elloyvufayu ci vu vige al geolu vi cio koi yeta. Gaerca melca telle feduta nibusva, vrusvu e tnaptunuu pevca lo loce.

Optulqi, zuofi volle kivinevà, tki kevcihko, gelevu i zolacecà d'odtamhehfiyu kor davci a mearyo colle tea tovi»

Cessano la musica e la recitazione, per un attimo mi sembrava di trovarmi davanti alla presenza di un dio, mi sono sentito come la prima pianta che cresce in una pianura arida sotto il volto del sole. È stato toccante e abissale, le mie orecchie hanno amato la voce di mio padre sposata con la musica, è stato un matrimonio tra lui e la musica.

Con la ghirlanda di astilbe già in testa, si avvicina il servo reggendo nelle mani il cuscinotto dove vi è posato lo stiletto d'argento con cui taglierò la torta, lo prendo per il manico e guardo il mio riflesso sbiadito sulla lama, poi mi metto di fronte alla torta e dopo un'occhiata a mia madre e al pubblico, affondo il coltello nella torta.

Il gesto viene seguito da un lungo e clamoroso applauso, la gente fischia e giubila portando le braccia in alto verso il cielo.

Ho appena distaccato da me la mia fanciullezza, la mia infantilità mi ha abbandonato e il bambino in me ora è morto.

La torta viene ricondotta in cucina dove verrà conservata con cura fino a che non cederà per il suo stesso peso, nel mentre i migliori musicisti selezionati da mio padre prendono di posto e cominciano a nutrire l'atmosfera con musica.

In un attimo l'aria cerimoniale e sacrale che si respirava attimi fiorisce in un aria più festiva e gioiosa.

Gli archi scivolano allegri sulle corde dei violini, le mani tamburellano sui cembali, i piedi batton per mantenere la base e il tempo e le dita pizzicano leggiadre ma decise le corde dell'arpa. Il centro della sala comincia a riempirsi di uomini e donne accoppiati in balli solari e spensierati.

Le gonne voluminose delle signore si alzano ampie come soffioni al vento a ogni giravolta e come api in un campo fiorito, gli uomini ronzano da un fiore all'altro, volano, danzano e volan di nuovo.

I più giovani come roditori restano affiancati alla tavola dei banchetti per allungare i bracci e acchiappare furtivamente i dolci, poi si allontanano con le guance gonfie e ricoperte di briciole. I bambini invece ballano con i propri compari o con qualche ape senza fiore, oppure trovano divertimento correndo ogni talvolta che i servi li beccano ficcare i nasi dove non dovrebbero.

Mi godo il quadro da semi seduto sul mio trono in attesa che l'orologio segni l'ora per tutti di andare via, così che possa finalmente spogliarmi e riprendere a respirare.

«Tesoro, non vai a ballare?»

Chiede mia madre battendo le mani e agitando la testa a suon di musica, i suoi occhi sono rivolti a un trio di nobili fanciulle occupate in chiacchiere in un angolo della sala. «Sono certa che a una di quelle giovani fanciulle farebbe molto piacere poter ballare con il principe»

Con la voglia di una pantofola senza piede, mi alzo con fatica e sorrido a mia madre mentre mi allontano dal trono, ma i miei passi non sono diretti verso le giovani appollaiate come avvoltoi alle pareti della sala, in cerca di qualche giovane ape senza fiore.

Il mio piano è quello di evitare chiunque ma come un pesce ingenuo mi getto inconsapevolmente nella rete, ancor prima che possa anche pronunciare una qualsiasi parola o l'ordine di essere lasciato, vengo rapito dalle onde di questo mare in tempesta e incapace di oppormi a causa degli abiti stretti, mi lascio trascinare contro ogni mia volontà nel mulinello di gente, protagonista di una danza viva ed energetica.

Tutti in cerchio mano nella mano come le streghe nelle loro invocazioni demoniache, giriamo in senso orario e opposto senza arrivare da nessuna parte, e una volta che il cerchio si spezza ecco che improvvisamente ognuno si piglia un compagno o una compagna con cui ballare.

Confuso e accaldato cerco di scappare via prima di venir catturato, ma la mia testa gira ancora e una ragazza coglie l'occasione di prendermi come suo cavaliere.

Giriamo per la stanza tra i corpi degli altri, il suo largo sorriso rivela tutto il suo entusiasmo, i suoi occhi non distano dai miei neanche un attimo e anche se le mie mosse sono rigide e impacciate lei continua a ballare.

Improvvisamente ecco che il giro si ripete, la fanciulla mi abbandona nel circolo e io stordito e intontito barcollo dove solo Madre Natura scommette. Ma proprio quando finisco sull'orlo di perdere l'equilibrio, casco dirimpetto contro qualcuno, il quale, deducendo dalla sua postura pare essersi preparato per anticipare il mio incontro violento con il pavimento. Mi aiuta a rimettermi in piedi e le sue braccia assumono le posizioni che un cavaliere assume in un ballo di coppia.

Io confuso e ancora spaesato con la testa che deve ancora riprendersi, anziché squagliarmela e lasciarlo nel cerchio senza con chi ballare, ballo cercando di non farci troppo caso.

Seguo i suoi passi e in un giro di pagina ci troviamo già protagonisti di un vero e proprio ballo di coppia.

La sua mano è posata dietro la mia schiena con sicurezza, i suoi occhi a differenza dei miei sono legati ai miei e i suoi passi son sicuri e perfetti. Tutto di lui fa sentire tutto di me un completo sterco, anni di lezioni di danza gettati come avanzi ai porci.

Gli sguardi dei presenti sono su di noi ma egli pare non accorgersene poiché talmente preso a ballare, danza come se non sapesse di star ballando con un altro cavaliere, come se attorno a noi non ci fosse più nessun altro. Le sue mani scorrono su di me senza alcun timore e con tal tranquillità che mi fa rabbrividire, mi guarda negli occhi senza rivelare se gli piaccia o meno, so solo che non mi sono sentito così tanto trasportato durante un ballo.

Giunge nuovamente il momento in cui vi è lo scambio, il giovane si allontana e finisce tra le braccia di una fanciulla, io invece colgo questa occasione e mi allontano velocemente dalla mischia.

Mi precipito sul cortile dove vi stanno i solitari e i fumatori, con affanno riesco a passare indisturbato, sono tutti talmente distratti e così presi nelle chiacchiere che non fanno caso alla presenza di sua maestà il principe.

Vacillo fino a sedermi ai bordi della fontana, la mia testa gira come un cane che cerca di prendersi la coda, appoggio la fronte sulla mano e reggo la testa, la mia gabbia toracica è talmente compressa che i polmoni a malapena si espandono per incamerare aria. Il mio cuore rulla come i cembali scossi dai musicisti, la vista si offusca ad ogni battito di ciglia e la schiena si fa sempre più bagnata di sudore.

«Va tutto bene, vostra maestà?»

Domanda una voce maschile dall'alto, per un secondo penso a Madre Natura, ma poi alzo il capo e innanzi a me vi trovo il giovane con cui ho ballato poco fa. Mi sembrava strano infatti, Madre Natura non esiste.

«Vi ho visti un po' agitati dopo il ballo, così vi ho seguito per accettarmi che stiate bene. Inoltre volevo porvi le mie scuse, mi sono lasciato un po'

andare»

Dice chinandosi per scorgere il mio volto velato dai boccoli, ho nuovamente smarrito la forcina e sicuramente durante il frenetico ballo.

«Sto bene, ho solo molto caldo»

Rispondo sventolando la mano per vampare aria al viso.

«Volete che vi porti un bicchiere d'acqua?»

«Sì, grazie»

Il ragazzo non esita un secondo in più e si allontana subito tornando dentro la sala, nell'attesa mi sfilo i guanti e metto entrambe le mani sudaticce e rosse nell'acqua fresca della fontana.

Ritorna con in mano un bicchiere d'acqua.

«Grazie»

Dico prendendolo dalla sua presa, e in un battito di ciglia il bicchiere è già vuoto.

«Ne volete un altro?»

Domanda.

«No sto bene, grazie mille»

Il giovane annuisce e si riprende il bicchiere che ho appoggiato accanto a me, solo ora che i miei occhi sono ben sobri e lucidi fanno caso alla strana e insolita forma dell'orecchio, peculiare dei mezzi elfo.

Prima ero talmente scombussolato dalla danza che non ci avevo fatto caso, eppure i suoi capelli corvini non le nascondono.

«Come ti chiami?»

Domando fermandolo sulla via del ritorno e lui si volta e risponde.

«Mihangel»

«Mihangel, nome affascinante, sei il primo mezzo elfo che vedo e con cui parlo. Prima di te c'erano i disegni sulle pagine dei libri»

Dico, ed egli con aria sorpresa e lusingata si riavvicina.

«Vi ringrazio, spero di avervi fatto una prima buona impressione»

«Certamente»

Rispondo e ormai sentendosi a suo agio a parlare con me si accomoda al bordo della fontana affianco a me, appoggiando il bicchiere tra noi due per evitare troppo contatto fisico. Quello di poco fa mi è stato sufficiente.

«Sapete, neanch'io ho mai avuto un vero e proprio dialogo con un elfo, perlopiù principe, ed è la prima volta che partecipo a una delle vostre feste. Sapete, sono cresciuto tra gli umani e non ho avuto la possibilità di conoscere le mie origini elfiche»

Dice, poi si volta e mi guarda.

«Perciò non è vero che siete tutti alti e biondi come nei libri»

«Mi sorge un dubbio, stai dicendo che sono basso?» domando.

«Assolutamente no, parlavo di voi elfi in generale»

Anche se rientro negli elfi in generale, oltraggiato da ciò che ha appena detto riguardo la mia altezza, stringo un sorriso per non mostrargli il mio animo leso e per non dar possibilità al silenzio di mettersi in mezzo, taglio la testa al toro e proseguo nutrendo la sua poca conoscenza sugli elfi.

«Comunque non hai tutti i torti, i biondi sono la maggioranza, ma vi sono anche molti turchini, eliotropi, scarlatti, nembi e così via. Ma ciò dipende anche da che genere di elfo sei»

Assentisce senza dir nulla, fin quando non colgo il suo sguardo rivolgere una certa attenzione ai miei stivali.

«E non usate le scarpe a punta?»

Chiede.

«Le punte a luna sono tipiche dei folletti, ma anche un elfo o una qualsiasi altra razza può usarne un paio se vuole»

Rispondo, e notando come la sua bocca voglia pronunciare altri irritanti quesiti, lo precedo e pongo io la prossima domanda.

«Dimmi, è vero che voi mezzo sangue sentite male»

«Prego?»

La sua reazione è stata prevedibile e soddisfacente, sapevo che lo avrebbe umiliato.

«Beh, data la vostra buffa e insolita geometria delle orecchie si suppone che siano meno capaci di captare suoni e rumori sia distanti che vicini»

«Chi ve lo ha detto?»

Domanda offeso, ovviamente nessuno me lo ha detto.

«Mio padre, e assieme a lui è una cosa a cui si crede dalle mie parti»

Ora che mi sono appagato giro nuovamente la moneta, sospiro e rilasso un po' la schiena lasciandola libera di star ricurva.

«Prima che mi dimentichi...»

Dice «Da parte di tutti noi umani vi ringraziamo per ciò che state facendo, amiamo molto la nostra principessa Calendula»

«Di nulla, è un piacere per me salvare le donzelle in pericolo»

Borbotto alzando gli occhi, non mi sono mai divertito così tanto nel mentire spudoratamente senza insabbiare la voce sarcastica.

«Mio padre mi ha sempre detto che l'unico ponte che unisce questi due regni è l'amore»

«Romantico tuo padre» dico.

«Non molto, è una cosa che ha realizzato quando sono venuto al mondo io»

Questo spiega il suo nome Mihangel, tuttavia è affascinante vedere come due razze così differenti si uniscano dando vita a qualcosa di straordinario, se solo mio padre potesse avere gli occhi miei o quelli del padre di Mihangel.

«Posso chiederti un favore?»

«Tutto, vostra maestà»

«Mi potresti insegnare alcuni passi di ballo?»

La sua replica era abbastanza presumibile e pare averlo colto di sorpresa, ma scuote il capo e cerca di non farsi prendere dalla confusione.

«Ma certo, volete impressionare una bella ragazza?»

«Più o meno»

Rispondo, e lui ridendo porta la mano sulla mia spalla e l'altra dietro la schiena. Dopodiché comincia a spiegare i seguenti passi che si compiono in un ballo di coppia.

Tra un passo e l'altro l'orario scorre senza farsi notare, i un giro di ore mi sento già un ballerino professionista e non vedo l'ora di sfoggiare queste eleganti movenze al mio amato.

La serata conclude con lunghi saluti, ospiti brilli accompagnati dagli amici e bambini addormentati tra le braccia dei genitori.

Anche il mezzo elfo se n'è andato assieme a un gruppo di conoscenti lasciandomi solo un paio di trucchi su come impressionare nel ballo di coppia, infatti una volta giunto nella mia stanza mi sono subito spogliato per indossare il pigiama, ho già fatto sapere ad Hansel che lo sto aspettando qui e a momenti dovrebbe entrare.

Infatti dopo una breve attesa ecco che fa il suo ingresso nella stanza.

Ma sul suo volto non vi è l'espressione che mi aspettavo di vedere, so che dopo tutto il lavoro è stanco ma già il suo passo lento e il suo viso titubante mi preoccupano.

«Cosa c'è?»

Domando avvicinandomi, e lui a braccia conserte scuote leggermente il capo.

«Stavo pensando» Dice.

«A cosa?»

«Ho sentito la conversazione tra voi e vostra madre questa mattina, e non ha senso stare insieme se dovete sposarti»

«Senti, caro, non è per questo che ti ho chiamato»

Sospira e volge lo sguardo alla finestra senza aggiungere altro, mi avvicino e lo abbraccio per sciogliere la freddezza con cui ha deciso di star saldo e fermo lì. La sua faccia arrabbiata e seria provoca in me un sorriso, è come vedere un bambino imbronciato eppure dimostra bene la sua età.

Resta fermo senza ricambiare l'abbraccio, così decido di fare la mia mossa e mostrargli ciò che Mihangel mi ha insegnato.

Appoggio la mano destra sulla sua spalla sinistra e porto la mano sinistra dietro la sua schiena, lui confuso abbassa gli occhi ai miei e mi chiede cosa stia facendo

«Ballo»

Rispondo compiendo gli stessi passi che Mihangel mi ha mostrato.

Balliamo per tutta la stanza fino a trovarci stesi l'uno sull'altro sopra il letto.

Accarezzo innamorato il suo lineamento facciale, poi affondo le dita tra i suoi capelli color albicocca e avvicino le labbra alle sue, ma tutto ciò che le mie labbra baciano è il palmo della sua mano.

«Devo andare a pulire»

Dice guardandomi malizioso, sa che mi da fastidio quando mi nega il lusso, tuttavia però, ci prova sempre un leggero gusto nel farlo.

«Solo un po'»

Dico sollevando la sua divisa per scoprirgli un po' di pancia, e lui scuotendo il capo trattiene la mia mano.

«Eledhwen»

Pronuncia il mio nome con marchio deciso e diretto, ma io insisto e cerco in ogni modo di spogliarlo dalle sue vesti che nascondono il corpo dal quale non ho giovato da lunghi giorni. Il lavoro lo ha tenuto così tanto distante da me, che in queste settimane mi sono dovuto arrangiare da solo, ma non per niente la stessa cosa.

Ma egli insiste saldamente reggendo entrambe le mani nel compiere tali azioni.

«Dico veramente, devo aiutare con le pulizie in cucina non posso lasciare che facciano tutto loro»

Alzo gli occhi e sbuffando cedo alla sua opposizione.

«Va bene»

«Uno di questi giorni vi darò il vostro regalo di compleanno» Dice biasimando il mio dispiacere, so che anche lui desidera trascorrere un po' di tempo assieme a me.

«Ma tu sei già il mio regalo» Rispondo.

«Sapete cosa voglio dire» Aggiunge, e prima di andarsene mi lascia solo una fetta di ciò che mi ha proibito, un bacio sulla fronte.

...~⚜~...

⚜Traduzione della preghiera del padre

«Seme piantato in terreno fertile, esisti e cambi, germogli e maturi, man mano che t'innalzi egoismo e ingenuità si allontanano da te come il suolo da cui sei nato. Pianta salda dalle radici robuste, cresci e crescerai sotto la luce.

Astilbe, fiore della maturità, che successo, salute e felicità t'accompagnino per tutti i giorni della tua vita»

Tuorlo

La fronte del sole s'innalza da sotto il materasso montuoso delle montagne, le sue lunghe ciocche dorate si sprigionano in cielo come le fondamenta della quercia, e le nuvole, come le finestre di camera mia, vengono trafitte dalle lame di luce.

Terra e cielo sono entrambi svegli, gli uccelli hanno già preso il volo sulle ali del vento, le vie del villaggio sono vive di persone, il profumo caldo e sfizioso della colazione divampa per i corridoi del castello, e i galli selvatici che scorrazzano per le pianure, cantano a squarciagola annunciando un nuovo giorno.

A volte, come ora, mi sveglio con il desiderio di prendere le ali dell'alba e spiccare il volo per l'orizzonte, senza lasciarmi indietro nulla, nessuna piuma e nessuna orma. Ma tutto ciò che posso fare è restare a fissare con avvilimento e invidia, i lepidotteri svolazzare liberi e sovrani di sé stessi nell'aria, tuttavia, solo il pensiero di poter possedere la loro stessa virtù mi accontenta.

I miei servi sono già nella stanza occupati a prendersi cura del mio aspetto come ogni mattina che non sono in vena di farlo da solo. Tra di loro c'è anche Hansel, il mio Hansel. Superfluo confessare dove sono rivolti gli occhi miei, veglio su di lui seguendo ogni sua movenza man mano che opera la sua arte da servo:

lucida le punte delle mie scarpe passandole con un panno bianco, e una volta pulita, si alza e sistema con una piccola spazzola i miei capelli. Il suo viso è proprio dinanzi il mio e per un attimo i nostri sguardi s'incontrano perdendosi nel colore di uno e dell'altro. Bramo di potergli dare il buongiorno e dichiarargli tutto il mio amore come fanno gl'innamorati il mattino, ma se dovessi lasciarmi scappare qualche smanceria di fronte agli altri, coveranno subito dei sospetti e tra una diceria e l'altra la voce giungerà alle orecchie delle mura.

Mi limito a guardarlo accennando un sorriso, e lui in modo molto tacito e celato, ricambia il gesto continuando il suo mestiere.

Una volta pronto, la servitù abbandona la stanza e io seguendo l'aroma della colazione, mi reco nella sala.

I miei genitori accorti del mio arrivo mi salutano «Come hai dormito?»

Domanda mia madre, e io accomodandomi a tavola le rispondo, venendo però in seguito interrotto da un lungo e largo sbadiglio.

«Ho dormito bene» riformulo.

Uno dei servi si avvicina alla mia destra con in mano la brocca per versarmi il latte nella coppa, nel mentre alla mia sinistra, mi viene servito l'uovo nel suo calice d'argento.

«Odio l'uovo sodo» borbotto prendendo il cucchiaio posato sul tovagliolo, e comincio a colpire con leggeri colpetti il guscio dell'uovo, nel frattempo, con la coda dell'occhio, scorgo mio padre con l'aria di chi è prossimo a formulare un discorso, così rivolgo già la mia attenzione su di lui e attendo che apra bocca.

Egli, pulite le labbra con il fazzoletto bianco, schiarisce la voce chiamando anche l'attenzione di mia madre.

«Questa mattina mi è giunta una lettera da re Leonardo» dice, e con la stessa velocità di un capello che brucia, tutta l'attenzione che avevo riposto su di lui muore una volta udito le ultime due parole. Sbuffo attorniando gli occhi e riprendo a colpire il guscio. Nel frattempo invece, mia madre si mostra molto interessata al discorso di mio padre e chiede riguardo la lettera.

«Come gesto di gratitudine farà scolpire una statua in onore del principe azzurro, inoltre, ha dichiarato di non vedere l'ora di poterti vedere di persona per riceverti nel suo palazzo, figliolo»

Fingere e sforzare la mia faccia ad assumere un volto sorridente è come cercare di mettere la morsa a un cavallo selvaggio, così, pur di non far notare il broncio ai miei genitori, chino lo sguardo e lo dedico a ogni singolo elemento della stanza.

Ma il re, colto dal mio silenzio e disinteresse riguardo faccenda, decide d'interpellarmi mandando a monte il mio piano di non mostrare il cipiglio cucito in faccia.

«Non dici nulla, principe?» aggiunge mia madre cercando il mio sguardo, ma anche portando gli occhi a compiere movenze strategiche per evitare qualsiasi occhiata, il mio volto, nemico mio in queste situazioni, rivela già tutto di me.

«Eledhwen?»

Il mio silenzio anziché agevolarmi causa scompiglio, la mia quiete e la mia indifferenza li sta mettendo in dubbio, e tutto ciò che fanno è scambiarsi occhiate perplesse.

Magari questa è la mia occasione di dire a mio padre cosa ne penso veramente riguardo il matrimonio, non so come egli reagirà, so solo che tutti i fiumi sfoceranno nello stesso mare. Potrebbe scoppiare in lacrime e rinnegarmi, accusandomi di essere un figlio ribelle e ingrato. Potrebbe infuriarsi e maledirmi, oppure potrebbe anche reagire con calma e freddezza, lasciando la parola ai suoi tenebri occhi rossi. Tuttavia, preferisco essere percosso sul palmo dieci volte, piuttosto che affrontare il suo sdegno e rabbia.

Alzo lo sguardo a mio padre e con l'intenzione di mantenere il tono di voce rettilineo e calmo, cerco di esprimere i miei pensieri.

Ma come apro la bocca per poter pronunciare la prima lettera del discorso, mio padre spezza il silenzio da me creato, dicendo con un tono netto e risoluto.

«Sono già al corrente del fatto che tu non sia favorevole al matrimonio, principe Eledhwen»

Deglutisco un fiotto di saliva all'udir delle sue parole. Dubbioso mi chiedo come sia giunto a tale conclusione, che sia stata sua moglie? O il suo stesso ragionamento?

«Ma non tutto ciò che ci viene servito a tavola può piacerci...» prosegue «La vita è un banchetto pieno di pietanze, alcune di loro non le conosciamo e altre ci disgustano»

Abbasso lo sguardo all'uovo nel calice di fronte a me e lo paragono a un elemento della mia vita, il tuorlo all'interno dell'albume mi disgusta assai, ma che dovrei fare? Rifiutarmi di mangiarlo solo perché il mio palato non lo gradisce?

O strizzare un occhio e compiere questo piccolo sacrificio per il bene non mio ma degli altri?

«Ma bisogna assaggiare, bisogna ingoiare, e ogni principe azzurro prima di te lo ha fatto senza obiettare»

La voce di mio padre si aggrava, facendosi sempre più aggressiva man mano che continua con il discorso.

«Ed è giunto per te il momento di farlo, e la tua posizione non ti permette di rifiutare»

Ma in cuor mio ho già deciso, non lo mangio, mangerò solo l'albume ma toglierò via il tuorlo con il cucchiaino come ho sempre fatto.

«Oh dannata Madre Natura impalata! Perché pretendete di essere preoccupati per la principessa? Il vero scopo del matrimonio non è per motivi ragionevoli!» ribatto trafiggendo con violenza in un improvviso impeto di furia, il cucchiaio nel corpo dell'uovo.

«La lingua, Eledhwen, doma la tua lingua. Non sparger piume che infine non puoi più cogliere, e non oltraggiare la nostra Madre Natura!»

Dice mia madre accompagnando la parabola incompresa con un'occhiata amara.

«Non darmi nome che non mi appartiene, principe Eledhwen, e bada alle tue parole!» aggiunge mio padre.

«Risparmiate il fiato, padre, non ne varrà la piena» mi alzo leggermente dalla sedia e carico pesantemente ogni mia parola con l'intenzione d'intimorirlo e mostrargli la mia fermezza.

«Siete solo un codardo tirato di orgoglio, è una vergogna essere vostro figlio!»

Mia madre sussulta sconcertata dalle mie parole, pure io ne rimango sconvolto, e proprio come ha detto prima: ora è troppo tardi per cogliere le piume. Mio padre si cinge i fianchi di padronanza e si alza dalla sedia. La sua altezza prevale sulle mie dimensioni minori e leso da ciò, mi arrendo chinando il capo. La mia voce sbriciola come la crosta di un tozzo di pane e tutto ciò che cerco di pronunciare esce solo come un imbarazzante balbettio, le mie gambe perdono forza e illeso porto il sedere sulla sedia.

«Adesso, basta»

Il suo tono di voce, così rigoroso e solenne, fa sembrare la mia voce una facezia, l'intera sala precipita in un profondo silenzio tombale colmato solo dall'affanno della sua collera e il mio tremulo respiro.

«Io sono il re, e ciò che dico vale sia in cielo che in terra. Non ti avrò sgravato io ma la tua vita mi appartiene proprio come il cognome che porti!»

Sbatte il pugno a tavola e sia io che le posate sobbalziamo, mentre mia madre mi guarda con aria delusa e dispiaciuta, tremo come le ali di un passero nel laccio del cacciatore, come un agnello sul monte che sa di dover essere offerto in olocausto.

«Come la pioggia e la neve

scendono dal cielo e non vi ritornano

senza avere irrigato la terra,

senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca, non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata!

Le decisioni che prendo e gli ordini che dò non devono riguardarti, e di conseguenza non devi osare a chiederne giustifica. Tutto ciò che devi fare come principe azzurro e come figlio diletto, è ubbidire agli ordini di tuo padre nonché il re!»

Rimango saldo sulla sedia, inerme con il capo chinato alle ginocchia per sviare dagli occhi suoi d'ira, il mio stomaco si appesantisce di parole e dibattiti che sono costretto a tener dentro.

«Principe Eledhwen, il tono che hai appena usato nei confronti di tuo padre è davvero vergognoso, non è così che ti abbiamo educato. Ma tuttavia, Rowan, ascoltiamo il motivo per cui nostro figlio non vuole sposarsi» dice mia madre e solo il suono calmo e sereno della sua voce, nonostante il rimprovero di contorno, mi ristora l'anima, il mio cuore riprende a battere tranquillo, il tremore alle dita cessa e il mio stomaco digerisce le parole che tenevo dentro.

«Non ci sono spiegazioni Olisador, e anche se ce ne fossero non sono di mia importanza. Nostro figlio è solo un viziato che non comprende le proprie responsabilità, ma presto questi capricci finiranno» risponde mio padre sedendosi, la sua risposta provoca in me un fastidioso prurito, non sarà lui ad avere l'ultima parola.

«Un motivo vi è padre...» subito mia madre tenta di placarmi agitando la mano, ma io la ignoro e proseguo a parlare.

«Ma voi siete talmente pompato d'orgoglio che non ve ne importa del mio pensiero. Mi avete preso per il vostro soldato? Per una bambola di pezza? Non mi state trattando affatto come un figlio!»

«Principe Eledhwen, stai per caso dimenticando con chi stai parlando?» domanda mia madre, ma ella è più preoccupata per me che per mio padre. «Sto parlando a vostro marito, vostra eccellenza» le rispondo con tono sprezzante nonostante il suo appoggio, non gradisco che mi rammenti chi ho di fronte, né che interrompa il mio discorso.

«Eledhwen» pronuncia mio padre.

«Se non sparisci da qui, giuro che quello che ti farò non ti piacerà per niente. La tua età non ti rende esentato dai miei castighi»

Il suo ordine, che pare più come una gran minaccia, scatena in me una collera assurda accompagnata dalla tremenda paura del castigo. Causa in me tremore al sol pensiero di essere punito, la mia pelle in passato ha già assaggiato il sapore amaro della verga e non è affatto gradevole se soprattutto impugnata da mio padre.

La paura di quell'arnese mi dà la forza di mettermi in piedi e lanciando un'occhiata a mia madre, sistemo la sedia e senza aspettare un solo attimo di più, abbandono la stanza seguito dagli sguardi di tutti, ma quello che pesa di più, è quello di mio padre.

Mentre mi allontano odo già le gambe della sedia strisciare, il rumore viene poi seguito da una serie di picchetti che deduco essere i tacchi di mia madre. Nonostante ciò pretendo e mantengo il mio orgoglio proseguendo per la via che porta alla mia stanza, fingendo di non averla sentita.

Ma una volta giunto in camera attendo come un bambino il suo arrivo seduto ai piedi del letto.

«Eledhwen, avanti non piangere» dice mettendo piede nella stanza, e sedendosi al mio fianco sul letto, mi getto nel suo abbraccio dove le mie numerose e incessanti lacrime vengono asciugate dal suo corpetto ricamato in pizzo e dal suo petto caldo e soffice. Mi accarezza i capelli con tenerezza e mi bacia la testa dicendo frasi dolci e curative.

«Io detesto quell'uomo, perché lo avete sposato? Voi siete così gentili ma egli è presuntuoso e severo» borbotto asciugandomi via una lacrima.

«Non dire così caro, è pur sempre tuo padre e l'amore che egli ha per te è illimitato» singhiozzo e strofino il braccio sotto il naso, come un bimbo mi lascio cullare dal suo morbido e tenero petto caldo e dalle carezze.

«Sai» dice «Mentre rispondevi a tuo padre, uno dei servi ha abbandonato la sala. Aveva gli occhi di una persona che stava per scoppiare in un fiume di lacrime, è uscito silenziosamente ma con molta fretta»

Posso mettere la mano sul fuoco e dire che quello era senza ombra di dubbio Hansel, il breve conflitto avuto a tavola lo avrà commosso.

«Perché lo ha fatto secondo te?» domanda con tono ambiguo e neutro.

«Non lo so, madre» rispondo alzando le spalle.

«Strano vero? Magari si è

emozionato»

Dal suo tono di voce non percepisco nulla che possa portarmi a pensare che sospetti di qualcosa, posso solo sperare di no.

Mi bacia la fronte e si alza dal letto. «Asciugati le lacrime e il naso» dice avviandosi verso la porta e con la mano appoggiata sulla maniglia, sospira. Il gesto suscita ansia in me, e quando lascia la stanza mi domando a cosa fosse dovuto quell'esitazione. Il mio cuore si lascia trasportare da dubbi e paure, eppure non dovrei, non è sufficiente per farle cogliere qualcosa.

Ciò che lega me e Hansel oltre all'amore, è questo grande segreto. Mi sono promesso due cose sole da me: di proteggere questo segreto come una conchiglia protegge la sua perla sul palato, e di essere fedele al mio amato per tutta la vita.

Questa Calendula potrà anche essere la fanciulla a cui madre natura ha donato tutta la bellezza della terra, ma io rimarrò saldamente fedele e innamorato.

Mi sono anche promesso che lo avrei reso felice e così farò, voglio regalargli tutta la felicità di questo mondo se possibile.

Tuttavia, se lo merita.

Quel povero ragazzo non ha alcun ricordo su quale fosse il suo giocattolo preferito, n'è una sola mattina in cui si è svegliato nell'orario in cui non aveva più sonno. È sempre stato costretto a lavorare per sopravvivere e per mantenersi dal momento che i suoi genitori non fossero in grado di sfamare né lui né i suoi tre fratelli maggiori, i quali non hanno per niente contribuito nell'aiutare la propria famiglia. Infatti, quando questi raggiunsero la maggiore età, come i cuccioli di cerva si allontanarono da casa e non fecero più ritorno.

Fu così che Hansel rimase solo con i suoi genitori e quando il padrone di casa li minacciò di lasciarli per strada, egli si offrì come schiavo per lasciare alla sua famiglia il terreno guadagnato con molta fatica e ricoprire tutti i debiti non pagati da suo padre.

Furono i tempi più duri mi disse, quando me li racconta gli si forma sempre un groppo in gola.

Tuttavia dopo la morte del padrone si trasferì qui ad Elvesreldelle, dove dopo mesi di elemosina e lavoro sporco, riuscì a farsi assumere come servo presso al palazzo. Aveva appena quattordici anni all'epoca ma il suo volto era talmente consumato e sputato della saliva della vita, che dimostrava l'età che ho io adesso. Ciononostante, le sue maniere vili erano pari a quelle di un bambino ancora sotto l'ala del genitore.

Umile e docile come un agnello, non osava guardare negli occhi neppure quelli del suo ceto, e si rivolgeva al plurale a tutti i membri del palazzo compresa la servitù. La sua umiltà e  spirito remissivo m'incuriosirono molto e bramavo di sapere la sua storia.

Ma la vera ragione per cui m'innamorai di Hansel, non fu solo per il suo carattere.

M'innamorai di lui perché egli fu il primo ad amare me. Proprio come accade tra una madre e un figlio, così accadde con me e lui.

Eravamo nella biblioteca, l'aria era polverosa e fresca e la stanza era illuminata solo dalla pallida luce della luna. Le polveri s'innalzavano leggiadre dalla superficie della tavola rendendo tutto così fiabesco e magico, c'era amore e polvere in quelle quattro mura e tutto ciò che si poteva udire erano i balbettii farbiticati dalla bocca di Hansel. Le sue guance rosse stonavano con la sua pelle chiara che in quel buio pareva ardere come una fiaccola nella notte, le sue parole masticate dall'imbarazzo accompagnavano il coro delle cicale, gesticolava e il suo corpo era irrigidito come un tronco d'albero piantato al suolo.

Alla fine però, riuscì a farsi coraggio e a far uscire dalla propria bocca poche semplici frasi che dichiararono tutto il suo amore per me, tutto ciò che teneva nel suo cuore lo gettò fuori quella notte.

Mi confessò di come il mio fascino e il mio carattere pervivace e vanaglorioso lo avessero colpito, era attratto da ogni singola parte di me e ogni volta che sentiva pronunciare il mio nome nel suo stomaco si scatenava una tempesta di farfalle.

Inutile dire che in quell'istante mi sentii come l'unico ragazzo al mondo a cui era appena stata fatta una dichiarazione, mi sentii così prezioso e con un nodo alla gola mi gettai su di lui e lo baciai.

Quella fu la prima volta che baciai qualcuno ed ero felice che fosse lui. Fu un bacio lungo e intenso e quando non riuscimmo più a trattenere le nostre mani, decisi di condurlo nella mia camera reale dove ci saremo inebriati d'amore e sollazzati di piacere.

~⚜~

Due colpetti alla porta mi richiamano nella realtà, è sicuramente Hansel, sarà venuto per dirmi qualcosa riguardo la discussione avuta a tavola.

«Apri» rispondo, e lui lentamente entra nella stanza chiudendosi la porta alle spalle. «Chiudila a chiave» ordino, ed egli gira due volte la chiave per poi restare a capo chinato con le spalle alla porta e le mani nascoste dietro la schiena, come se lo avessi convocato per rimproverarlo.

«Mia madre ti ha visto piangere Hansel, ora per causa della tua fragilità ella cova sospetti» dico, ma egli non risponde.

Comincia a emettere piccoli singhiozzi e in ciascuno di questi il suo petto compie leggeri sobbalzi, dopodiché farfuglia con la mano sulla bocca qualcosa di confuso e scoppia di nuovo a piangere, la sua voce si assottiglia e si spezza di tristezza.

«Dobbiamo smetterla, vi sto deviando dal compiere il vostro dovere, e ora come dite vostra madre cova sospetti»

Esclama disperato portando le mani alle guance per asciugarsi le lacrime, passa la manica sotto il naso per pulirsi ma per quanto ci provi le sue lacrime continuano a rigargli il volto ormai arrossato, il suo naso cola come una candela dalla fiamma alta e matura e la sua voce si fa più roca man mano che il pianto s'intensifica.

Trafitto di dolore, mi alzo dal letto e cammino verso di lui per consolarlo e addossarmi parte della sua colpa.

Lacrime di disperazione sgorgano dai suoi occhi gonfi e imporporati, porto una mano al suo volto accompagnando il suo sguardo al mio, così che possa guardare le sue iridi cinerine inabissate in un mare di lacrime, quel mare di acqua amara rende i suoi occhi brillanti come l'aurora.

«Dimmi, dove li trovo degli occhi come i tuoi?»

Domando asciugando con il polpastrello del pollice una delle lacrime appena scivolata sulla guancia, il resto di loro le asciugo con dei baci e il loro gusto è dolce come la mirra e il cedro. Nulla di lui è amaro.

«Hansel amore mio, non piangere»

«Come posso non farlo? Sono assalito di dolore...»

Singhiozza portando il viso sul mio petto, e io addolorato e pensieroso medito sulla sua incertezza accarezzandogli i capelli. Non avendo risposta da dargli decido di voltare pagina e sciogliere il nodo con la mia fantasia.

«Ti ricordi la nostra prima notte insieme?»

«Sì, me la ricordo» singhiozza.

«Ricordo tutto come se fosse ieri, ma ora che c'entra?»

Affondo le dita tra i suoi ondeggianti capelli color albicocca, poi avvicino il mio volto al suo con il proposito di baciarlo, ma egli lo rifiuta e mi porge la guancia destra. Persistono a cercare le sue labbra, e una volta riuscito, conduco le mani attorno il suo viso per impedirgli di allontanarsi da me e spezzare il bacio. Le punte delle nostre lingue cominciano ad accarezzarsi e si esplorano curiose nella bocca di uno e l'altro.

Poi nel mentre di una pausa per recuperare fiato, sfioro la sua bocca con un dito, tocco il bordo delle sue splendide labbra che sembrano petali di rosa, comincio a disegnarle come se uscissero dalla mia mano, come se per la prima volta la sua bocca si aprisse per me. I nostri respiri colmano la stanza, le labbra s'incontrano di nuovo e lottano nel torpore come se le nostre bocche fossero piene di movimenti vivi. Insieme affoghiamo in un assorbirsi dell'alito che sa solo di passione.

Lo abbraccio compiendo alcuni passi indietro fino a toccare con i polpacci il legno del letto e adagio, mi distendo con lui tra le braccia su di esso.

Le mie mani ai suoi fianchi cominciano lentamente ad alzargli la maglia, poi lui fa lo stesso con la mia e una volta che i nostri indumenti sono dispersi per il pavimento, insieme ci addentriamo nel fulcro del letto per unirci e rivivere quel ricordo.

Salgo sopra il suo corpo dove godo della perfetta visione della sua schiena liscia, chiara e tempestata di piccole chiazzette minuscole come lo spillo di un ago, lui le odia ma io ne vado matto. Infatti comincio a seminare con una pioggia di baci tutta la sua schiena fino ad arrivare alle sue fossette lombari, nelle quali ci affondo i pollici, premo i fianchi verso il mio ventre e con una leggera spinta comincio delicatamente a calarmi dentro di lui. Man mano che avanzo sempre più in dentro, dalla sua bocca escono gemiti simili a un lamento, ma un lamento di piacere. Poi con un'altra spinta, resto fermo nelle sue viscere per godere la quiete in cui giace il suo pesante respiro.

Dopodiché esco solo di poco per poi rientrare nuovamente e così via, alternando fra frenesia e calma.

Il cigolio del letto, i battiti dei cuori, gli affanni e i nostri gemiti si assaliscono creando un'aura ardente e abissale.

Le sue dita si avvinghiano al lenzuolo e i denti affondano nel cuscino per reprimere i suoi fragorosi gemiti, affinché li senta solo io e i muri di questa stanza. Qualche volta molla la presa e con voce fievole pronuncia frasi d'esortazione, mi scongiura di dare corpo alle spinte e di continuare il movimento con più prestezza. Io, che ardo dal desiderio di appagarlo al massimo, esaudisco la sua richiesta.

Sigilla i denti tra di loro ma non è abbastanza, il piacere è troppo da domare e di volta in volta si lascia sfuggire un sussulto.

I suoi capelli, i suoi meravigliosi capelli costellati sul cuscino, ondeggiano come onde del mare mossi da una frenetica corrente, la sua schiena resta inarcata e tutto il peso del suo corpo viene sostenuto dai suoi esili polsi. Purtroppo però, a causa del cigolio emesso dal letto e della sua incapacità nel trattenere i gemiti, attenuo il movimento e alleggerisco le spinte.

«Perché andate adagio?» farfuglia voltandosi «Stiamo facendo troppo rumore, amore» rispondo, e lui ansimando si gira e intreccia le dita dietro il mio collo, resta a fissarmi e io incantato dai suoi occhi gli accarezzo il volto e lo bacio in fronte.

Continuo a disseminare baci e lambire il suo corpo di carezze palpando le mie parti preferite tra cui cosce e natiche, poi disegno una scia di baci fino a scendere al petto dove con la punta della lingua circolo la sua aureola chiara come perla rosa in resina, provocandogli così lo stesso fremito di pura goduria che prova la foglia quando viene sfiorata dal vento. Il suo petto s'innalza incamerando l'aria che gli manca e in preda ad un'ebbrezza indomabile, incrocia e stende le gambe, si sforza a far meno rumore possibile ma le sue labbra non riescono a soggiogare il suo affanno alterato dal piacere.

Più suggo dal suo capezzolo più quest'ultimo si accresce facendosi rigido nella mia bocca, il suo corpo fatica a stare immobile, si contorce e si flette come se avesse una fiamma accesa sotto la schiena.

Una parte di me è convinta che così facendo lo posso far arrivare sulla vetta del piacere, ma l'altra parte mi consiglia di fermarmi per evitare di attirare qualche orecchio alla porta.

Ma l'affamato desiderio di vederlo raggiungere l'acme del piacere mi solletica su tutto il corpo, voglio vederlo sudato e ubriaco di piacere, voglio ammirare il suo corpo rinato e appagato.

«Oh Eledhwen, riempitemi fino all'orlo, voglio sentirvi completamente dentro di me, principe mio»

Supplica portando le mani sulla mia testa e io voglioso di appagare i nostri appetiti decido di correre questo rischio e proseguire.

Comincio a muovermi su di lui lemme lemme sotto le grida trattenute del mio nome pronunciato come se temesse di dimenticarlo, come se fosse l'unico nome al mondo, come se fosse la cosa più dolce da dire.

Sentire il mio nome uscire in quel modo dalle sue labbra, sulle stesse labbra che ho baciato e assaggiato, mi fa sentire potente.

«Vi amo molto» dichiara immergendo le dita nei miei capelli «Io di più, Hansel» rispondo tenendogli una mano, così calda e asciutta, non vi è morbidezza in essa per causa del lavoro.

«Ti amo più di qualsiasi altra cosa» dico avvicinandomi al suo viso, annegando completamente nei suoi occhi nebbiosi e chiari.

«Questa sera vediamoci sotto il salice perché, è da un po' che non ci andiamo, e mi manca andarci con te»

«Come desiderate, qualsiasi cosa pur di appagare il mio amato principe azzurro»

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